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Piemonte a secco, il Pd attacca: “Basta parole, servono invasi e azioni concrete”

Il gruppo regionale del Partito Democratico chiede alla Giunta Cirio l’approvazione urgente del nuovo regolamento per la gestione degli invasi montani: “Le piogge non bastano, servono infrastrutture e manutenzione”

Gianna Pentenero

Gianna Pentenero

Acqua e agricoltura, infrastrutture e clima che cambia. La gestione degli invasi montani torna al centro della scena politica piemontese in occasione della Giornata mondiale dell’acqua. A rilanciare il tema è il gruppo regionale del Partito Democratico, che con un appello chiaro e diretto chiede alla Giunta Cirio di accelerare su un tema che non può più attendere: l’approvazione del nuovo regolamento regionale per la gestione degli invasi.

“La gestione degli invasi resta una priorità per garantire la disponibilità di acqua in Piemonte – scrivono i consiglieri Dem –. Alla luce delle preoccupazioni espresse da Coldiretti Cuneo, rinnoviamo l’invito alla Giunta a dare seguito rapidamente al regolamento sui progetti di gestione degli invasi, già presentato in Quinta Commissione”.

Gianna Pentenero, capogruppo del Pd in Consiglio regionale, sottolinea:
“I dati esposti da Coldiretti confermano un’emergenza che non può più essere ignorata. Le piogge di marzo sono state importanti, ma non sufficienti a colmare un deficit idrico aggravato dalla scarsità di precipitazioni nei mesi precedenti. È fondamentale che la Giunta regionale acceleri l'approvazione del nuovo regolamento e, soprattutto, garantisca tempi certi per la sua piena attuazione. La crisi idrica non si risolve con gli annunci, ma con interventi concreti e tempestivi”.

Il regolamento, atteso da tempo, aggiorna le normative regionali introducendo criteri più precisi sulla gestione dei sedimenti e la manutenzione degli sbarramenti. Due aspetti tecnici ma fondamentali: il primo riguarda la capacità degli invasi di trattenere acqua, il secondo la sicurezza idrogeologica delle strutture.

Mauro Calderoni, consigliere Pd, aggiunge:
“Non basta aggiornare le norme se poi le opere indispensabili restano ferme. Il progetto Serra degli Ulivi nel Monregalese è un esempio emblematico: il primo lotto va avanti, ma servono subito risorse per completare i successivi. Le aziende agricole e il comparto produttivo non possono più aspettare”.

Il messaggio, condiviso da tutto il gruppo, è chiaro: il Piemonte ha bisogno di infrastrutture capaci di trattenere l’acqua durante i periodi piovosi per poi rilasciarla gradualmente nei mesi più secchi. Ritardi, esitazioni e lungaggini burocratiche rischiano di compromettere l’intera stagione agricola.

“Ogni giorno di ritardo si traduce in maggiori difficoltà per il mondo agricolo e industriale – concludono Pentenero e Calderoni –. È il momento di passare dalle parole ai fatti: il Piemonte non può permettersi ulteriori esitazioni su un tema così cruciale per il suo sviluppo e la sua tenuta economica”.

Ma cosa sono, esattamente, gli invasi montani? Al di là del dibattito politico, vale la pena fare chiarezza. Gli invasi sono bacini artificiali realizzati in zone di media o alta quota per accumulare l’acqua piovana o derivata da corsi d’acqua. Questa acqua viene poi utilizzata – con opportuni sistemi di distribuzione – per scopi agricoli, civili o energetici. Non si tratta di dighe mastodontiche, ma di infrastrutture di scala media, spesso inserite in contesti naturali delicati, e proprio per questo oggetto di confronto tra chi ne sottolinea l’utilità e chi teme impatti ambientali.

A cosa servono? A contenere e gestire l’acqua nei periodi in cui è abbondante (inverno e primavera); a rilasciarla gradualmente nei periodi siccitosi (estate e autunno); a prevenire il rischio idrogeologico in caso di eventi estremi, fungendo da cuscinetto; a garantire l’irrigazione agricola senza attingere direttamente e continuamente da fiumi e falde.

