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“Siamo prigionieri in casa nostra”: piccolo paese del Canavese ostaggio dei lavori dell'acquedotto

Il cantiere per l'opera della Valle Orco blocca almeno 50 persone. Monta la protesta

“Siamo prigionieri in casa nostra”: piccolo paese del Canavese ostaggio dei lavori dell'acquedotto

“Siamo prigionieri in casa nostra”: piccolo paese del Canavese ostaggio dei lavori dell'acquedotto

I lavori del nuovo acquedotto della Valle Orco stanno trasformando il Canavese centrale in un susseguirsi di disagi, stretto tra scavi, transenne e strade chiuse. Lo si sapeva: interrare 129 chilometri di tubazioni non è un’opera da poco. Ma in certi casi si sfiora l’assurdo.

È il caso di Ribordone, minuscolo Comune con appena cinquanta residenti, rimasto di fatto bloccato dai cantieri in corso a Sparone, lungo la sola via di accesso al paese. Una strada stretta e senza sbocchi alternativi: ecco perché non è stato possibile nemmeno attivare il senso unico alternato, soluzione adottata altrove.

Risultato? Ogni giorno, quando gli operai posano le condotte a centro carreggiata, la strada provinciale viene chiusa del tutto. Per chi vive o lavora a Ribordone, o per i pochi turisti di passaggio, è una piccola odissea. Le auto possono transitare solo in precise fasce orarie: 13-14 e dalle 18 fino al mattino successivo. Per i soli residenti sono previste due mini finestre: 11.00-11.15 e 16.00-16.15. Al di fuori di questi orari, il paese è isolato. Il termine lavori? Si parla del 6 maggio, ma non è detto che i tempi vengano rispettati.

Lavori in corso

Sulla carta, nei giorni festivi il cantiere dovrebbe fermarsi, garantendo almeno la circolazione a senso alternato. Ma la realtà è un’altra. Domenica scorsa, la strada era comunque sbarrata. L’unico ristorante del paese ha dovuto cancellare un pranzo da oltre trenta persone. Un allevatore ha atteso inutilmente l’arrivo del veterinario per una mucca prossima al parto. E un medico è rimasto bloccato davanti alle transenne, creando anche momenti di tensione.

A farne le spese sono anche i visitatori. Ribordone è una meta per pellegrinaggi religiosi verso il santuario di Prascondù, e per appassionati di pesca attratti dalla riserva recentemente ripopolata. Ma le chiusure a singhiozzo, in una zona priva di alternative viabili, stanno allontanando chiunque non sia costretto a salire.

“Siamo una piccola realtà, ma questo non giustifica una gestione così rigida – spiegano i residenti – bastava trovare soluzioni diverse prima di partire, magari discutendone insieme. Ora ci tocca solo organizzarci con gli orari e aspettare”.

Il maxi progetto dell’acquedotto è finanziato con fondi del Pnrr, attraverso l’Unione Europea, il Ministero dei Trasporti e quello dell’Economia per 129 milioni di euro, ai quali si aggiungono i 125 milioni investiti da Smat. L’intervento mira a mettere in sicurezza l’approvvigionamento idrico di una cinquantina di Comuni, sfruttando le sorgenti del Gran Paradiso, con una capacità totale stimata in 84 milioni di metri cubi.

Peccato che, mentre l’acqua del futuro scorrerà sotto terra, Ribordone oggi debba fare i conti con un presente fatto di silenzi, attese e cancelli chiusi.

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