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Casa Chantal: l'opposizione chiede un consiglio comunale urgente

La richiesta è sempre la stessa: risposte sul destino dell'ex Rsa. Il sindaco ha 20 giorni di tempo per riunire il parlamentino

Maurizio Fariello, sindaco di Mathi

Maurizio Fariello, ex sindaco di Mathi

Convocare subito un consiglio comunale, entro venti giorni come impone la legge. È questa la richiesta avanzata ufficialmente il 24 marzo dai consiglieri di minoranza dei gruppi “Nuove idee in Comune” e “Mathi – una svolta per il domani”. I firmatari – Maurizio Fariello, Giancarlo Sopetti, Danilo Vottero Viutrella e Danilo Bianco – fanno appello all’articolo 39 del TUEL per inserire all’ordine del giorno le due interrogazioni su Casa Chantal e l’interpellanza sul torrente Banna. A oggi, però, nessuna risposta da parte dell’Amministrazione.

Il nervo scoperto resta Casa Chantal, l’ex RSA di Mathi chiusa nel novembre 2023 con la motivazione ufficiale di lavori di ristrutturazione. In realtà, a distanza di mesi, nessun cantiere è partito, mentre si fa sempre più insistente la voce – mai smentita con decisione – che la struttura verrà riconvertita in centro di accoglienza per migranti. Un cambio di destinazione che ha scatenato proteste, appelli e richieste di chiarimento, rimaste finora inevase.

A gennaio è nato un comitato cittadino per la salvaguardia dell’RSA, che ha raccolto oltre 2.000 firme consegnate al sindaco Vittorio Rocchietti. Il comitato chiede una sola cosa: trasparenza. E invece, al posto del confronto, il paese ha ricevuto solo mezze frasi, nessun documento, silenzi istituzionali.

Durante il Consiglio comunale del 30 dicembre, è emersa per la prima volta in maniera esplicita l’ipotesi di una destinazione alternativa per Casa Chantal. In quella sede, il sindaco ha mostrato una lettera della cooperativa Sanitalia, datata 16 dicembre, con la richiesta di un incontro sull’uso futuro dell’immobile. 

Nel frattempo, le famiglie degli ex ospiti – trasferiti a Villa Lina, a Corio – raccontano di informazioni ricevute in modo confuso, alcune delle quali lasciavano già intendere l’abbandono definitivo della funzione di casa di riposo. Un messaggio inaccettabile per chi, come Roberto Pontelli, aveva visto la madre “sradicata” da Mathi: «È assistita bene, ma si sente un’esiliata. Se fosse qui, parteciperebbe alla vita del paese. Invece è lontana, triste, fuori dalla sua comunità».

Il 17 marzo, i gruppi di minoranza hanno protocollato una dettagliata interrogazione con richiesta di atti. Quattro i punti critici: la documentazione integrativa richiesta alla cooperativa e mai chiaramente pervenuta; il contratto stipulato con lo Studio Legale Scaparone, incaricato per assistenza extragiudiziale; la presenza dell’avvocato De Blasio agli incontri istituzionali, senza un incarico formale visibile; e, infine, il contenuto dell’incontro con il Prefetto, avvenuto il 12 marzo, di cui non è trapelato nulla.

Fariello, ex sindaco e oggi capogruppo di opposizione, insiste: «La nostra è una richiesta di chiarezza, nel rispetto dei regolamenti e dei cittadini. Non si può portare avanti un’operazione di tale portata senza coinvolgere la comunità».

Il nodo più spinoso resta la strategia comunicativa dell’amministrazione, che ha scelto la via del silenzio. Nessuna notizia circa l’incontro in Prefettura, nessuna conferenza stampa, nessun verbale. Solo una generica rassicurazione del consigliere regionale Fabrizio Ricca (Lega), anch’egli presente a quell’incontro, che ha detto che “non ci sono rischi”. Ma per molti non basta.

In paese l’atmosfera è tesa. Non tanto per la presenza di eventuali migranti – la stragrande maggioranza dei mathiesi non ha posizioni ideologiche – quanto per il modo in cui la decisione viene gestita. Calata dall’alto, senza dialogo, senza documenti, senza un piano condiviso.

I dati demografici parlano chiaro: la popolazione anziana è in aumento, quella infantile in calo. Il paese non vuole perdere la sua casa di riposo. Al contrario, la trasformazione in centro di accoglienza potrebbe determinare, secondo molti, problemi di integrazione, difficoltà logistiche, rischi per la sicurezza e danni al tessuto commerciale.

“Confidiamo che arrivino persone educate – ha detto Pontelli – ma nell’incertezza, dobbiamo tutelare la serenità dei nostri anziani, delle nostre famiglie. Non è un problema ideologico, ma pratico. Perché questo cambio di rotta improvviso? C’è davvero più guadagno nell’accoglienza rispetto alla gestione di una RSA? E perché nessuno lo spiega?”

La domanda che attraversa il paese è semplice: perché l’amministrazione non parla? Perché si tergiversa su date, incontri e decisioni già probabilmente prese? A Mathi, Casa Chantal era molto più di un edificio. Era un punto fermo. Un rifugio. Un luogo costruito grazie alle offerte dei parrocchiani, con il sogno del parroco don Burzio, che voleva dare dignità e vicinanza agli anziani del paese.

Oggi quel sogno sembra dissolversi tra le nebbie di una scelta non dichiarata ma forse già compiuta. Una trasformazione che nessuno ha ancora avuto il coraggio di annunciare, ma che in molti considerano ormai scontata.

Con l’opposizione compatta nel chiedere trasparenza, un comitato cittadino mobilitato, e una comunità che non accetta silenzi, la vicenda di Casa Chantal è ben lontana dalla sua conclusione.

E forse, proprio il prossimo Consiglio comunale – se e quando verrà convocato – sarà il momento della verità. Perché in gioco non c’è solo la destinazione d’uso di un immobile. C’è la credibilità della politica locale. C’è la fiducia tra cittadini e istituzioni. E c’è, soprattutto, la dignità di una comunità che vuole essere parte delle decisioni che la riguardano.

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