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04 Dicembre 2024 - 10:14
Stellantis
La vertenza Stellantis è ormai una questione di emergenza nazionale, e l’appello lanciato da Melfi durante un’assemblea pubblica affollata non lascia spazio a interpretazioni: “Serve l’intervento del Governo. Subito”. Un grido di allarme che si leva da un territorio dove migliaia di famiglie dipendono direttamente o indirettamente dal futuro dello stabilimento lucano. L’incontro, tenutosi nella sala consiliare del Comune, ha visto la partecipazione di lavoratori, rappresentanti sindacali, amministratori locali e cittadini comuni, tutti uniti dalla stessa urgenza: trovare risposte concrete prima che sia troppo tardi.
Le tensioni sono palpabili, soprattutto perché il 2024 si è rivelato un anno terribile per lo stabilimento di Melfi, con mesi in cui si è lavorato solo due o tre giorni. Le giornate di cassa integrazione hanno superato abbondantemente quota 100, e l’indotto ha subito colpi ancora più devastanti: molte aziende hanno già avviato licenziamenti, altre stanno solo aspettando di formalizzare una decisione inevitabile. In un contesto del genere, non bastano le rassicurazioni. L’assessore lucano allo Sviluppo Economico, Francesco Cupparo, ha cercato di allontanare i timori dichiarando di aver ricevuto rassicurazioni dal direttore dello stabilimento, ma le sue parole sono suonate deboli di fronte alla realtà vissuta ogni giorno da chi teme di perdere tutto.
John Elkann
A Melfi, e più in generale nel Vulture-Melfese, il legame con Stellantis non è solo economico: è una questione di identità. Fin dall’insediamento della Fiat negli anni Novanta, la fabbrica ha rappresentato la possibilità di costruirsi un futuro. Intere famiglie, spesso formate da più dipendenti dello stesso stabilimento, hanno basato le loro vite su quel lavoro. Mutui accesi, matrimoni pianificati, figli cresciuti con la speranza di seguire le orme dei genitori: tutto questo rischia di sgretolarsi sotto i colpi di una crisi che appare più grave di quelle del passato. “Anche altre volte abbiamo avuto paura per questa fabbrica”, raccontano i lavoratori più esperti, “ma ora sembra tutto nero, soprattutto per i più giovani”.
Il malcontento non riguarda solo il futuro. La rabbia è esplosa quando sono trapelate notizie sulle condizioni di uscita di Carlos Tavares, ormai ex amministratore delegato di Stellantis. Le cifre faraoniche della sua buonuscita hanno fatto da contraltare al dramma vissuto dai lavoratori italiani: cassa integrazione, incertezze e licenziamenti imminenti. Tavares, figura chiave e fermo sostenitore dell’elettrico, ha lasciato il timone del gruppo, e ora i sindacati chiedono garanzie concrete. Non basta la continuità promessa dal piano industriale illustrato al Mimit il 14 novembre. Servono impegni chiari e vincolanti sul futuro occupazionale e produttivo delle fabbriche italiane.
La situazione non è grave solo a Melfi. A Cassino, i lavoratori hanno bloccato l’ingresso delle merci, paralizzando la produzione di Maserati Grecale e Alfa Romeo Giulia e Stelvio, a causa della mancanza di pezzi. Nel Napoletano, a Pomigliano, le proteste di chi lavora per la Trasnova, un’azienda dell’indotto, hanno fermato la produzione per due giorni. Il clima è di tensione in tutta la galassia italiana di Stellantis, e i sindacati chiedono un cambio di passo. “Tavares si è dimesso. I lavoratori italiani rimangono”, ha dichiarato il segretario della Fiom, Michele De Palma, aggiungendo che non si può più aspettare per avere un piano industriale e occupazionale serio.
Il prossimo appuntamento cruciale sarà il 17 dicembre, quando il tavolo convocato dal ministro Adolfo Urso metterà di nuovo di fronte Stellantis, i sindacati, l’Anfia e le Regioni. Ci si aspetta un cambio di tono rispetto al passato, quando il confronto è stato spesso inconcludente. Il coinvolgimento diretto del presidente John Elkann, che ha assunto temporaneamente il ruolo operativo del gruppo, potrebbe rappresentare un segnale positivo. Elkann, infatti, ha avviato un dialogo diretto con la premier Giorgia Meloni e il ministro Urso, ma resta da vedere se questo porterà a risultati tangibili.
