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Ombre su Torino
01 Gennaio 2025 - 10:48
La Tavernetta è un night club che, negli anni ’70, si trova in via Amendola 5, nel pieno centro di Torino, in una zona che all’epoca pullula di locali notturni, bische improvvisate e un’umanità varia che si muove tra la voglia di divertimento e le ombre della malavita. Il locale, già teatro di una sparatoria nel 1974, è noto da tempo agli investigatori come punto di ritrovo di gente non troppo raccomandabile, un crocevia dove si incrociano piccoli delinquenti, professionisti della notte, avventori occasionali e figure ben più ingombranti legate al sottobosco criminale cittadino.
Tra i clienti abituali compare il proprietario di una fabbrica di Vinovo, Carlo Barile, che in quegli anni frequenta con regolarità La Tavernetta, forse attratto dall’atmosfera trasgressiva e patinata del locale. Barile, uomo dall’indole vivace e dai modi spesso sopra le righe, decide di festeggiare lì il Capodanno 1976 insieme alla compagna Antonia Gasparotta. Non è esattamente uno stinco di santo: è già finito a processo per falso, truffa e costruzione abusiva, insomma un imprenditore che si muove in aree grigie, ma che comunque non immagina che, tra i circa 60 avventori presenti quella notte, lui sia solo un pesciolino in una vasca piena di squali.
La serata, almeno fino a un certo punto, scorre tranquilla. Musica, luci soffuse, ballerine, champagne, un via vai continuo di avventori e “entraîneuses” che animano il locale. Intorno alle 3.30 del mattino, quando ormai è tempo di tornare a casa, la coppia si trova seduta a un tavolo, forse ancora con i bicchieri mezzi pieni e il fumo delle sigarette che cala lento sulla sala.
È in quel momento che si avvicina una ragazza di 18 anni, Rosetta Jannella, figura ben conosciuta nel mondo della prostituzione e già arrestata per concorso in omicidio, furto d’auto e passaporti. Una giovane che vive ai margini, in quel microcosmo torbido e pericoloso in cui si intrecciano sfruttamento, violenza, sopravvivenza. Quella notte, la Jannella è la fidanzata di un esponente di spicco del Clan dei catanesi, Angelo Santonocito, e si accompagna a Remo Capitaneo, personaggio con precedenti per gioco d’azzardo ed estorsione, uno che nei locali notturni di Torino è più temuto che conosciuto.
La ragazza si rivolge alla Gasparotta dicendole di conoscerla e di aver lavorato con lei a Milano, lasciando chiaramente intendere un coinvolgimento della donna nel mondo del sesso a pagamento. Un’affermazione pesante, soprattutto detta in un ambiente dove ogni parola può trasformarsi in veleno. Antonia, colta alla sprovvista, ribatte che si sbaglia, che si tratta di un equivoco. Ma Barile si irrigidisce, si insospettisce immediatamente e chiede spiegazioni alla fidanzata, che nega qualsiasi legame: è uno scambio di persona, insiste.
L’imprenditore però non si fida e, invece di lasciar correre, si alza per andare a chiedere chiarimenti direttamente alla Jannella. È un gesto imprudente, soprattutto considerando il contesto, la tensione crescente e l’alcol che scorre abbondante nelle vene dei presenti. La richiesta dell’uomo viene interpretata male da Capitaneo che, già alterato e probabilmente convinto che Barile stia minacciando la ragazza, reagisce in modo brutale: afferra una bottiglia e gliela spacca in testa.
Da quel momento la situazione precipita. Volano calci e pugni, insulti e minacce di morte, in un crescendo di violenza che il locale ha già conosciuto e che i camerieri provano a sedare come possono, trascinando via le sedie, gridando, tentando di separare i contendenti. Riescono in qualche modo a dividere i due uomini e suggeriscono a Barile di rifugiarsi nei camerini delle artiste. L’industriale prova a correre, barcolla, ma fa appena pochi passi: due proiettili calibro 7,65 lo colpiscono al cuore e allo stomaco, trafiggendolo e uccidendolo sul colpo.
A sparare, diranno in molti, è Michele Di Carlo, amico di Capitaneo, anche lui figura tutt’altro che limpida. Noto alle forze dell’ordine come sfruttatore di donne di vita, un paio d’anni prima era finito dentro perché una sera, in via Ormea, aveva tentato di mettere sotto con la macchina tre prostitute. Non riuscendoci, aveva accoltellato una di loro. Un curriculum criminale che lo rende uno dei protagonisti più inquieti della Torino notturna di quegli anni.
Di Carlo sparisce immediatamente dopo il delitto, latitante dal giorno seguente. Eppure, inchiodato dalla quantità di testimoni presenti, nega tutto anche quando viene arrestato l’8 luglio. Sostiene che a premere il grilletto sarebbe stato Santonocito e che la Jannella avrebbe potuto raccontare la verità.
Ma la ragazza non parlerà mai. Quella notte, trascinata fuori dal club proprio da Santonocito, viene accusata di aver causato la tragedia, picchiata selvaggiamente e scaricata in un albergo a ore di via Silvio Pellico. Qui, il giorno dopo, la trovano agonizzante dopo aver ingerito 120 pastiglie di un potente antidolorifico. Rimane una settimana in coma e poi muore in ospedale. Si è suicidata o è stata suicidata? È una domanda che resta sospesa, senza risposta definitiva.
Santonocito, dal canto suo, non avrà modo né interesse di confermare quella versione: verrà coinvolto nell’assassinio del commissario Rosano e morirà in una sparatoria con la polizia nelle Marche, portando con sé molte verità mai raccontate.
La confessione di “Michelone”, come viene chiamato Di Carlo, arriverà solo a processo, nel 1981, cinque anni dopo i fatti. Davanti ai giudici afferma: “Ho visto il mio amico con il volto coperto di sangue e allora ho sparato per far cessare la rissa: non conoscevo neppure la persona che è morta. Volevo esplodere un colpo in aria ma la pistola s’è inceppata. Poi ho sparato verso un’ombra, così, più che altro per paura”. Una versione che tenta di presentarlo come un uomo in preda al panico, che non avrebbe voluto uccidere.
Il tribunale riconosce a Di Carlo le attenuanti generiche, quelle della provocazione e del risarcimento del danno. La condanna finale è di 12 anni e 2 mesi di reclusione: una sentenza che chiude uno dei capitoli più cupi della Torino notturna degli anni Settanta, lasciando però una lunga scia di violenza, omertà e misteri irrisolti che ancora oggi raccontano molto di quel mondo chiuso, pericoloso e affollato di destini tragici.
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