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Razzismo in azienda: come comportarsi?

Sambu Buffa, consulente italo-congolese, guida le imprese verso un marketing inclusivo e antirazzista a Torino e Cuneo

Razzismo in azienda

Razzismo in azienda: come comportarsi?

In Piemonte, tra Torino e Cuneo, si sta svolgendo una rivoluzione silenziosa ma potente. Sambu Buffa, 40 anni, italo-congolese, si definisce un "designer di cambiamento". Cresciuta a Torino e ora residente a Centallo, Buffa è una professionista nella gestione della diversity, impegnata a guidare le persone e le aziende verso un marketing inclusivo e antirazzista. Ma cosa significa realmente essere un "designer di cambiamento" in un contesto aziendale spesso intrappolato in stereotipi e pregiudizi?

Buffa, che sarà tra i docenti del primo corso di "immigration management" lanciato dagli industriali di Cuneo, sottolinea che "siamo tutti un po' razzisti". La sua prima lezione è chiara: riconoscere il razzismo latente è il primo passo per superarlo. In un'Italia dove, secondo Ernst & Young, solo il 6% delle aziende ha manager dedicati all'inclusione, il lavoro di Buffa è cruciale. "Se hai la pelle di colore diverso ti danno automaticamente del tu; se sei donna ti chiamano per nome; se sei disabile ti assegnano compiti poco importanti", spiega Buffa. Imparare a gestire la diversity significa imparare a dare del lei a tutti, riconoscendo ruoli e competenze.

Razzismo e integrazione sul luogo di lavoro

Stereotipi e pregiudizi: una sfida quotidiana

Buffa racconta di aver collaborato con l'Estetista Cinica dopo un incidente legato a un fondotinta per "pelli normali". "Non c'era la volontà di offendere", dice, "ma quella frase ha generato un polverone". Anche lei ha vissuto esperienze simili, come quando lavorava come commessa alla Benetton nel Pinerolese e tutti le davano del tu. "Quando salgo su un autobus c'è sempre qualche signora che stringe a sé la borsa", racconta, evidenziando come gli stereotipi siano radicati nella nostra società.

Nel suo lavoro con i manager cuneesi, Buffa insegna che non esiste un manuale per gestire la diversity in azienda. Tuttavia, ci sono buone pratiche che possono portare a ottimi risultati. "Imparare a dare del lei è importante", afferma, "significa riconoscere l'interlocutore e il suo ruolo". Non bisogna dare per scontate le competenze basandosi sulla provenienza e bisogna lavorare su se stessi per cambiare la modalità attraverso cui guardiamo gli altri.

In Italia, i manager dedicati alla diversity sono ancora pochi, mentre negli Stati Uniti alcune grandi aziende stanno ritirando i loro piani di inclusione. "Si tratta di contesti differenti", osserva Buffa. In Italia, soprattutto nelle piccole aziende padronali, c'è ancora molto lavoro da fare. "Sono queste le aziende dove faticano a trovare talenti e lavoratori", spiega, "con il rischio che i giovani cerchino lavoro in altri paesi dove la loro identità viene rispettata".

Buffa sottolinea che siamo entrati nell'era dell'intersezionalità, dove diverse identità sociali si sovrappongono. Le quote rosa, seppur arrivate in ritardo in Italia, sollevano domande su cosa significhi realmente inclusività. "La società sta evolvendo", afferma, "l'inclusività diventa un tema vitale quanto complesso".

Nonostante le sfide, Buffa ha scelto di vivere in Italia, in un piccolo paese del Cuneese. "Sono stata adottata da una famiglia torinese ma sono rimasta in contatto con la mia famiglia d'origine", racconta. Ha scelto Centallo per amore, trovando nel piccolo contesto una sfida interessante. "Viverci è una sfida ancora più interessante", conclude, dimostrando che il cambiamento inizia da noi stessi e dalle nostre scelte quotidiane.

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