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Ombre su Torino

A Torino ci si ammazza pure alla Befana – L’omicidio Catarinella.

Un cadavere con una pallottola nel cuore, tra la neve del Regio Parco.

A Torino ci si ammazza pure alla Befana – L’omicidio Catarinella.
Quando il signor Domenico D’Agostino vede una 600 blu ferma tra via Rossetti e via Signorini non ci fa neanche caso.
Quella, allora, è una zona di campagna a nord di Torino e, anche se sono le 16, è normale che qualche coppietta fosse andata lì per cercare un po’ di intimità. Al ritorno dalla sua passeggiata, tra l’altro, è anche diventato buio perché il giorno dell’Epifania del 1972 il sole è tramontato alle 17. L’auto è sparita e i piccioncini con lei.
Al suo posto c’è un’Alfa 2000 con lo sportello dell’autista aperto e, poco vicino, il suo proprietario. È morto, riverso tra la neve che ha ricoperto le strade qualche giorno prima. Qualcuno gli ha sparato un colpo di calibro 6,35 che gli ha reciso l’aorta: se n’è andato in pochi secondi.
Le indagini, condotte per la prima volta a Torino da una donna, la dott.ssa Maria Pia Astore (che, nel relativo processo, sarà anche il primo PM al femminile nella storia della Corte d'Assise piemontese a rappresentare la pubblica accusa) partono dai documenti addosso al cadavere.
La vittima si chiama Giuseppe Catarinella, ha 36 anni e un fascicolo alto una spanna in questura. Titolare di un’officina di pulitura di metalli di Caselle, è stato arrestato per furto ai danni di un concorrente: i materiali utilizzati per il suo lavoro sono costosi e l’uomo aveva deciso di rubarglieli. È stato condannato anche per degli assegni a vuoto e per infedele denuncia del valore della sua azienda, ma a indirizzare correttamente l’inchiesta sono altre pendenze a suo carico. Catarinella è un uomo molto violento. Nel suo casellario si può leggere di un conoscente preso a calci e pugni, ma, soprattutto, delle violenze inflitte alla moglie. La donna, madre dei suoi 3 figli, lo ha denunciato due volte. Riferisce che è un marito dalle numerose relazioni fuori casa, che fa mancare i soldi alla famiglia e che, rimproverato, la riempie di ingiurie, minacce di morte e di schiaffi. Non a caso, un mese prima dell’omicidio la signora Incoronata aveva tentato di uccidersi avvelenandosi e, al momento del delitto, si trova con la testa fasciata a Novara dal fratello dove è scappata. Sentita dalla Polizia, la signora, che a causa dei problemi legali di Giuseppe risulta proprietaria della sua azienda, aggiunge un tassello. “Mio marito ha un’amante che lavora con lei. Una più brutta di me, anche lei di Lavello”.
Questo identikit corrisponde alla 39enne Incoronata Capuano. In una relazione da 3 anni, Giuseppe e Incoronata (“l’altra”) vivono una storia passionale ma molto travagliata. Catarinella picchia anche lei, soprattutto a seguito di furiose scenate di gelosia. Tra i due, però, il rapporto non è solo di “amore”. Quando si incontrano la donna è stata appena scaricata da un uomo molto più anziano che le ha lasciato come “buonuscita” un alloggio e 4 milioni di lire in contanti. La cifra viene investita per permettere all’uomo di aprirsi la propria attività con l’amante e diventarne finanziatrice e segretaria particolare con la moglie, come detto, titolare.
In questo intrigo amoroso si inserisce anche un altro personaggio. Si chiama Canio Coviello, ha 29 anni ed è un dipendente di Catarinella ma anche nuova fiamma della Capuano. Giuseppe è a conoscenza della tresca tra i due da circa un anno e, dopo averlo affrontato più volte anche fisicamente, lo aveva licenziato.
Trovatasi in una storia impregnata di violenza, Immacolata si è innamorata perdutamente di Coviello: vogliono sposarsi. Interrogato, anche perché in possesso di una 600 blu come quella vista da D’Agostino, Canio racconta delle numerosissime minacce ricevute dal suo ex datore di lavoro e di come molte volte la vittima avesse seguito lui e l’amata per sorprenderli in situazioni intime. Quando gli viene richiesto un alibi tentenna, poi risponde spavaldamente. Alla fine confessa: l’ha ammazzato lui.
Quella sera era andato a prendere la Capuano e si erano appartati in quel campo dietro al Regio Parco. All’improvviso era arrivato Catarinella dicendogli che li avrebbe fatti fuori entrambi: lui sfoderò la pistola per spaventarlo e partì quell’unica pallottola che lo mandò al creatore. “Meglio tra due poliziotti che tra quattro becchini” chiosa davanti agli inquirenti.
Mentre la vedova riapre l’officina, che era pur sempre intestata a lei e serviva principalmente per mantenere i 3 figli, e assolve incredibilmente post-mortem il violento consorte (“avevo chiesto la separazione ma non era vero, lo avevo già perdonato. Mi dispiace che non abbia capito in questa vita quanto gli volevo bene”) le indagini vengono chiuse.
Esclusa la suggestiva ipotesi dell’assassinio per interesse (la Capuano avrebbe rivoluto indietro i 4 milioni, avrebbe attirato Giuseppe in campagna e poi qualcosa sarebbe andato storto e da qui l’assassinio) Coviello viene accusato di omicidio volontario e la donna di favoreggiamento. Si sposano in carcere in corrispondenza della prima udienza del processo che vedrà Coviello prendere 11 anni e 3 mesi e la Capuano 1 anno e 2 mesi grazie alla concessione delle attenuanti generiche e di quella della provocazione.
Fu un delitto d'impeto, provocato dalla tracotanza della vittima, violenta e rissosa.
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