Perché fanno discutere? Gli invasi montani, sebbene oggi sempre più riconosciuti come strumenti utili contro la crisi idrica, non sono esenti da critiche. I costi di costruzione e manutenzione sono elevati. Serve una gestione tecnica continua per evitare problemi di sicurezza. In alcuni casi possono modificare ecosistemi locali e richiedere l’esproprio di terreni. La gestione dei sedimenti accumulati sul fondo è una delle sfide più complesse: se non rimossi periodicamente, riduce la capacità del bacino e può compromettere l’efficienza dell’invaso.

In un Piemonte che negli ultimi anni ha visto alternarsi mesi di siccità estrema a piogge torrenziali e fuori stagione, la gestione delle risorse idriche non è più una questione agricola: è una priorità economica, ambientale e strategica. Il nuovo regolamento regionale – ora in attesa di approvazione definitiva – potrebbe rappresentare un passo avanti verso un sistema più moderno, efficace e trasparente. Ma come ricordano i consiglieri del Pd, le regole da sole non bastano: servono scelte politiche rapide, investimenti mirati e la volontà di non rimandare più.

Come funzionano gli invasi e dove possono trovarsi

Ogni anno in Italia l’89% dell’acqua piovana viene dispersa, secondo Coldiretti. L’acqua delle piogge, però, con la siccità è una risorsa che potrebbe essere fondamentale per le aziende agricole così come per i cittadini. Ad agevolarne la raccolta ci sono gli invasi.

Si tratta di strutture artificiali o naturali destinate all'accumulo e alla conservazione dell'acqua, giocando un ruolo cruciale nella gestione delle risorse idriche. Questi bacini sono realizzati per immagazzinare l'acqua piovana, il deflusso dei fiumi o l'acqua di scioglimento delle nevi, garantendo una riserva preziosa per diversi usi durante periodi di siccità o nei momenti di maggiore richiesta. Gli invasi possono essere creati mediante la costruzione di dighe o argini che bloccano il flusso dell'acqua in una determinata area, formando così un serbatoio artificiale. Esistono anche invasi naturali, come laghi e bacini che svolgono funzioni simili. L'acqua accumulata negli invasi viene utilizzata per molteplici scopi, tra cui l'approvvigionamento idrico per uso domestico e industriale, l'irrigazione agricola, la produzione di energia idroelettrica e la regolazione del flusso dei fiumi per prevenire inondazioni.

In Piemonte, gli invasi del Gruppo Iren sono utilizzati per la produzione di energia idroelettrica: tra questi ci sono i serbatoi di Agnel e Serrù, il serbatoio a regolazione stagionale di Ceresole,  il serbatoio di Valsoera, i serbatoi delle Gorge di Susa e di Clarea, insieme a quelli di Telessio ed Eugio.

Iren, ne spiega i vantaggi

I vantaggi degli invasi sono molteplici e rilevanti, contribuendo significativamente alla gestione sostenibile delle risorse idriche. Innanzitutto, l'acqua stoccata in grandi quantità garantisce forniture costanti ai canali irrigui, fondamentale per l'agricoltura soprattutto durante i periodi di scarse precipitazioni. Inoltre, gli invasi spesso diventano veri e propri hotspot di biodiversità, ospitando pesci e attirando uccelli, contribuendo così alla conservazione degli ecosistemi locali. Un altro vantaggio importante è che le acque degli invasi sono acque di superficie, il che significa che non richiedono processi di prelievo che vadano in profondità nel terreno, evitando così potenziali impatti negativi sull'ecosistema sotterraneo.

Oltre a questi benefici, i bacini idrici connessi alle dighe giocano un ruolo chiave nella riduzione delle piene, aiutando a prevenire alluvioni e a mitigare i rischi associati ai fenomeni atmosferici estremi. Gli impianti con centrali idroelettriche rappresentano un ulteriore vantaggio, poiché forniscono una fonte di energia pulita e rinnovabile, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e contribuendo alla lotta contro il cambiamento climatico. In sintesi, gli invasi non solo hanno un impatto ambientale molto basso, ma i loro vantaggi si sommano, rendendoli strumenti essenziali per lo sviluppo sostenibile e la sicurezza idrica.

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