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Da principessa a prigioniera: l'assurda storia di Lalla Fratoni

Lalla Fratoni, sindacalista di Novara, racconta la sua esperienza di violenza domestica e il percorso di rinascita

La storia di Lalla Fratoni

Da principessa a prigioniera: l'assurda storia di Lalla Fratoni

In una Torino che si celebra la giornata contro la violenza sulle donne, emerge la storia di Lalla Fratoni, 53 anni, sindacalista e componente del direttivo Filcams-Cgil di Novara. La sua è una testimonianza di dolore e rinascita, un viaggio che parte dall'oscurità della violenza domestica per giungere alla luce di un riscatto personale e sociale.

«La favola che diventa incubo», così Lalla descrive il suo passato, prendendo in prestito le parole di una nota criminologa. Un racconto che inizia con l'incontro con il suo ex marito, un uomo di qualche anno più giovane, con il quale condivideva molte affinità, tra cui una laurea in economia. «All'epoca mi sentivo una principessa», ricorda Lalla. Ma il sogno si è presto trasformato in un incubo, un cambiamento graduale che, col senno di poi, avrebbe potuto essere previsto. «Fin dall'inizio c'erano segnali che avrebbero dovuto farmi capire che stavo per finire in trappola», ammette.

Il percorso verso il baratro è iniziato con l'isolamento sociale e le rinunce professionali. «Accudire la casa e la famiglia era una priorità rispetto alle mie aspettative di carriera», racconta. Il marito era abile nel mascherare la sua vera indole, convincendola a lavorare part-time per dedicarsi alla casa. Poi sono arrivati gli insulti e, infine, le aggressioni fisiche. Nel 2007, Lalla ha trovato il coraggio di denunciare: «A quel punto non riguardava solo me, era nata nostra figlia e dovevo proteggere anche lei».

La storia di Lalla Fratoni

Il difficile cammino verso la libertà

La separazione non è stata facile. Lalla ha dovuto affrontare sensi di colpa e paure per il futuro della figlia. «Ho dovuto imparare a perdonarmi», confessa. Nonostante le difficoltà, ha intrapreso un percorso di crescita personale, investendo su se stessa e affrontando un percorso psicologico. Ha imparato a riconoscere il "tetto di cristallo" sotto il quale viveva, seguendo le regole di un patriarcato moderno ma distruttivo.

Oggi, Lalla racconta la sua storia senza vergogna, con la consapevolezza di aver raggiunto nuovi traguardi. «Le donne che sopravvivono a queste relazioni tossiche non possono e non devono essere lasciate sole dalla società», afferma con forza. Non vanno trattate come disabili, ma tutelate perché possano tornare a vivere. E il pensiero va anche ai figli, vittime dello stesso carnefice, ma più fragili. «Si parla troppo poco delle spese per i percorsi terapeutici e della sofferenza di questi bambini», sottolinea.

Lalla pensa alla figlia, ormai maggiorenne, ma non dimentica i giorni in cui ha assistito alle violenze del padre. «Aiutare i figli delle donne vittime di violenza vuol dire aiutare le donne», conclude. La sua storia è un faro di speranza per tutte quelle donne che ancora lottano nell'ombra, un invito a non arrendersi mai e a cercare sempre la luce, anche nei momenti più bui.

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