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ANPI Chivasso contro la manifestazione per l’Europa: “È divisiva”

Vinicio Milani: “Vogliamo un’Europa della pace, non della guerra”

ANPI Chivasso contro la manifestazione per l’Europa: “È divisiva”

ANPI Chivasso contro la manifestazione per l’Europa: “È divisiva”

Dalle colonne di La Repubblica, il giornalista e scrittore Michele Serra ha lanciato una manifestazione per l’Europa, con la presenza di "sole bandiere europee, che abbia come unico obiettivo la libertà e l’unità dei popoli europei". La manifestazione si terrà a Roma sabato 15 marzo.

Partiti e associazioni di sinistra si sono divisi. Qualcuno andrà, qualcuno no, qualcun altro sì ma per esprimere i propri distinguo farà sventolare le bandiere della pace accanto a quelle dell’Europa.

E l’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia? Anche l’ANPI si è divisa. L’ANPI di Chivasso quale posizione ha? Lo abbiamo chiesto a Vinicio Milani, da decenni colonna dell’associazione chivassese, che l’anno scorso ha lasciato la presidenza a Maria Teresa Blatto.

Caro Vinicio Milani, l’ANPI di Chivasso non aderisce alla manifestazione di Serra. Perché?

"È un’iniziativa divisiva che non porta da nessuna parte. Nasce da un solo individuo, non da un’associazione. Chi rappresenta Michele Serra? Chi c’è dietro? Scrive su un giornale guerrafondaio come Repubblica."

L’ANPI non è favorevole all’Europa unita?

"Dipende da quale Europa. Non vogliamo partecipare a una manifestazione dove la parola 'pace' non compare. Noi vogliamo un’Europa della pace, non delle armi e della guerra."

Però alcuni circoli locali e federazioni provinciali dell’ANPI ci andranno.

"L’ANPI ha lasciato libertà di scelta ai suoi iscritti. Chi vuole che si mandino armi all’Ucraina vada pure in piazza a Roma, ma non dica che la guerra degli ucraini è 'Resistenza'. Alcuni comitati provinciali dell’ANPI hanno detto no."

Perché non dovremmo sostenere l’Ucraina?

"L’Europa vuole trasformare l’industria civile in industria bellica. Al contrario, oggi che tutti i valori sono caduti, l’unico valore rimasto in piedi è quello della pace. L’Europa deve essere una unione politica, non l’Europa delle armi. La spesa per le armi toglie risorse per i ceti più deboli."

Altre associazioni parteciperanno alla manifestazione di Serra.

"Sì, la CGIL ha aderito, le ACLI, della quale faccio parte, pure, ma con tanti se e ma… Ha aderito la CISL, che è filogovernativa. Nell’ANPI la federazione di Roma non andrà…"

E le pagine Facebook dell’ANPI di Milano e di Torino parlano d’altro. Quella dell’ANPI nazionale pubblica un comunicato che di fatto rivela le divisioni: "Sì all’Europa unita e libera, no al riarmo. Su questa base politica delegazioni delle strutture territoriali dell’ANPI parteciperanno alla manifestazione del 15 marzo promossa da Michele Serra." Tradotto: l’ANPI nazionale non ci va, ma i circoli locali e le federazioni provinciali che vogliono andarci sono liberi di farlo.

"Ci sono divisioni nell’ANPI. Io sono per l’Europa della pace. I miei punti di riferimento sono il Papa, il presidente di Pax Christi, e il compianto Bettazzi. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica la Nato avrebbe dovuto sciogliersi e non allargarsi a Est. Ci siamo dimenticati del Manifesto di Ventotene."

Sul Manifesto di Ventotene correggiamo subito Milani. Il Manifesto afferma chiaramente che la futura Europa deve essere armata: la federazione europea dovrà avere l’”esclusivo diritto di reclutare e di impiegare le forze armate (le quali dovrebbero avere anche il compito di tutela dell’ordine pubblico interno)”. La Società delle Nazioni è fallita anche perché non aveva “una forza militare capace di imporre le sue decisioni” agli stati aderenti. Il Manifesto di Ventotene sostiene addirittura che l’Europa unita dovrà avere il diritto di intervenire negli affari interni di uno stato membro qualora esso si dia “un governo dispotico”.

