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26 Marzo 2025 - 19:22
Il ministro Schillaci
“Troppe situazioni indegne. Un quadro che non possiamo più tollerare”. Con queste parole, Orazio Schillaci, ministro della Salute, torna a bacchettare le Regioni italiane per le gravi irregolarità nella gestione delle liste d’attesa. In una nuova lettera indirizzata al presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, Schillaci richiama i governatori all’ordine: “Il 27% delle aziende sanitarie continua a presentare criticità inaccettabili”.
Non si tratta di un rimprovero isolato. Già lo scorso ottobre, Schillaci aveva inviato una dura nota a Fedriga, denunciando agende “immotivatamente e illegalmente chiuse”. A oltre cinque mesi di distanza, però, il quadro non è migliorato. “Persistono liste gonfiate, sistemi di prenotazione frammentati, agende chiuse arbitrariamente e pratiche opache che impediscono l’accesso equo alle cure”, si legge nella lettera inviata oggi dal ministero. Un nuovo ultimatum, dunque, in cui Schillaci chiede di “sollecitare tutte le Regioni ad adempiere con effetto immediato agli obblighi di legge”.
Massimiliano Fedriga
Il ministro cita i dati forniti dai Nas, che parlano chiaro: più di un quarto delle strutture sanitarie italiane opera in violazione delle norme. Ma le parole di Schillaci vanno oltre la semplice constatazione tecnica. “Ho fatto il medico per oltre trent’anni nel sistema sanitario pubblico – scrive – conosco bene le difficoltà quotidiane, ma non posso accettare che queste diventino alibi per comportamenti che compromettono il diritto alla salute”. Sotto accusa finiscono medici che si rifiutano di rendere disponibili le proprie agende al sistema unico di prenotazione, professionisti che limitano l’attività nel pubblico per favorire quella privata, dirigenti che ignorano – o fingono di ignorare – irregolarità sistematiche.
Tra le pratiche più gravi segnalate, il ministro elenca liste d’attesa artificialmente gonfiate, prenotazioni ancora gestite con elenchi cartacei, agende accessibili solo a pochi “eletti”. Un sistema che, di fatto, crea una sanità a due velocità: chi può permettersi di pagare accede subito alle cure, chi non può resta in attesa, spesso per mesi.
Ma non tutto è negativo. Schillaci cita il “caso virtuoso” del Lazio, dove – a fronte di un’applicazione rigorosa delle normative – i tempi medi di attesa sono crollati: da 42 giorni nel 2023 a soli 9 nei primi mesi del 2025. A dimostrazione, dice il ministro, che “è possibile garantire tempi certi semplicemente applicando le leggi esistenti”. La piattaforma nazionale di monitoraggio, infatti, “evidenzia buone pratiche, ma anche troppe sacche di degrado e malagestione”.
Un passaggio cruciale è quello legato ai poteri sostitutivi del Ministero in caso di inadempienze regionali. Schillaci non nasconde la sua frustrazione per il ritardo nell’adozione del decreto attuativo che li renderebbe operativi: “Sono molto dispiaciuto che a oggi non sia stata ancora calendarizzata la discussione in Conferenza Stato-Regioni. Chiedo che ciò avvenga alla prima data utile”. Se le Regioni continueranno a ignorare le regole, il governo è pronto a intervenire direttamente.
“La vigilanza resta di competenza regionale – conclude Schillaci – ma la negligenza non può più essere tollerata. Non ci si può girare dall’altra parte mentre si calpesta il diritto alla salute”.
Sulla questione è intervenuto anche Massimiliano Fedriga, oggi alla Camera, che ha ribadito la necessità di “valorizzare l’autonomia delle Regioni, anche in ambito sanitario”, sottolineando però come questa non possa diventare sinonimo di anarchia o impunità. Il confronto tra Stato e Regioni sulla sanità si fa dunque sempre più teso, con l’ennesimo braccio di ferro sullo sfondo: garantire il diritto alla cura o continuare a rimpallarsi responsabilità mentre le persone aspettano.
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