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Cronaca

Bernardino Drovetti: la storia del visionario che portò l'Egitto a Torino

La straordinaria avventura di Bernardino Drovetti, tra diplomazia e archeologia, che diede vita al Museo Egizio di Torino

Bernardino Drovetti

Bernardino Drovetti: la storia del visionario che portò l'Egitto a Torino

In Piemonte, tra le colline e le valli che circondano Torino, si cela una storia di avventura, diplomazia e scoperta che ha contribuito a plasmare uno dei più importanti musei egizi al mondo. Bernardino Drovetti, nato a Barbania il 4 gennaio 1776, è il protagonista di questa affascinante vicenda. Figlio di un notaio, Drovetti si laureò in legge a soli diciotto anni presso la Regia Università di Torino, ma il suo destino era scritto nelle sabbie del deserto egiziano, piuttosto che nei codici legali.

Nel giugno 1796, Drovetti si arruolò volontario nell'esercito francese, seguendo le truppe in Lombardia e partecipando all'assedio di Mantova. La sua carriera militare fu rapida e brillante: nel 1797 fu promosso a sottotenente della Legione Cisalpina e, poco dopo, a capitano. Tuttavia, fu la sua nomina a sottocommissario alle relazioni commerciali ad Alessandria d'Egitto nel 1802, su segnalazione di Napoleone, a segnare una svolta decisiva nella sua vita.

Sbarcato ad Alessandria nel maggio 1803, Drovetti trovò un Egitto in tumulto, ancora scosso dalla ritirata delle armate napoleoniche. Fu qui che iniziò a tessere una rete di relazioni diplomatiche, stabilendo un rapporto di reciproco aiuto con Mehmet Ali, il nuovo governatore dell'Egitto. Questo legame si rivelò fondamentale per l'autonomia militare, politica e commerciale del paese.

La passione per l'archeologia

Durante il suo soggiorno in Egitto, Drovetti sviluppò un profondo interesse per le antichità locali. Avvalendosi della collaborazione di Antonio Lebolo, Jean Jacques Rifaud e Joseph Rosignani, si dedicò alla ricerca di reperti archeologici. La sua passione lo portò a esplorare la Valle del Nilo, i templi della Nubia e Abu Simbel, e a condurre scavi a Tebe e nelle oasi di Dakhla e Kharga.

La sua collezione di reperti, custodita inizialmente in magazzini egiziani e poi a Livorno, attirò l'attenzione di studiosi e collezionisti di tutta Europa. Tra questi, Auguste de Forbin, direttore dei Musei Reali di Francia, e Carlo Vidua, conte di Conzano, che nel 1820 propose al ministro degli Interni del Regno di Sardegna l'acquisto della collezione di Drovetti.

Il re Carlo Felice accolse la proposta di Vidua, e il 29 dicembre 1823 fu firmato l'atto d'acquisto di 8234 pezzi di antichità egizie al prezzo di 400.000 lire. Questi reperti, trasportati a Torino, costituirono il primo nucleo del Museo Egizio, ospitato nell'edificio dell'antico Collegio dei Nobili. La collezione suscitò immediatamente l'interesse degli studiosi, tra cui Jean François Champollion, che soggiornò a Torino per approfondire i suoi studi sui geroglifici. La strada per Menfi e Tebe, come affermò Champollion, passava davvero da Torino.

La collezione di Drovetti non solo arricchì il patrimonio culturale italiano, ma contribuì anche a consolidare il ruolo di Torino come centro di studi egittologici.

Negli anni successivi, parte della collezione di Drovetti fu venduta al Museo del Louvre e al Museo di Berlino, ma il suo contributo al Museo Egizio di Torino rimane inestimabile. Drovetti rientrò in patria nel 1829 per motivi di salute e trascorse i suoi ultimi anni a Barbania, dove morì il 9 marzo 1852. La sua vita, intrecciata tra diplomazia e archeologia, ci ricorda l'importanza della curiosità e della passione nella scoperta del passato. Bernardino Drovetti non fu solo un collezionista, ma un visionario che seppe vedere oltre le sabbie del deserto, portando un pezzo di Egitto nel cuore dell'Europa.

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