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15 Gennaio 2025 - 15:18
Gran Paradiso, allarme stambecchi: popolazione dimezzata in trent’anni
Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il più antico d’Italia, vive una crisi silenziosa. Negli anni ’90, il parco ospitava quasi 5.000 stambecchi e 9.000 camosci, due simboli della biodiversità alpina. Oggi, i numeri sono drammaticamente ridotti: appena 3.000 stambecchi e 5.600 camosci.
Il responsabile principale? Il cambiamento climatico. Temperature in aumento e inverni con poca neve stanno alterando gli equilibri naturali. Gli stambecchi, pur mostrando una leggera stabilizzazione, lottano per sopravvivere. I cuccioli, svezzati con un foraggio meno nutriente e troppo fibroso, crescono più deboli. Anche le femmine risentono delle mutate condizioni climatiche, con cicli riproduttivi compromessi.
Per i camosci, la situazione è ancora più critica. Oltre al clima, devono affrontare la competizione con altre specie come i cervi e la pressione dei predatori, in particolare i lupi. «Il camoscio è un animale adattabile, ma sta attraversando un periodo molto difficile», spiega Bruno Bassano, direttore dell’Ente Parco.
I camosci, spinti dalle difficoltà, hanno modificato le loro abitudini. Si spostano a quote più alte, dove è più difficile monitorarli. Per questo motivo, il Parco sta sperimentando nuove tecniche di censimento, per ottenere dati più precisi.
Anche i lupi giocano un ruolo importante in questo fragile equilibrio. Nel Parco sono presenti cinque branchi, con due o tre esemplari ciascuno. «I lupi hanno una struttura sociale ben definita – precisa Bassano –. I giovani adulti vengono allontanati dal branco per evitare un aumento eccessivo della popolazione».
Nonostante gli sforzi del personale del Parco per tenere sotto controllo la situazione, la possibilità di un intervento diretto non è esclusa. Se le popolazioni scendessero sotto i livelli considerati sostenibili, si potrebbe attuare un piano di conservazione mirato.
Lo stambecco delle Alpi (Capra ibex) è uno degli animali più iconici delle nostre montagne. Un tempo sull’orlo dell’estinzione, grazie a progetti di protezione è tornato a popolare le Alpi. Oggi, la maggior parte degli esemplari vive in aree protette, con il Parco Nazionale del Gran Paradiso come habitat principale.
Lo stambecco è un animale perfettamente adattato all’ambiente alpino. Con i suoi zoccoli adatti a scalare rocce ripide e il folto manto che lo protegge dal freddo, incarna la forza e la resilienza delle montagne. Tuttavia, questa specie è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici.
Il riscaldamento globale ha conseguenze dirette sulla sopravvivenza dello stambecco. In estate, la scarsità di acqua e l’aumento delle temperature rendono difficile trovare cibo di qualità. Durante l’inverno, invece, la mancanza di neve favorisce l’invecchiamento della popolazione. La neve è essenziale per il ciclo di vita dell’ambiente alpino: regola la vegetazione e protegge le risorse alimentari.
Fondato nel 1922, il Parco è stato creato per proteggere proprio lo stambecco, che all’epoca era a rischio estinzione. Grazie agli sforzi di conservazione, oggi è la casa della popolazione più numerosa di stambecchi in Italia. Ma questo non basta.
I ricercatori monitorano costantemente le dinamiche della specie, studiando l’impatto del clima e cercando soluzioni. Tra le strategie proposte, vi è la gestione attiva delle risorse alimentari e la creazione di corridoi ecologici che permettano agli stambecchi di migrare verso aree più adatte.
Lo stambecco è un simbolo non solo delle Alpi, ma della capacità dell’uomo di correggere i propri errori. Dopo essere stato cacciato fino quasi alla scomparsa, è tornato a vivere grazie alla volontà di proteggerlo.
Oggi, però, questa protezione deve evolversi. Non basta più salvaguardare il territorio: è necessario combattere il cambiamento climatico e adottare soluzioni innovative. Solo così il re delle Alpi potrà continuare a dominare le cime italiane, ricordandoci la bellezza e la fragilità della natura.
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