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Crac della concessionaria, tre a processo: “Falliti per colpa delle banche”

Secondo la procura, furono falsificati documenti per ottenere credito. Ma in aula emerge il ruolo delle banche nella crisi aziendale

Crac della concessionaria, tre a processo

Crac della concessionaria, tre a processo: “Falliti per colpa delle banche” (foto di repertorio)

C’erano una volta le grandi vetrine, le auto lucidate a specchio, le campagne pubblicitarie su scala regionale. Oggi della concessionaria Progresso – un tempo tra le più note della piazza torinese – resta solo un’aula di tribunale, dove tre ex responsabili sono sotto processo con accuse pesanti: truffa e falso ai danni delle banche.

Secondo la procura di Torino, tra il 2019 e il 2021 la società avrebbe stipulato accordi con alcuni istituti per ottenere linee di credito in cambio della custodia delle carte di circolazione dei veicoli. Poi, avrebbe dichiarato falsamente lo smarrimento dei documenti, ottenendo duplicati e portando a termine operazioni di compravendita senza comunicarle alle banche. Il danno accertato, almeno per la Banca di Credito Cooperativo di Cherasco, ammonta a 280 mila euro.

Ma in aula, oggi, la narrazione si è complicata. A parlare è stato un professionista specializzato in ristrutturazioni aziendali, chiamato nel 2020 a esaminare la situazione della Progresso su incarico legale. Il quadro che ha descritto è tutt’altro che lineare. “Mi aspettavo una società in difficoltà. In realtà ho trovato il caos. Un disordine amministrativo tale da rendere impossibile ricostruire con chiarezza i flussi documentali, anche con l’aiuto della Guardia di Finanza”, ha raccontato. Fu lui stesso, in inverno, a presentare le prime denunce di smarrimento delle carte di circolazione.

Ma c’è di più. Il testimone ha puntato il dito contro il sistema bancario, e in particolare contro Intesa Sanpaolo, indicata come responsabile di aver provocato il tracollo: “Tolsero deliberatamente la spina, fu un atto scellerato. Lo dissi alla curatela, al tribunale, alla Finanza. Su quel fallimento c’è il sangue di Intesa”. Dopo la revoca della linea di credito da parte dell’istituto, anche le altre banche si sfilarono.

La decisione, secondo quanto riferito, sarebbe stata motivata dal coinvolgimento – nel 2019 – di un finanziatore della Progresso in un’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. Un'accusa da cui l’uomo fu assolto dopo pochi giorni di custodia cautelare. Ma il danno, secondo il testimone, era già fatto.

Sul banco degli imputati siedono tre ex vertici della società, difesi dagli avvocati Marco Feno, Claudio Strata ed Edoardo Carmagnola. Tutti respingono le accuse, sostenendo che non vi fu dolo e che il sistema “credito in cambio di documenti” era di per sé una pratica anomala.

Nel frattempo, il processo prosegue. E dietro ogni documento scomparso e ogni contratto stracciato, resta l’ombra di un collasso aziendale che – almeno secondo alcune voci – potrebbe non essere stato solo frutto di scelte interne.

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