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Lotta alla demenza: il progetto Interceptor scopre come prevenire la malattia

Uno studio italiano rivela come i biomarcatori possano individuare precocemente le persone a rischio, aprendo nuove prospettive per la prevenzione e la cura

Lotta alla demenza

Lotta alla demenza: il progetto Interceptor scopre come prevenire la malattia

La ricerca scientifica compie un passo decisivo nella lotta alla demenza grazie al progetto Interceptor, un'iniziativa avviata nel 2018 con il sostegno del Ministero della Salute e dell'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). I primi risultati dello studio, presentati nel corso di un convegno organizzato dall'Osservatorio Demenze dell'Istituto Superiore di Sanità, dal Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs e dall'Irccs San Raffaele, hanno dimostrato che una combinazione di biomarcatori potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce della demenza, permettendo di identificare tempestivamente i soggetti a rischio tra coloro che soffrono di un declino cognitivo lieve.

La ricerca si basa su una premessa chiave: le terapie attualmente disponibili risultano più efficaci se somministrate in una fase iniziale della malattia. Tuttavia, il numero elevato di persone con disturbo cognitivo lieve (circa 950.000 in Italia) e gli alti costi dei trattamenti rendono impossibile un’applicazione indiscriminata. Inoltre, solo una percentuale compresa tra il 30% e il 40% di questi pazienti sviluppa effettivamente una forma di demenza entro tre anni. L'obiettivo del progetto Interceptor è quindi quello di fornire strumenti più precisi per distinguere chi ha maggiori probabilità di sviluppare la malattia, consentendo un uso mirato delle terapie e riducendo gli effetti collaterali derivanti dai farmaci.

La ricerca scientifica compie un passo decisivo nella lotta alla demenza

Il progetto ha coinvolto inizialmente 500 volontari, di cui 351 sono stati sottoposti a un approfondito screening per individuare parametri biologici e neurologici in grado di predire l'evoluzione della malattia. Gli esami condotti hanno incluso test sulle funzioni cognitive, sulla memoria episodica, risonanza magnetica per valutare l’atrofia dell’ippocampo, analisi della connettività cerebrale, test genetico per la predisposizione all’Alzheimer e studio dei biomarcatori nel liquido cerebrospinale.

Dai risultati emersi, 104 pazienti con lieve compromissione cognitiva hanno sviluppato una forma di demenza nel corso dello studio, con 85 casi riconducibili al morbo di Alzheimer. Il modello elaborato dai ricercatori si è rivelato altamente predittivo, identificando con precisione l'81,6% dei pazienti destinati a sviluppare la malattia. Questo significa che, in un futuro non troppo lontano, sarà possibile applicare un metodo affidabile per individuare precocemente i soggetti più vulnerabili e trattarli con le terapie disponibili prima che la degenerazione cognitiva diventi irreversibile.

Questa ricerca rappresenta una svolta fondamentale nella gestione delle malattie neurodegenerative. Il successo del progetto Interceptor apre le porte a una medicina più personalizzata, in cui la diagnosi precoce consentirà di intervenire in modo più efficace, migliorando la qualità della vita dei pazienti e ottimizzando l’impiego delle risorse sanitarie.

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