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16 Marzo 2025 - 14:39
TAV e costi alle stelle: cosa succederà alla cava tra Torrazza e Rondissone?
Giovedì scorso 13 marzo, il viceministro dei trasporti Edoardo Rixi, il vice di Matteo Salvini, è stato audito dalla Commissione Trasporti della Camera. Fra gli altri argomenti, il TAV (treno alta velocità), la linea ferroviaria in costruzione nella Valle di Susa.
Il viceministro ha comunicato che nel luglio scorso TELT, la società incaricata della realizzazione dell’opera – per la precisione solo della tratta transfrontaliera, che comprende il tunnel sotto le montagne – ha aggiornato il costo previsto, tenendo conto dell’inflazione che ci sarà a fine lavori.
Ebbene, il costo passa da 11,1 miliardi di euro a valuta del 2012, pari a 14,7 miliardi di euro a valuta corrente. Un bel salto in avanti di 3,6 miliardi di euro. In tutta Italia, dalle Alpi a Lampedusa, alte grida di protesta si sono levate perché il governo ha previsto un aumento di 800 milioni di spese militari per l’anno prossimo. Soldi che – dicono i contrari alle armi – verranno sottratti ai servizi pubblici in crisi come sanità, scuola, ferrovie e infrastrutture. Pochi però hanno fatto caso all’aumento calcolato da TELT e dichiarato in parlamento dal vice di Salvini, Rixi. Il suo capo, Matteo Salvini, è contrario alle armi, ma è un accanito sostenitore del TAV.
Edoardo Rixi e Matteo Salvini, sostenitori del TAV
Ricordiamo che i 3,6 miliardi in più, o meglio i 14,7 miliardi di costo totale previsto per l’opera, escono dalle nostre tasche: TELT è infatti una società a capitale interamente pubblico, metà francese e metà italiano. Fra parentesi, la metà italiana di TELT è di Ferrovie dello Stato, le ferrovie “a lenta” velocità di Salvini.
Si dirà: ma il TAV sarà utile, farà bene all’economia italiana. Sarà, però la Francia si è già tirata mezza indietro, considera il TAV un’opera non prioritaria e non caccia più soldi. Tanto per capire quanto entusiasmo ci sia ancora per il TAV al di là delle Alpi, i francesi stanno potenziando la linea esistente Saint Jean de Maurienne – Digione, con tanti saluti al TAV italiano.
Teniamo conto che i 14,7 miliardi sono solo il costo della tratta transfrontaliera, che ha una lunghezza totale di 65 km e include - oltre al tunnel di base di 57,5 km - le stazioni internazionali di Susa e St-Jean de Maurienne. Però questa non è tutta la spesa, perché dopo bisognerà collegare il TAV al resto del mondo, cioè dell’Italia. A tale scopo si dovrà costruire una tratta da Avigliana a Orbassano, costo 2,9 miliardi: altri 24 chilometri, di cui 8 in galleria. Ma questa nuova linea dovrà passare con un tunnel sotto una collina morenica, il che ha sollevato le proteste di amministratori locali e cittadini. E non basta: sbucato a Orbassano, il treno dovrà immettersi nel passante ferroviario di Torino… Altre “opere” in previsione? A quali costi?
Almeno queste enormi spese fossero utili. Ma lo saranno? Se i francesi al di là delle montagne non faranno la loro parte, la parte italiana del TAV sarà monca come un viadotto costruito a metà e sospeso nel vuoto.
Dicono i parlamentari che si oppongono: “Più che un progetto infrastrutturale, il Tav è ormai solo una bandiera politica e un bancomat per i costruttori”. Una bandiera soprattutto per il ministro delle disastrutture Matteo Salvini, che, man mano che i lavori procedono, si reca in Val Susa a togliere i chiodi incastrati.
E Torrazza? In quel Comune, un’enorme cava attende di ricevere lo smarino dalla Valsusa, cioè il materiale estratto dalla montagna per scavare il tunnel. Se i lavori del TAV si fermano, cosa potrebbe venire stoccato, al posto dello smarino, nel grande buco lungo la strada fra Torrazza e Rondissone? Pensiamoci un po’ e ci verrà in mente qualcosa…
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