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L'intervista

Da via Foglizzo a Parigi: Elena Piastra sogna in grande, ma inciampa nelle buche di Settimo

Promesse europee, citazioni da bar e una rivoluzione nel pensiero: ma i cittadini di Settimo preferirebbero strade asfaltate e risposte concrete ai problemi quotidiani

Elena Piastra

Elena Piastra

Che Elena Piastra, sindaca di Settimo Torinese, fosse una donna ambiziosa, lo avevamo intuito dalla lettura dei post su Facebook della sera, ma dopo aver letto la sua ultima intervista su La Stampa, ci viene il sospetto che stia puntando in alto, molto più in alto, più di Roma e di Bruxelles, minimo minimo a un Nobel per la filosofia applicata all'urbanistica e guai a chi ride...

“La città è il luogo del conflitto”, dichiara, come se stesse per svelare il terzo segreto di Fatima. Seguono riflessioni sulla disuguaglianza, la bellezza, le politiche di welfare e perfino su come un quartiere possa cambiare un'intera città.

Certo, a parole tutto è possibile, ma i cittadini di Settimo potrebbero chiedersi: e quando iniziamo a vedere qualcosa di concreto?

Piastra la "chiacchierona" parte da un tema molto pratico: abbattere quattro palazzine popolari prefabbricate degli anni ’70 in via Foglizzo. Dovevano essere strutture temporanee, durare vent’anni, ma in Italia niente è più stabile del provvisorio.

“Chi passa in graduatoria per una casa popolare mi chiede: per favore, non mandatemi in via Foglizzo”, racconta con un candore quasi disarmante.

Così, il suo sogno (perchè di questo si tratta) è di buttarle giù per ricostruirle (Piastra dei palazzi), un’idea che suona bene, ma solleva alcune domande: chi lo fa? chi ci mette i soldi? quanto ci vorrà? Quanti soldi serviranno? Perchè spargere false illusioni?

E soprattutto, che ne sarà di quelle famiglie nel frattempo?

“Con quel quartiere cambierà una città intera”, promette Piastra, lasciandoci immaginare una metamorfosi urbana degna di un film di fantascienza.

Non paga, la sindaca alza ulteriormente l’asticella, annunciando che con il PNRR ricostruirà due scuole e che una di queste sarà “la più bella d’Europa”.

Sì, avete capito bene: non del Piemonte, non dell’Italia, ma del continente intero.

Non si capisce bene chi decreterà questo primato, né quali criteri saranno usati, ma già immaginiamo la fila di architetti da Londra a Berlino a prendere appunti su Settimo Torinese, in processione in Municipio.

Per ora, però, l’unica cosa certa è che si tratta di un’altra delle sue sparate (Settimo insegna, Settimo fa scuola, Settimo è cultura...) che potrebbe rivelarsi altrettanto "campata in aria" quanto le nuove palazzine di via Foglizzo.

“La casa popolare significa riscatto sociale, non elemosina”, dice poi, con una fermezza che farebbe invidia a un ministro della Repubblica. E fin qui, nulla da obiettare.

Peccato che le politiche abitative italiane (lo dice lei) siano ferme dai tempi di Amintore Fanfani, e che Piastra, nel frattempo, si limiti a citare Parigi come esempio di città dove la casa accessibile è una realtà.

“Dovremmo abbassare i prezzi delle abitazioni lavorando col privato”, suggerisce, aggiungendo che in Francia esistono obblighi per calmierare i prezzi. Tutto molto bello, ma qualcuno dovrebbe spiegarle che i modelli stranieri sono utili solo se accompagnati da piani concreti. Altrimenti, sono chiacchiere da bar. Ecco appunto, il bar, dove ha passato la sua infanzia, è forse il suo vero problema...

Ma il meglio arriva quando Piastra si lancia in riflessioni socio-politiche degne di una conferenza TED.

“Oggi un neonato ha più possibilità di essere povero rispetto a un anziano”, afferma, e “il conflitto generazionale diventa di classe”.

Dichiarazioni che farebbero la felicità di un sociologo, ma che lasciano interdetto chi si aspettava risposte su temi un tantino più locali. Magari una spiegazione sul perché Settimo sia ancora alle prese con problemi di viabilità, di topi, di luci spente, di erba alta, di trasporti e sicurezza.

Quando le viene chiesto cosa significhi essere credibili in politica, Piastra risponde che servono politiche radicali e umane.

“Non slogan, ma cambiamenti profondi”, sottolinea. E qui arriva il momento clou: “In un Paese bloccato serve una rivoluzione”. Certo, peccato che per molti cittadini rivoluzione significhi solo poter tornare a casa senza inciampare in una buca stradale.

L’intervista si chiude con una riflessione sui giovani e sulla loro rabbia sociale. Secondo Piastra, “i ragazzi protestano contro la guerra perché non sanno che nome dare a una rabbia fatta di immobilismo”.

Bella frase, peccato che rimanga lì, sospesa, senza alcuna proposta concreta su come canalizzare questa rabbia in qualcosa di utile. Perché parlare di cambiamenti epocali è facile, ma risolvere i problemi quotidiani è un’altra storia.

Insomma, questa intervista sembra più un manifesto di intenti che un piano d’azione. Forse Elena Piastra punta a diventare la prossima influencer della politica italiana, una sorta di guru dell’amministrazione locale. Ma finché ai cittadini di Settimo mancheranno risposte pratiche, ci sarà poco spazio per filosofeggiare.

Anche perché, alla fine, la gente non vuole una sindaca filosofa: vuole solo un’amministrazione che sappia asfaltare le strade.

Piastra filosofa? E ci scappa da ridere...

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