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Askatasuna, processo flop: crolla l’associazione a delinquere. Festeggiano con Vasco

Solo 18 condanne per episodi isolati, assoluzioni eccellenti e risarcimenti ridicoli. Il governo infuriato, i No Tav esultano: “Siamo dalla parte giusta della storia”

Askatasuna, processo flop: crolla l’associazione a delinquere. Festeggiano con Vasco

Processo Askatasuna: 18 condanne, ma cade l’accusa di associazione per delinquere (foto di repertorio)

Le note di "Liberi liberi" di Vasco Rossi si alzano dal gruppo di No Tav e antagonisti davanti al Palazzo di giustizia di Torino per festeggiare "la bella giornata": il maxi processo ai militanti del centro sociale Askatasuna è appena terminato con 18 condanne e 10 assoluzioni, ma l'accusa di associazione per delinquere è caduta perché, come hanno detto i giudici, "non sussiste". Già in aula la lettura della sentenza era stata accolta da applausi, cori e slogan.

Le pene chieste dai pubblici ministeri ammontavano a 88 anni di carcere. Quelle inflitte dai giudici non superano i 21 (la più alta è 4 anni e 9 mesi, la più bassa cinque mesi) e si limitano a censurare episodi singoli, come le dimostrazioni violente contro i cantieri del Tav in Valle di Susa o come un'oscura vicenda di intimidazioni a un migrante ospite di una casa occupata. La Presidenza del Consiglio e i ministeri di Interno e Difesa volevano risarcimenti immediati per 6,8 milioni di euro, ma la sentenza ha stabilito che dovranno proporre una causa civile. Quanto a Telt (la società che si occupa del Tav) riceverà 500 euro per il danneggiamento di un reticolato.

"È caduto un teorema" esulta Marco Grimaldi, deputato Avs. "Il tribunale ha evitato di stravolgere la legalità repubblicana", aggiunge Paolo Ferrero, segretario provinciale di Rifondazione. "Siamo dalla parte giusta della storia" – dice Andrea Bonadonna, esponente del centro sociale – "in una città che è Medaglia d'oro della Resistenza".

La tesi della procura, portata avanti dopo una lunga indagine della Digos, era che almeno dal 2009 all'interno del centro sociale si fosse formata una vera e propria organizzazione di attivisti, che coordinava e dirigeva proteste e scontri di piazza. Ma uno dei due presunti capi, il 71enne Guido Borio, nome storico dell'autonomia con un passato nei Nuclei comunisti territoriali, è stato assolto; l'altro, il 62enne Giorgio Rossetto, è condannato a 3 anni e 4 mesi per violenza a pubblico ufficiale in relazione a due attacchi ai cantieri.

Sullo sfondo del processo c'è la partita che il Comune di Torino sta giocando con i militanti di Askatasuna per giungere a una gestione condivisa dell'immobile occupato: una sorta di 'legalizzazione' fortemente osteggiata dal centrodestra. "Dopo la sentenza penso che anche gli oppositori potrebbero cambiare idea", dice Grimaldi. Ma non la vede così Elena Chiorino (Fdi), vicepresidente della Regione: "Questi sono delinquenti con cui lo Stato non deve scendere a patti". È la stessa linea del ministro Paolo Zangrillo, segretario regionale Fi: "Massimo rispetto per l'operato della magistratura, ma il mio parere non cambia, Askatasuna va chiuso e restituito alla città". Anche per Augusta Montaruli, deputata Fdi, "Il Comune di Torino non può piegarsi alla violenza e all'illegalità esibita con orgoglio". Insorgono anche i sindacati di Polizia che parlano di "umiliazione" per gli agenti e chiedono al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi di impugnare la sentenza.

Intanto la Digos continua il suo lavoro. È stato identificato un manifestante che ieri, durante un corteo Pro Pal, avrebbe preso parte al rogo delle foto di Giorgia Meloni e Ursula Von der Leyen: si tratta di un 25enne di origini nordafricane.

Il tribunale ha pronunciato 18 condanne a carico di alcuni imputati, ma ha assolto tutti dall’accusa più pesante: quella di associazione per delinquere, che è caduta completamente con la formula "perché il fatto non sussiste"

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