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11 Ottobre 2024 - 13:27
Immagine generata con l'intelligenza artificiale
Giovedì 10 ottobre si è tenuta a San Mauro Torinese una conferenza-dibattito sul cyberbullismo, un tema al centro dell’attenzione e delle cronache da almeno una decina d’anni. Si tratta di atti di bullismo commessi online, con insulti, minacce, e condivisione sui social media di foto e video che mettono a disagio la vittima.
A preoccupare è specialmente l’incidenza del fenomeno nella fascia d’età tra gli 11 e i 14 anni, quando i ragazzini sono ancora preadolescenti e non sono ancora perseguibili legalmente. Le scuole più colpite da questo fenomeno sono le medie, anche se non manca qualche caso già alle elementari.
A partecipare all’incontro sono stati il prof. Salvatore Scirpo (dirigente dell’IC1 di San Mauro), Daniele Bagarin (assessore alle politiche educative) e la dott.ssa Elena Ferrara (ex-senatrice e prima firmataria della legge 71/2017 contro il cyberbullismo).

Il dott. Scirpo ha sottolineato come ansia, autolesionismo e disturbi alimentari possano essere spia di casi di cyberbullismo.
«Le scuole devono anzitutto prevenire queste situazioni – ha dichiarato il preside – con progetti di educazione digitale, come la ‘Patente dello smartphone’, e con referenti appositi. Non basta più sanzionare il bullo, ma far sì che si scusi realmente e si riavvicini al bullizzato. Le scuole possono poi avvalersi di specialisti e di un apposito sportello di ascolto psicologico, ma serve anche l’appoggio delle famiglie».
«Fondamentale è poi la rieducazione del bullo: bisogna fargli capire che è responsabile delle sue azioni, ma che non è un colpevole; deve capire che il bullismo è una scelta sbagliata, non un destino» ha aggiunto.
È intervenuta poi l’onorevole Ferrara, che è stata anche docente di musica nelle scuole secondarie:
«Ho usato l’aula di musica per contrastare fenomeni di bullismo: è un ambiente più libero, in cui emergono facilmente comportamenti a cui prestare attenzione, ma è anche un luogo in cui si può contrastare l’emarginazione. Nella fascia d’età tra gli 11 e i 14 anni, davanti a cambiamenti corporei e relazionali molto rapidi, è fondamentale la domanda: ‘chi voglio diventare?’ Diventare bulli è un modo per essere ‘qualcuno’ davanti agli occhi dei propri pari, da cui i ragazzini cercano molto l’approvazione».
La dottoressa ha poi sottolineato come, nel caso del cyberbullismo, i ruoli di bullo e vittima tendano a volte a confondersi: il 50% di chi viene bullizzato online reagisce con altrettanti insulti e atti di vendetta.
«Sulla rete il dolore non si vede e non si sente – ha proseguito –, e quindi non viene percepito veramente da quei ragazzi che anche semplicemente stanno a guardare senza fare nulla, temendo inoltre di fare la figura della spia. I social sono i luoghi in cui postiamo foto di vacanze e divertimenti, perché la nostra società non vuole vedere il dolore. Quindi online non ci si può rendere veramente conto dell’impatto delle parole».

Al di là delle offese per iscritto, un altro tema riguarda la condivisione e il download di foto compromettenti: non si tratta solo di revenge porn, come nei casi più estremi, ma anche foto fatte di nascosto negli spogliatoi o in altre occasioni per schernire il corpo della vittima.
«Oggi ci interessa l’intera community, perché dobbiamo superare la diade bullo-vittima. La scuola e le famiglie possono creare un’alleanza educativa per prevenire e contrastare questi atti. Anche i genitori possono fare molto: devono capire che i loro figli non saranno mai perfetti e non soddisferanno mai del tutto le loro aspettative» ha aggiunto la dott.ssa Ferrara.
Nel corso del suo intervento, si è soffermata poi sulla legge 71/2017, che intende prevenire e contrastare il bullismo online: «Il provvedimento è rimasto però incompleto in alcune parti: sette anni fa era prevista una cabina di regia interministeriale per affrontare il tema in modo capillare, ma non è mai stata fatta. Il cyberbullismo ha iniziato a interessare scuole, operatori socio-sanitari e polizia postale, vista la correlazione talvolta con dipendenze e pedopornografia, ma è mancata una regia nazionale più ampia. Ultimamente anche le stesse aziende che gestiscono i social si sono sentite chiamate in causa, e oggi la legislazione europea prevede il diritto dei minori di poter oscurare foto ritenute lesive della loro dignità, ma col problema che qualcuno può sempre già aver salvato i contenuti. Se poi i ragazzini dichiarano una data di nascita falsa per poter usare i social, il sistema penserà con anni di anticipo che siano già diventati maggiorenni, e a quel punto vengono meno queste tutele».
Il suo intervento è terminato sottolineando come questa legge non avesse carattere sanzionatorio – trattandosi anche di ragazzini giovanissimi sotto i 14 anni, non perseguibili legalmente, al contrario dei loro genitori – anche se negli ultimi anni si è provato a renderla più punitiva:
«Più che sanzionare dobbiamo rieducare e prestare attenzione a che cosa provino veramente i ragazzini coinvolti. Dobbiamo metterli nella condizione di potersi fidare degli adulti».
Nel corso del suo discorso, non sono mancati diversi accenni alla celebre vicenda di Carolina Picchio, considerata la prima vittima di cyberbullismo in Italia.
Carolina, nata nel 1997, era una ragazza di 14 anni che viveva a Novara. Nel gennaio 2013, dopo essere stata pesantemente bullizzata sui social media, si è tolta la vita gettandosi dalla finestra della sua abitazione.
Il bullismo che subì era legato alla diffusione senza il suo consenso di un video in cui veniva umiliata durante una festa. Non riuscendo a sopportare il peso di questa persecuzione virtuale, Carolina lasciò una lettera in cui espresse il suo dolore e la sua disperazione, chiedendo perché nessuno l'avesse aiutata.
La sua morte scosse profondamente l'opinione pubblica, portò a un importante dibattito e alla nascita della legge 71/2017.
Il suicidio rimane oggi la seconda causa di morte tra i giovani – preceduta solo dagli incidenti stradali – ed è sintomo di un diffuso disagio psicosociale, peggiorato in seguito al Covid. Tuttavia, senza una legge ad hoc sul cyberbullismo, oggi sarebbe ben più difficile affrontare questi casi di violenza che riguardano dei giovanissimi.
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