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Cronaca
14 Febbraio 2025 - 12:45
Un episodio di razzismo scuote il calcio giovanile: una multa simbolica è sufficiente a combattere il problema?
Cosa c'è di più triste che sentire un ragazzino di 13 anni, impegnato in una partita di calcio, essere apostrofato come "scimmia di m."? Forse, è ancora più desolante pensare che una sanzione di 300 euro possa essere la risposta a un problema così radicato e complesso. Siamo nel Biellese, durante una partita del campionato provinciale Under 14 tra la squadra di casa e gli ospiti valdostani dell'ASD Saint-Vincent Châtillon. Il match, terminato con un pareggio di 2-2, è stato macchiato da un episodio che ha poco a che fare con il calcio giocato e molto con il lato oscuro della nostra società.
Immaginate la scena: un campo di calcio, giovani promesse che si sfidano con passione e genitori sugli spalti a tifare. Ma tra questi, qualcuno decide di trasformare il tifo in un atto di discriminazione, rivolgendosi a un giovane giocatore con insulti razzisti. È come se, in un attimo, il campo di gioco si trasformasse in un palcoscenico di vergogna. E qui sorge la domanda: che tipo di esempio stiamo dando ai nostri figli?
Quale "educazione siberiana" stiamo impartendo? Il giudice sportivo ha deciso per un'ammenda di 300 euro nei confronti della società piemontese Ponderano, colpevole di non aver saputo controllare il comportamento del proprio pubblico. Ma davvero possiamo credere che una cifra così irrisoria possa fungere da deterrente?
Multa per episodio di razzismo
È come cercare di fermare un uragano con un ombrello. La società valdostana, giustamente, si è detta "spiazzata" da una risposta così debole e ha annunciato una serie di iniziative di sensibilizzazione. Una battaglia che si preannuncia lunga e difficile, ma necessaria. Non è solo il calcio giovanile a essere colpito da questo virus.
Anche Moise Kean, centravanti della Fiorentina e della nazionale, è stato recentemente bersaglio di insulti razzisti sui social. Un parallelo che rende ancora più amara la situazione del giovane calciatore biellese. Essere paragonato a un giocatore di Serie A per motivi così tristi può farlo sentire solo e senza speranza. Ma è importante ricordargli che non è solo. La sua battaglia è la battaglia di tutti noi.
La soluzione al razzismo nel calcio, e nella società in generale, non è semplice né immediata. Richiede un cambiamento culturale profondo, che parta dall'educazione e arrivi fino alle tribune dei nostri stadi. Ogni semplificazione rischia di farci finire fuori gioco. Ma non possiamo arrenderci. Dobbiamo continuare a lottare, a sensibilizzare, a educare. Perché quel ragazzino di 13 anni merita di più di una semplice multa. Merita un futuro in cui possa giocare a calcio senza paura, senza insulti, senza discriminazioni.
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