Tra i temi caldi, oltre all’occupazione, c’è il progetto della gigafactory e la possibile produzione in Italia della nuova piattaforma per le auto di piccole dimensioni, cruciale per il settore della componentistica italiana. Sul piano dei nuovi modelli, Stellantis ha annunciato cinque novità per Melfi entro il 2026, ma non basta. I sindacati chiedono garanzie precise sul rispetto dei tempi e delle promesse. Nel frattempo, altre fabbriche italiane attendono di sapere se i nuovi progetti le coinvolgeranno, mentre i lavoratori vivono in un limbo sempre più insostenibile.
Con la fine della cassa integrazione alle porte, il 2025 rischia di essere l’anno in cui il destino di circa 25.000 posti di lavoro, tra stabilimenti e indotto, sarà definitivamente deciso. “Non vogliamo licenziamenti unilaterali”, ha ribadito il segretario della Fim, Ferdinando Uliano. “Vogliamo garanzie, non promesse vuote”. Il futuro di Stellantis in Italia, e con esso quello di migliaia di famiglie, è appeso a un filo sempre più sottile.
L'uscita anticipata di Carlos Tavares non mette in discussione i programmi di Stellantis per l'Italia. Il piano con i modelli che l'azienda aveva portato al Mimit lo scorso 14 novembre andrà avanti, anche se restano nodi da sciogliere relativi alla produzione, ai modelli, all'occupazione e alla gigafactory.
Che cosa può succedere il 17 dicembre quando Stellantis, sindacati, Anfia e Regioni si ritroveranno di nuovo al tavolo convocato dal ministro Adolfo Urso? Il segnale di una svolta rispetto al passato, quando il confronto si è rivelato infruttuoso, potrebbe essere il dialogo con la premier Giorgia Meloni e il ministro Urso, subito avviato dal presidente John Elkann che, in attesa del nuovo amministratore delegato, ha preso le redini operative del gruppo.
Il confronto potrebbe entrare nel merito partendo dai risultati dei tavoli tecnici promossi sempre da Urso nei mesi scorsi. In questo caso, una leva su cui si potrebbe giocare è quella dei contratti di sviluppo con lo Stato che compartecipa agli investimenti di Stellantis, costringendo l'azienda a un cronoprogramma preciso relativo a ogni singola fabbrica con le relative garanzie occupazionali.
Tra i nodi da sciogliere ci sono quello del progetto della gigafactory, sospeso dall'azienda, e la possibilità che venga realizzata in Italia la nuova piattaforma per le auto di piccola dimensione che significherebbe coinvolgere e sostenere la componentistica italiana. Non è escluso che per dare forza agli impegni dell'azienda possa essere il responsabile dell'Europa di Stellantis, Jean-Philippe Imparato, a portare avanti la trattativa con il governo.
Sul fronte dei nuovi modelli, il piano di Stellantis ne prevede per Melfi cinque: nel 2025 uscirà nel primo trimestre la prima Ds e, nel terzo, la nuova Jeep Compass elettrica. Nel 2026 arriverà nel primo trimestre la seconda vettura Ds, nel secondo la Jeep Compass Ibrida e nel terzo la nuova Lancia Gamma. Valutazioni sono in corso per nuovi progetti a Pomigliano, dove i sindacati chiedono un modello di grande diffusione di segmento piccolo, mentre ad Atessa sarà prodotta la gamma elettrica del Ducato e a Cassino la Maserati Grecale andrà oltre il 2030.
A Mirafiori arriverà la 500 ibrida che affiancherà quella elettrica e le Maserati. Proprio il brand del Tridente è il punto debole del piano di Stellantis: al momento ci sono soltanto la GranTurismo e la GranCabrio, la Mc20 di Modena e il Grecale di Cassino. Non si parla più - lamentano i sindacati - della QuattroPorte elettrificata.
L'uscita di scena di Tavares, fermo sostenitore dell'elettrico, potrebbe dare slancio ai modelli ibridi, in alcuni casi già in programma come per la 500 e la Jeep Compass.
I segretari generali della Uil, PierPaolo Bombardieri, e della Uilm, Rocco Palombella, chiedono che "il presidente Elkann incontri le organizzazioni sindacali prima del tavolo convocato al Mimit per il 17 dicembre, per fare piena chiarezza sugli impegni occupazionali, produttivi e industriali di Stellantis in Italia".
"Tra i nodi da sciogliere c'è quello del nuovo ammortizzatore sociale visto che il prossimo anno con la fine della cassa integrazione sono a rischio 25.000 posti di lavoro tra Stellantis e indotto. Vogliamo garanzie sulle fabbriche e che non si proceda a licenziamenti unilaterali", aggiunge Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim.
"Tavares si è dimesso. I lavoratori italiani rimangono. E noi vogliamo un piano industriale e occupazionale subito", ha affermato il leader della Fiom Michele De Palma dopo le dimissioni dell'ad di Stellantis.
