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14 Settembre 2024 - 23:47
Nel cuore di Torino, tra il traffico incessante e il grigiore delle costruzioni urbane, si cela un angolo di natura in cui la biodiversità riesce ancora a respirare: il Parco del Meisino. O meglio, riusciva, perché da tre giorni il fragore delle ruspe ha sostituito il canto degli uccelli, che fino a poco tempo fa trovavano rifugio tra la folta vegetazione. Il motivo? Un progetto finanziato dal PNRR da 11,5 milioni di euro, volto alla costruzione di un “centro per l'educazione sportiva e ambientale”, che, ironia della sorte, sembra minacciare proprio ciò che dovrebbe educare a proteggere.
Il Parco del Meisino, riconosciuto come Zona di Protezione Speciale (ZPS), è un sito di rilevanza internazionale, noto per essere uno dei principali punti di nidificazione dell’Airone Cenerino, secondo solo a pochi altri luoghi in Europa. Questa zona protetta ospita una fauna selvatica straordinaria, tra cui ricci, uccelli migratori e altri animali in pericolo. L’habitat ideale per una biodiversità che, con la progressiva antropizzazione, rischia di scomparire.
Il piano di riqualificazione riguarda il 10% dell’intera superficie del parco, una percentuale che, tradotta in termini di danni ecologici, può sembrare piccola, ma che, in realtà, rappresenta una ferita letale in un ecosistema delicato come quello del Meisino. Le ruspe stanno lavorando per aprire una strada lungo il perimetro interno della ZPS, con l’obiettivo di creare un accesso al cantiere per la ristrutturazione della Cascina Malpensata, un edificio situato in una zona alluvionale e circondato da una vegetazione che rappresenta un rifugio prezioso per la fauna selvatica.
A dare l’allarme, il dottor Massimo Vacchetta, del Centro Recupero Ricci “La Ninna” di Novello, che ha eseguito sopralluoghi sul sito e ha chiesto l’immediata sospensione dei lavori tramite PEC. Il veterinario è preoccupato per i ricci, una specie protetta che in questo periodo dell’anno ha ancora cucciolate da svezzare.
I lavori potrebbero compromettere seriamente la sopravvivenza dei piccoli animali, provocando una vera e propria strage silenziosa. "Non possiamo permettere che l'intervento avvenga in questo momento critico per la fauna", ha dichiarato Vacchetta, che ha richiesto che i lavori vengano posticipati a fine ottobre, quando i cuccioli saranno già autonomi e non più dipendenti dalle madri.
Questa richiesta non è del tutto nuova per le autorità torinesi. Solo lo scorso anno, un progetto simile in via Druento fu rimandato proprio per salvaguardare la fauna, grazie alla collaborazione tra la Città Metropolitana e l’Amministrazione di Torino. Eppure, questa volta, le ruspe non si sono fermate. "È paradossale che un’area a protezione speciale venga violata da interventi che potrebbero mettere a rischio la fauna selvatica", continua Vacchetta, puntando il dito contro l’eccessiva antropizzazione di zone che dovrebbero rimanere inaccessibili ai progetti edilizi.
L’intervento al Meisino solleva non solo questioni ecologiche ma anche legali. Due sono le violazioni del codice penale che si potrebbero prefigurare: maltrattamento animale e danno alla fauna selvatica, che è considerata un patrimonio indisponibile dello Stato. "Il riccio è una specie protetta e va assolutamente salvaguardata", insiste Vacchetta, sottolineando che il suo Centro è pronto a collaborare con le istituzioni per mettere in sicurezza gli animali e limitare i danni ambientali.
Il caso del Meisino, inoltre, ha già suscitato la mobilitazione dei cittadini.
Sabato 14 settembre, infatti, si è tenuta una manifestazione pubblica che ha visto scendere in piazza associazioni ambientaliste e semplici cittadini preoccupati per la sorte del parco. La protesta, partita da Piazza Modena, ha portato decine di persone a chiedere con forza la sospensione dei lavori, per tutelare uno degli ultimi polmoni verdi della città. Tra i partecipanti, ovviamente, anche il dottor Vacchetta, che ha ribadito l'importanza di preservare questo fragile ecosistema. “Il Meisino è uno spazio che appartiene a tutti, non solo agli animali che vi vivono. Se permettiamo che venga deturpato, perdiamo un pezzo della nostra identità, della nostra storia naturale”, ha commentato durante la manifestazione.
La domanda che aleggia è inevitabile: vale la pena sacrificare un habitat naturale di così grande valore per la costruzione di un centro che si propone di insegnare l’importanza dell’ambiente? Se le aree verdi vengono distrutte, che tipo di educazione ambientale possiamo sperare di trasmettere? Forse è arrivato il momento di ripensare a questo tipo di interventi, che, se non gestiti con la dovuta attenzione, rischiano di compromettere per sempre la biodiversità delle nostre città.
Nel frattempo, il parco del Meisino continua a essere squarciato dal rumore delle ruspe, mentre l’eco delle proteste si fa sempre più forte. La speranza è che le istituzioni torinesi ascoltino il grido d’allarme lanciato dal dottor Vacchetta e dai cittadini, e che fermino i lavori prima che sia troppo tardi. Ma la domanda resta: chi avrà il coraggio di dare voce agli animali che non possono parlare?
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