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Per chi suona la campana

Il suicidio della rivoluzione

Il carteggio Bettazzi-Berlinguer: l'incontro tra marxismo e cattolicesimo nel contesto della strategia culturale del PCI

Monsignor Luigi Bettazzi, Ivrea

Monsignor Luigi Bettazzi

Alcuni lettori ci hanno chiesto ulteriori delucidazioni rispetto al carteggio Bettazzi-Berlinguer, oggetto del post della scorsa settimana, in particolare circa il materialismo marxista, la posizione del PCI e il motivo per cui tanti cattolici vi aderirono, questioni tutte che non possono certo essere riassunte in poche righe.

Cominciamo dal marxismo e facciamo parlare una delle tesi approvate dal congresso del PCI nel 1960: «Il marxismo-leninismo è una concezione unitaria del mondo».

Enrico Berlinguer

Enrico Berlinguer

Questa concezione è il materialismo dialettico, e il materialismo storico è l’applicazione del materialismo dialettico alla società. La dittatura del proletariato e l’evoluzione che travolgerà la religione, la famiglia e la proprietà sono i cardini del marxismo-leninismo.

Queste teorie non furono rinnegate nella risposta che Enrico Berlinguer diede a monsignor Luigi Bettazzi, in quanto, pur affermando che il PCI era un partito «praticista», si sosteneva che esso «ha un suo respiro ideale (cioè una ideologia), costituito dalla vivente lezione del pensiero politico rivoluzionario» e «dei fondatori del movimento comunista», per cui il segretario, oltre a rivendicare il centralismo democratico, vantava per il PCI «l’ispirazione marxista-leninista che è la ragione del nostro successo» e l’attingere «alla ricca esperienza del movimento operaio internazionale, dell’Unione Sovietica, della Cina popolare e di tutti i paesi di nuova democrazia (Europa dell’Est), partecipando allo scambio di esperienze con i partiti comunisti di tutto il mondo».

La strategia del PCI per la conquista del potere era quella elaborata da Antonio Gramsci, che si fondava sulla conquista dell’egemonia nella cultura. In questo quadro si capisce il compito che Gramsci affidava ai cattolici progressisti, ovvero quello di lavorare per il comunismo e poi suicidarsi. Essi, infatti, impegnandosi a togliere dall’arretratezza le masse contadine, le avrebbero consegnate alla modernità, alla democrazia individualistica e quindi all’ateismo; perciò, niente persecuzione, ma conquista culturale, il cui esito magistrale consisteva nel far fare ai cattolici le riforme decisive nella scristianizzazione del nostro Paese: divorzio, aborto, ecc.

Che è poi, a ben vedere, quello che è successo e succede tutt’ora, in molti casi, quando i cattolici hanno fatto e fanno le mosche cocchiere della modernizzazione, infine suicidandosi. Solo che, in seguito, di suicidi ce n’è stato anche un altro, quello del comunismo: dismettendo l’utopia rivoluzionaria, il comunismo è diventato un fenomeno borghese, tipico della modernità, ovvero della modernità della decadenza, secolarizzando completamente le masse e dando vita alla società opulenta dell’irreligiosità occidentale.

Questo, già agli inizi degli anni Sessanta, il filosofo Augusto Del Noce lo aveva compreso e scritto; monsignor Bettazzi e i cattolici di sinistra, invece, no. Per questo la sua lettera a Berlinguer è datata e rimane un reperto del suicidio dei cattolici, così come Gramsci aveva profetizzato, perché si fondava sull’impossibile separazione dell’analisi marxista-leninista della società dalla prassi, che è, per sua natura, antireligiosa.

L’illusione dei cattocomunisti nasce da una incomprensione del carattere totale del marxismo. Il filosofo marxista Ernst Bloch, pur rimanendo coerentemente ateo, aveva lanciato un ponte fra marxismo e cristianesimo. Esso, però, andava attraversato in un solo senso, sempre da cristiani che passano al marxismo e mai viceversa. Soltanto tardivamente alcuni cattolici - ma non monsignor Luigi e i suoi sodali - avrebbero riconosciuto che il comunismo non era un’idea eticamente perfetta ma realizzata imperfettamente, bensì un’idea orribile perfettamente realizzata, non un’idea regolativa, ma una società, un’economia, uno stile per cui il socialismo reale era l’unico comunismo possibile.

* Frà Martino

Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen

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