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12 Novembre 2024 - 09:41
"Cerco lavoro": quando la crisi occupazionale è più preoccupante di quanto sembri
C'erano una volta gli allievi Fiat, un simbolo di eccellenza nella formazione aziendale italiana. Questi giovani, spesso figli di dipendenti, entravano nelle officine del Lingotto per apprendere un mestiere, lavorando su macchinari all'avanguardia. Era un'epoca in cui l'industria automobilistica italiana viveva il suo boom, dagli anni Venti fino al periodo del miracolo economico. La formazione continua non era solo un'opportunità, ma una necessità per creare un'élite di lavoratori che rappresentasse la spina dorsale dell'azienda. L'istruzione tradizionale veniva dopo, ma molti di questi ragazzi finivano per frequentare anche il Politecnico, arricchendo ulteriormente il loro bagaglio di competenze.
Oggi, mentre facciamo i conti con i danni della cassa integrazione in Stellantis e non solo, ci rendiamo conto di quanto ci manchi quel modello di formazione. Secondo un rapporto di Unioncamere, nel mese di novembre le assunzioni sono calate di circa 5.000 unità, con una diminuzione dei lavoratori che supera il 50%. È un problema che affligge non solo le grandi aziende, ma anche le piccole e medie imprese dell'indotto e della manifattura in generale.
Il problema è talmente grave che mette sotto accusa l'intero sistema: dalle imprese che non investono nella formazione, alle scuole professionali, fino al delicato ambito dei compensi. Da tempo si parla della necessità di un Tavolo Nazionale del Lavoro, un progetto che, nonostante la sua importanza, continua a latitare. La mancanza di preparazione e professionalità riguarda sia i giovani che i lavoratori espulsi dalle aziende, incapaci di essere riqualificati.
I problemi del mondo del lavoro
È paradossale che in tempi di crisi non si riescano a incontrare le offerte delle imprese con le richieste dei candidati. Mancano figure professionali fondamentali come meccanici, idraulici, elettricisti, carpentieri e piastrellisti. Un mondo alla rovescia, dove le opportunità di lavoro esistono, ma non trovano chi le possa cogliere.
La soluzione non è semplice, ma potrebbe partire da un rinnovato impegno nella formazione professionale e da un dialogo costruttivo tra imprese, istituzioni e scuole. Investire nella formazione significa investire nel futuro del Paese, creando un sistema che sappia rispondere alle esigenze del mercato del lavoro e che valorizzi le competenze dei lavoratori.
La crisi del mercato del lavoro italiano è sempre più accentuata dalla mancanza di formazione mirata e dalla carenza di figure professionali chiave. Da anni, settori come la manifattura, la tecnologia, e persino l’artigianato soffrono la mancanza di personale qualificato, compromettendo la competitività del sistema produttivo italiano. Questa lacuna non solo frena lo sviluppo delle aziende, ma rischia anche di allontanare il Paese dalle innovazioni richieste dal mercato globale.
Una delle cause principali è l’insufficiente raccordo tra istruzione e mondo del lavoro. I percorsi scolastici e universitari tendono a essere poco flessibili e distanti dalle reali esigenze delle imprese, creando un disallineamento tra domanda e offerta di competenze. Le competenze tecniche, soprattutto in ambiti come l’informatica, l’ingegneria, e le nuove tecnologie, sono sempre più ricercate, ma non trovano risposta adeguata in un sistema formativo che fatica a rinnovarsi e ad aggiornare i programmi di studio.
Inoltre, l’Italia soffre la scarsità di percorsi di apprendistato e formazione professionale continua, elementi invece centrali nei modelli dei Paesi più avanzati. L’apprendistato, che altrove rappresenta un ponte tra scuola e lavoro, in Italia è spesso trascurato, lasciando i giovani senza esperienze pratiche e le aziende senza personale pronto ad affrontare le sfide del lavoro. Questa carenza è particolarmente evidente in figure chiave come tecnici specializzati, operai altamente qualificati, e professionisti IT, che risultano sempre più difficili da reperire.
Per rispondere a questa emergenza, sarebbe necessario un impegno congiunto tra istituzioni e imprese per riformare la formazione, con l’obiettivo di investire su competenze strategiche, valorizzare i percorsi tecnico-professionali e offrire aggiornamenti continui ai lavoratori. Solo così si può pensare di costruire un mercato del lavoro competitivo, capace di rispondere alle sfide di oggi e di domani.
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