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10 Marzo 2025 - 21:48
Chiara Ferragni
La Fenice Srl, società controllata da Chiara Ferragni, riesce a evitare il crac con un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro. Un’operazione necessaria per arginare il disastro finanziario che ha travolto l’azienda dopo gli scandali che hanno minato la credibilità del brand, facendo crollare i ricavi da 12 milioni nel 2023 a meno di 2 milioni nel 2024 e accumulando perdite per circa 10 milioni di euro. Un tracollo senza precedenti per quello che, fino a pochi anni fa, sembrava un impero inarrestabile nel settore del personal branding e della moda. L'assemblea dei soci ha approvato la ricapitalizzazione proposta dall’amministratore unico Claudio Calabi, sostenuta da Sisterhood, la società attraverso cui la stessa Ferragni controlla il 32,5% di Fenice, e da Alchimia, società dell’imprenditore Paolo Barletta, che detiene il 40% della società. La loro adesione compatta ha consentito di raggiungere una maggioranza superiore al 70%, necessaria per dare il via libera all’operazione di salvataggio.
Si è invece chiamato fuori Pasquale Morgese, che possiede il 27,5% di Fenice e ha già preannunciato l’intenzione di impugnare le delibere di bilancio e la ricapitalizzazione. La sua scelta di non partecipare all’aumento di capitale avrà un effetto diretto sulla sua quota di partecipazione, destinata a diluirsi progressivamente. Sisterhood e Alchimia, invece, sottoscriveranno l’aumento pro-quota, con la disponibilità da parte della società della Ferragni a coprire anche l’eventuale parte non sottoscritta da Barletta. L’obiettivo dichiarato dai soci rimasti è quello di rilanciare l’azienda, garantendo la continuità delle attività che fino a pochi anni fa sembravano rappresentare un modello di successo nel panorama dell’imprenditoria digitale.
Il declino di Fenice è stato segnato da una serie di scandali che hanno travolto l’immagine pubblica di Chiara Ferragni, facendo crollare la fiducia dei consumatori e mettendo in discussione il modello di business basato sulla monetizzazione del suo nome attraverso collaborazioni commerciali. Il caso più eclatante è stato il Pandorogate, esploso nel novembre 2022, quando l’influencer siglò un accordo con Balocco per il lancio del "Pandoro Pink Christmas", venduto a un prezzo maggiorato con la promessa che parte dei ricavi sarebbero stati destinati all’ospedale Regina Margherita di Torino per la ricerca sull’osteosarcoma e il sarcoma di Ewing. Un’operazione che si è rivelata tutt’altro che benefica. Secondo quanto emerso, Balocco aveva già donato 50mila euro all’ospedale nel maggio dello stesso anno, ben prima del lancio del prodotto, e nessuna parte dei ricavi della vendita del pandoro griffato è mai stata destinata alla ricerca. A beneficiare dell’operazione sarebbero state invece le società riconducibili a Ferragni, che avrebbero incassato oltre un milione di euro, senza versare ulteriori fondi all’ospedale.
Lo scandalo ha avuto conseguenze pesantissime non solo in termini di reputazione, ma anche sotto il profilo legale e finanziario. Dopo la diffusione della notizia, sono emerse altre operazioni commerciali dal meccanismo simile, come quella delle uova di Pasqua griffate Ferragni, prodotte da Dolci Preziosi nel 2021 e nel 2022. Anche in questo caso, la narrazione ufficiale parlava di un’iniziativa benefica, ma dai documenti è risultato che l’associazione destinataria della donazione, "I Bambini delle Fate", ha ricevuto solo 36mila euro, mentre i ricavi per la società della Ferragni ammontavano a circa 1,2 milioni di euro.

A seguito di questi episodi, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) ha aperto un’istruttoria per pratiche commerciali scorrette, che si è conclusa con una sanzione di un milione di euro per Ferragni e Balocco. L’intervento dell’AGCM, tuttavia, è stato solo l’inizio delle ripercussioni giudiziarie. Il Codacons ha presentato denuncia per truffa aggravata, portando all’intervento della Guardia di Finanza, che ha disposto il sequestro dei conti delle società coinvolte. Un colpo durissimo per l’impero imprenditoriale della Ferragni, che ha visto prosciugarsi le entrate mentre il danno d’immagine si traduceva in un progressivo abbandono da parte dei brand che fino a quel momento si erano contesi la possibilità di collaborare con l’influencer.
Nel tentativo di arginare la crisi e limitare i danni, nel dicembre 2024 Ferragni ha raggiunto un accordo con i consumatori per rimborsare chi aveva acquistato il pandoro griffato, ma il provvedimento non è stato sufficiente a placare le polemiche né a fermare le indagini della Procura di Milano, che ha proseguito con gli accertamenti. Il caso si è infine tradotto nel rinvio a giudizio dell’influencer, un esito che rende ancora più incerto il futuro del suo marchio e della sua strategia imprenditoriale.
L’aumento di capitale deliberato dall’assemblea di Fenice rappresenta dunque un ultimo tentativo di mantenere a galla l’azienda, ma resta da vedere se l’operazione sarà sufficiente a rimettere in carreggiata un business ormai in crisi profonda. La fiducia dei consumatori sembra compromessa, i partner commerciali si sono allontanati e il modello basato sulla monetizzazione dell’immagine personale di Ferragni potrebbe aver perso definitivamente la sua attrattiva. Sullo sfondo, restano le incognite legate ai procedimenti giudiziari in corso, che potrebbero ulteriormente aggravare la situazione finanziaria della società. Per l’ex regina degli influencer, il 2024 si chiude con la consapevolezza che il mondo dorato del suo brand non è più quello di una volta e che il futuro sarà tutt’altro che scontato.
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