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04 Dicembre 2024 - 10:02
A distanza di dieci anni dalla morte si è deciso di intitolargli la palestra di Pont Canavese
La palestra di Pont verrà presto intitolata all’ex-presidente della Polisportiva Alfredo Ramberti. Lo ha deliberato la giunta comunale, anche in seguito ad una raccolta-firme organizzata dai suoi estimatori, ed ora si attende l’ok della Prefettura.
Il sindaco Paolo Coppo ne ha dato comunicazione nel corso del consiglio comunale del 28 novembre ma lo sapevano già tutti.
Ramberti, morto nel 2014 all’età di 71 anni, si era impegnato nella promozione dell’attività sportiva a livello amatoriale prima come amministratore comunale poi alla guida della citata Polisportiva.
Entrato in consiglio comunale nel 1983, durante il secondo mandato da sindaco di Pier Giorgio Giaccone, aveva avuto la delega allo Sport.
Era stato anche presidente della Consulta Comunale. Successivamente, al di fuori della vita amministrativa, si era dedicato a diffondere le pratiche sportive tra i giovani, che venivano contagiati dal suo entusiasmo.
A distanza di dieci anni dalla morte si è deciso di intitolargli la palestra, che di anni ne ha cinquanta e che non aveva mai avuto un’intestazione, forse anche per la storia travagliata della sua nascita. Ai tanti giovani pontesi e non che negli ultimi dieci, venti, trent’anni, hanno usufruito di quella struttura, sembrerebbe strano – se lo sapessero – pensare che ci fosse chi non la voleva eppure era così.
Paolo Coppo sindaco di Pont Canavese
Forse c’era minor consapevolezza della sua utilità e lo dimostra il fatto che non fosse stata prevista all’interno dell’edificio scolastico, che pure era stato costruito per far fronte alle nuove esigenze create dall’istituzione della Scuola Media Unificata, uguale ed obbligatoria per tutti. In paese una palestra c’era – quella dell’Oratorio Parrocchiale - ma era distante. Nella scuola veniva utilizzato come tale un locale del seminterrato, che però aveva dimensioni ridotte, presentava una serie di pilastri in successione e soprattutto aveva il soffitto troppo basso.
L’intenzione era di costruirla su un terreno adiacente ma non fu facile realizzarla anche perché la politica locale era divisa: i partiti di sinistra (all’epoca molto attenti ai luoghi della cultura e dello sport: scuole, biblioteche, palestre) la caldeggiavano; la Democrazia Cristiana la osteggiava.
Di mezzo c’erano questioni legate ai terreni da espropriare e poi il problema del vicino Condominio “Ettore”, i cui piani bassi sarebbero stati danneggiati dalla presenza di una nuova struttura. I pontesi che si appassionavano alla questione si dividevano tra chi difendeva i diritti dei proprietari di quegli alloggi e chi sosteneva che il progetto della palestra era precedente. Quale fosse la verità non era facile saperlo in un’epoca in cui non esistevano gli albi pretori digitali consultabili da casa.
Alla fine la palestra sorse, negli anni fra il 1972 ed il 1978, in cui socialisti e comunisti governarono insieme (furono cinque anni e mezzo invece di cinque per l’accorpamento di una serie di scadenze elettorali riguardanti un piccolo numero di Comuni). In base alle pessime regole non scritte che caratterizzano da sempre la politica italiana, le opere vengono realizzate a livello locale se e quando si hanno degli agganci nei posti che contano, si tratti a seconda dei casi del Parlamento o della Regione di appartenenza.
Nella neonata istituzione regionale, che aveva il medesimo colore della maggioranza pontese, gli agganci c’erano ed erano dovuti – sembra – soprattutto al Partito Socialista.
Nel giro di pochi anni l’utilizzo della nuova palestra s’impose anche al di fuori delle attività scolastiche e presto le divisioni furono dimenticate. È una struttura che appartiene a tutti e della quale tutti si possono servire.
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