Il governo valuta un intervento a sostegno dell'automotive da inserire nella manovra. Non più incentivi ai consumatori ma alle aziende della lunga filiera della componentistica, dai motori alle marmitte, dai bulloni a vetri e cinture. Si parla di 400 milioni di euro. Misure circoscritte, le risorse sono poche. Ma segnerebbero un segnale, nel percorso di rilancio del dialogo con Stellantis dopo le dimissioni dell'ad Carlos Tavares. Un percorso tutto da verificare, non scevro di tensioni.
La richiesta bipartisan affinché John Elkann chiarisca al Parlamento il piano industriale e le prospettive occupazionali è accompagnato dall'auspicio del presidente della Camera Lorenzo Fontana: "Venga quanto prima in audizione", perché "un confronto con i parlamentari di maggioranza e opposizione è importante e necessario". Ma per ora il pressing non sfonda. Al presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli, che gli ha inviato il terzo invito a presentarsi in audizione, il presidente del gruppo ha ribadito che non è ancora il momento: vuole attendere la chiusura del tavolo al Mimit e l'apertura di quello a Palazzo Chigi, prima di valutare altre iniziative di confronto, compreso quello richiesto dalle forze politiche in Parlamento.
Inoltre nel governo si registrano approcci diversi. Matteo Salvini parte all'attacco: più che Tavares, in Stellantis "il problema è la proprietà, che di italiano ormai ha ben poco e ha preso soldi in Italia per decenni per aprire fabbriche all'estero". L'invito del vicepremier leghista a Elkann è a presentarsi in Parlamento "con un assegno che ricordi quanti miliardi di denaro pubblico negli anni questa azienda ha incassato". "Non è importante dove viene ma è importante cosa fa", taglia corto il presidente del Senato Ignazio La Russa.
E di tutt'altro tenore sono anche le considerazioni di Adolfo Urso, che dal colloquio con Elkann ha tratto "le condizioni per essere fiduciosi di poter condividere un piano Italia che vede il nostro Paese al centro dello sviluppo dell'auto europea". "Ora anche Stellantis condivide la necessità di rivedere il percorso di decarbonizzazione", rimarca il ministro delle Imprese (di FdI), che il 17 dicembre dirigerà il tavolo sull'automotive, dove Stellantis ha delegato Jean Philippe Imparato, capo dell'area europea. Per Urso "può segnare la svolta".
Un appuntamento che, chiedono Uil e Uilm, va preceduto da un incontro azienda-sindacati. Il tavolo al Mimit è il prossimo passo per cercare di allineare il dialogo tra azienda e governo, fin qui frenato dalle tensioni tra l'esecutivo e Tavares. Il primo c'è stato domenica, quando Elkann ha anticipato l'addio del manager portoghese alla premier Giorgia Meloni e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Dopo l'appuntamento al Mimit si capiranno i margini per spostare la questione a Palazzo Chigi, come chiedono i vertici aziendali e anche i sindacati. Lo scenario preoccupa gli operai, da Melfi a Mirafiori. Il governo ha fissato la priorità: tutelare i lavoratori degli impianti Stellantis in Italia, quelli dell'indotto e della logistica. Si cerca un asse per spingere l'Ue a "rivedere quelle norme che - ha notato Meloni - rischiano di mettere in ginocchio l'industria europea dell'auto".
E l'esecutivo studia le leve da usare. In manovra potrebbero entrare aiuti per stimolare ricerca e innovazione, e soprattutto per ridurre i costi energetici degli stabilimenti. "Il costo dell'energia è uno dei temi più delicati", nota il sottosegretario al Mimit Massimo Bitonci, spiegando che "allo studio del governo ci sono una serie di incentivi verso la componentistica italiana". Direttamente alle aziende, perché "quelli al consumo, un miliardo di euro quest'anno, non hanno prodotto i risultati attesi".
Pd, M5s, Avs e Azione hanno chiesto un'informativa urgente a Meloni su Stellantis. Condivisi con la maggioranza sono i giudizi sulla buonuscita a Tavares, che ammonterebbe a 100 milioni di euro secondo ricostruzioni di stampa, smentite però da Stellantis, secondo cui sono cifre "molto imprecise e lontanissime dalla realtà". "Io rinunciai alla mia buonuscita da commissario Ue, circa mezzo milione di euro", ricorda il vicepremier e leader di FI Antonio Tajani: "c'era la crisi dell'auto e mi sembrava giusto e opportuno lasciare quei soldi a chi perdeva il posto di lavoro. Mi auguro che questo piccolo gesto possa essere ripetuto da chi prende liquidazioni d'oro".
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