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20 Dicembre 2024 - 16:19
Elena Piastra
Marco (nome di fantasia) fatica a salire le scale. Si ferma, ansimando, e ci guarda: “Aspettate qualche minuto, devo riprendermi.” Poi, con uno sguardo stanco e rassegnato, svuota il sacco. “Me la scrivete una cosa sul giornale? Le ho già provate tutte… Siete la mia ultima cartuccia...”
Ed è, neanche a dirlo, l’ennesima storia di disagio urbano che colpisce chi già deve affrontare le difficoltà quotidiane di vivere con una disabilità.
Siamo in via Spallanzani, dove si trovano tre stalli numerati dedicati ai portatori di handicap. Una soluzione che, sulla carta, dovrebbe garantire diritti e ordine, ma che nella realtà si trasforma in un groviglio di regole, controlli (o mancanza di essi) e dubbi.
“Una volta erano liberi”, racconta Marco. “Chiunque avesse avuto il tagliando poteva parcheggiare.”
Oggi le cose sono cambiate, ma non necessariamente in meglio. Le regole sono chiare, forse fin troppo: gli stalli numerati possono essere utilizzati solo dagli aventi diritto. Non dai parenti, non dagli affini, e, attenzione, se possiedi un garage, l’accesso viene revocato. Già. Ma chi controlla tutto questo?
“I vigili fanno questi controlli? Boh…”, si chiede Marco, con lo stesso tono di chi ormai ha perso la speranza e nutre seri dubbi sul corretto utilizzo...
“C’è uno strano viavai di figli, mogli, mariti, parenti e vicini di casa…”, sottolineano alcuni residenti...
Il sospetto, a questo punto, si trasforma in certezza: qualcosa non torna.
Nel frattempo, Marco si guarda intorno sconsolato: “E io dove dovrei parcheggiare? Io non voglio favoritismi, voglio solo parcheggiare! Il dubbio è che si muovano solo se hai in tasca una tessera del Pd..”
Nel quartiere, ci sono persone disabili che avrebbero diritto a un posto, ma per motivi burocratici o per l’assenza di stalli liberi, restano esclusi. E qui il paradosso raggiunge il suo apice: se un disabile parcheggia in uno di quegli stalli numerati, scattano subito le segnalazioni. E i vigili arrivano, precisi come un orologio svizzero, a multare. Quando però i cittadini provano a chiedere una soluzione, ricevono soltanto sguardi spazientiti e occhi rivolti al cielo. E, ovviamente, nessuna risposta concreta.
Marco non è il solo a chiedersi se questa situazione abbia una via d’uscita. La domanda, però, sembra cadere nel vuoto. Le regole ci sono, ma la loro applicazione è avvolta in una nebbia di burocrazia e inefficienza.
“C’è una soluzione o no?” insiste Marco, e con lui le altre persone che si trovano ogni giorno a lottare con un sistema che sembra incapace di tutelarli.
Insomma, la questione è aperta e la pazienza dei cittadini si sta esaurendo, proprio come il fiato di Marco ogni volta che deve salire quelle scale. Servono risposte, ma soprattutto azioni.
Perché dietro ogni permesso per disabile c’è una persona reale che non se ne fa nulla delle regole astratte ma chiede di poter vivere dignitosamente, a maggior ragione nella città della sindaca chiacchierona che sul “benessere” dei suoi concittadini continua a costruirci fiumi di parole. Ecco, appunto, soltanto parole…
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