Vinicio Milani, colonna dell'Anpi di Chivasso

PERCHE’ L’ANPI SI DIVIDE?

Perché l’ANPI si divide? Per decenni l’associazione è rimasta compatta. Ma qualcosa è cambiato negli ultimi anni: l’ANPI si è trasformata in qualcosa di simile a un partito, che fa politica, che si occupa anche di temi politici interni e internazionali, e che su questi temi si spacca.

L’ANPI era nata come una associazione strettamente legata al tema della Resistenza, e non allargava la propria azione a temi politici e partitici. Come recita lo Statuto, essa intendeva riunire in associazione tutti coloro che avevano partecipato, direttamente o indirettamente, alla Resistenza; perpetuare la memoria dei Caduti; concorrere alla piena attuazione… della Costituzione Italiana, frutto della Guerra di Liberazione.

Col passare degli anni l’ANPI si indebolì: i partigiani morivano, il ricordo della Resistenza sbiadiva, l’interesse per la lotta di liberazione diminuiva, comparivano concezioni “revisioniste” che attenuavano il valore della lotta partigiana, quando non la trasformavano in un disvalore.

Come reagire al declino? Intenzionalmente o probabilmente no, l’associazione cominciò ad ampliare le proprie aree di interesse: le lotte dei popoli oppressi, l’antimperialismo, l’antiamericanismo, la Palestina e l’Ucraina, il TAV, l’ambiente, e così via.
Diventava un partito, che affronta tante questioni domestiche e internazionali, e come tale scende nella battaglia politica, si scontra con i partiti, polemizza, si divide al proprio interno in correnti e fazioni. Fu l’ANPI a diventare divisiva, non Michele Serra, come sostiene Milani.

Un tempo la celebrazione del 25 aprile era unitaria, un rito che tutti univa: vi partecipava il sindaco, di destra e o di sinistra, e anche il consigliere che torceva la bocca ma partecipava lo stesso. Oggi il 25 aprile è diventato divisivo: certo per colpa dei partiti della nuova destra radicale che non ne vogliono sapere, ma anche per colpa dell’ANPI diventato un partito come gli altri.

Si iscrissero all’ANPI militanti o ex militanti della sinistra radicale, per i quali l’associazione diventava il rifugio dalle sconfitte politiche e il luogo dove continuare a fare politica partitica. Per il suo orientamento pacifista, non va trascurato l’ingresso di cattolici che seguono il Papa e non la natura originaria dell’associazione. Si potrebbe definirla un’associazione “catto-comunista”…
L’evoluzione da associazione partigiana a partito politico si coglie anche dal mutamento delle caratteristiche dei dirigenti. Il terzultimo presidente dell’ANPI è stato Carlo Smuraglia, partigiano, professore universitario, grande avvocato, membro del Consiglio Superiore della Magistratura, senatore per tre volte, presidente per sette anni della Commissione Lavoro del Senato. Come avvocato, insieme a Lelio Basso difese nel dopoguerra partigiani accusati di omicidio, si costituì parte civile per i fatti di Reggio Emilia del 1960, per la morte di Giuseppe Pinelli del dicembre 1969, per il disastro di Seveso nel 1976. Morto quasi centenario nel maggio 2022, fece in tempo a schierarsi a fianco dell’Ucraina aggredita fra le contorsioni dei suoi anpisti. A differenza di Milani, considerava simili ai nostri partigiani i combattenti ucraini: la resistenza contro chi “vuole espandersi in maniera autoritaria” è giusta.

Chi è oggi il presidente dell’ANPI nazionale? Un oscuro ex parlamentare di Rifondazione comunista. Giunto senza molta gloria a fine carriera, l’Anpi pensò bene farne il suo presidente nazionale. Quando la Russia invase l’Ucraina, si distinse per dichiarazione ambigue. I giornalisti andarono a scavare nelle sue sgangherate uscite del passato. Nell’agosto 2014 scriveva che il governo ucraino «andrebbe processato per crimini contro l’umanità» e che quello ucraino è un “governo nazista”. In ottobre parlava di «nazisti di Kiev sostenuti dall’occidente». C’è altro da aggiungere?

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