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31 Marzo 2025 - 11:56
Loredana Devietti
“È tutta colpa di Putin! Vuole comandare e ha occupato tutto!”
Così, al telefono, un signore che ci ha chiesto di restare anonimo, ma che, nella voce, non ha nascosto né chiarezza né convinzione. No, non stava parlando di politica internazionale, né di conflitti globali. Perché, a ben vedere, non siamo a Kiev né al Cremlino. Siamo a Cirié, in via Rosmini. E il fronte di battaglia non è altro che il Punto Incontro Anziani “Carmela Vizzuso”.
Lì dove dovrebbero regnare serenità, socialità e partite a briscola, è scoppiata la più improbabile delle guerre di quartiere. Una guerra fredda – ma mica tanto – fatta di chiavi trattenute, fazioni contrapposte, regolamenti piegati al volere del giorno e boicottaggi mascherati da democrazia. E alla fine, chi è intervenuta per mettere ordine? La sindaca. Con un atto che ha il sapore di una sanzione disciplinare più che di una misura amministrativa: chiusura immediata per due settimane.
L’avviso è arrivato oggi, affisso direttamente all’ingresso del centro e firmato dall’ingegner Enrico Michele Ghibaudo, funzionario comunale preposto. Nero su bianco si legge:
“Si informa che, a seguito dei fatti accaduti il 18 marzo scorso, l’Amministrazione Comunale ha deciso di disporre la chiusura temporanea del Punto Incontro Anziani dal 31 marzo 2025 al 14 aprile 2025 compresi.”
Il motivo? Serve tempo per riorganizzare tutto. Per “definire nuove modalità di gestione del centro”, si legge ancora. Ma tra le righe il messaggio è chiaro: basta telenovele, serve una rifondazione. Il giorno della riapertura – previsto per il 15 aprile alle 14:30 – sarà anche il giorno del nuovo corso. E di probabili facce nuove.
La miccia della crisi, va detto, non si è accesa ieri. È mesi che si trascina una faida interna che ha visto contrapposti gruppi di iscritti pronti a tutto pur di tenere il timone. E no, non è una metafora. Le chiavi del centro – fisiche, reali – sono diventate oggetto di contesa. Chi ce le ha? Chi deve averle? Chi può aprire il centro? Chi lo deve chiudere? Domande che hanno portato alla necessità, clamorosa, di dover inviare addirittura dipendenti comunali e volontari esterni per gestire gli accessi.
Il “Carmela Vizzuso” non è una sala polivalente qualunque. È uno spazio nato nel cuore della città per offrire agli over 50 un luogo di aggregazione, attività ricreative, socializzazione. Una piccola oasi dove giocare a carte, organizzare gite, chiacchierare davanti a un caffè. E invece, oggi, si discute su tutto: “Su chi comanda, su chi ha le chiavi, su chi deve parlare, su chi deve stare zitto. Altro che tombola e briscola.”
L’Amministrazione comunale, per mesi, ha cercato di mediare. Ha coinvolto assessori, tecnici, l’Ufficio Cultura, le associazioni di volontariato. Ha proposto un progetto sull’invecchiamento attivo in collaborazione con una cooperativa sociale, ha avviato la registrazione degli utenti per trasparenza, ha favorito nuove elezioni del gruppo di coordinamento.
Ma niente da fare. Le fazioni si sono irrigidite, gli animi si sono scaldati, il dialogo si è spento.
“Ciò che sta accadendo al Punto Incontro Anziani di Cirié è oggetto di attenzione e di lavoro da parte degli uffici e dell’Amministrazione comunale, e mia in particolare come Sindaco, da diverso tempo...”
“Abbiamo sempre voluto responsabilizzare i membri del gruppo e promuovere un ambiente di collaborazione”,
“Sono emersi contrasti e dissapori che abbiamo cercato in ogni modo di dirimere.”
“Nonostante la nostra buona volontà, le ore impiegate, le risorse spese, le ‘fazioni’ degli iscritti non accennano a cambiare comportamento e a parlarsi civilmente.”
Parole della sindaca Loredana Devietti. Che, dopo averle provate tutte, ora passa ai fatti. La chiusura non è una punizione, ma un atto dovuto. “Pensiamo che il centro fornisca un servizio essenziale per tanti anziani, e che la maggior parte di loro nulla abbia a che fare con le beghe dei più animosi. È per loro che continueremo a lavorare.”
Ma poi avverte: “Il tutto però deve partire da una presa di coscienza da parte di alcuni utenti. A nulla servirà proporre possibili intese se non saranno loro per primi a trovare un accordo.”
E la chiusura l'aveva già ventilata giorni fa: “Se deve passare da lì, lo faremo.”
E da lì, infatti, si è passati. Chiusura. Punto. Stop. Niente centro per due settimane.
A voler essere spietatamente sinceri, la sindaca ha semplicemente fatto ciò che avrebbe dovuto fare chi frequentava il centro: prendere una decisione. Perché, come ha ricordato lei stessa: “La disponibilità del luogo, delle utenze, la pulizia dei locali… tutto è a carico del Comune. In cambio chiediamo solo educazione e rispetto reciproco.”
Troppo? A quanto pare sì. E allora, per rimettere tutto in piedi, serve azzerare. Ripartire da regole chiare, da una gestione meno "anarchica", forse più istituzionalizzata. Ma soprattutto, serve una lezione. Una di quelle che non si dimenticano facilmente.
Il 15 aprile il centro dovrebbe riaprire. Ma nulla sarà come prima. Quel giorno saranno comunicate le nuove modalità, forse sarà presentato un nuovo regolamento, magari un nuovo organo di gestione. Di certo, chi pensa di poter continuare a comportarsi come se fosse a casa propria, dovrà fare i conti con una nuova realtà.
Nel frattempo, la città guarda. Qualcuno ride, qualcuno scuote la testa, altri si indignano. Ma tutti, sotto sotto, capiscono che quanto accaduto al centro "Vizzuso" dice qualcosa di più ampio. Dice che nemmeno nella terza età siamo immuni dalla malattia del potere, dalla voglia di controllo, dal gusto per lo scontro.
Anche se in gioco c’è solo il caffè e una partita a briscola.
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