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Per chi suona la campana
30 Giugno 2024 - 06:30
Il vescovo di Ivrea, monsignor Aldo Edoardo Cerrato, ha dato un annuncio importante: quest'anno, accogliendo un invito rivolto tre anni fa, parteciperà alla festa del patrono della diocesi, San Savino, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Questo rappresenta certamente un avvenimento di carattere ecumenico.
Come per tutte le iniziative prese in questi anni da monsignor Cerrato, il decadente progressismo eporediese non ha giubilato. La spiegazione è ovvia: per loro l'ecumenismo è solo quello con i riformati protestanti, ai quali (e ci siamo quasi!) dobbiamo assimilarci. Per loro, gli ortodossi rappresentano il «come eravamo» dei cattolici che invece, grazie a una visione distorta del Vaticano II, avremmo superato, avviandoci verso quelle «sorti magnifiche e progressive» i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Gli ortodossi hanno poi molti difetti: sono nazionalisti, retti da una sinodalità vera e non fatta di chiacchiere, vivono una liturgia splendente nei riti che non intendono sottoporre a revisione, anche per non finire nel nostro «fai da te», dove ogni parrocchia inventa il suo rito. Non molti sanno che ai lavori della commissione per l'esecuzione della riforma liturgica del Vaticano II parteciparono solo esponenti protestanti, mentre gli ortodossi non furono invitati poiché, secondo gli strateghi del modernismo, non avrebbero avuto nulla di importante da dire.
Si pensi che nell'ortodossia russa - la più estesa - l'unico scisma si ebbe nel XVII secolo quando furono introdotte minime riforme nei riti, dando origine al movimento dei Vecchi Credenti. Fu Benedetto XVI a dare un forte impulso all'ecumenismo con gli ortodossi, aprendo un percorso di dialogo basato su grande rispetto e sincera simpatia, anche sul piano teologico, avendo in comune «alcuni fondamentali principi ecclesiologici». Fra questi, il papa elencava: «la natura sacramentale della Chiesa, la successione apostolica nel servizio sacerdotale, l'urgenza di dare testimonianza al Vangelo di Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore del mondo».
Nel 2006, papa Ratzinger si recò in visita al Fanar, la sede patriarcale di Costantinopoli, per far visita a Bartolomeo, il quale disse che i contributi di Benedetto XVI con l'ortodossia «lasceranno innegabilmente il segno nella storia».
La recente dichiarazione Fiducia Supplicans, che prevede la benedizione delle coppie omosessuali, ha invece causato una battuta d'arresto in campo ecumenico. Infatti, il sinodo della Chiesa ortodossa copta ha deciso, a seguito del provvedimento, di interrompere le relazioni e il dialogo ecumenico con la Chiesa di Roma.
Per questo, un mese fa il cardinale Tucho Fernández, soprannominato il «besame mucho», è volato ad Alessandria d'Egitto per conferire con papa Tawadros II, spiegandogli che quelle benedizioni avverranno quasi di nascosto e dureranno pochi minuti. Niente da fare. Il patriarca copto ha spiegato a Tucho che nell'Ortodossia il governo è collegiale: comanda il sinodo e lui non è il papa di Roma, ma solo un portavoce.
Con i protestanti è tutto più semplice. Da tempo ormai alcune confessioni riformate hanno pastori e pastoresse sposati con partner dello stesso sesso e così pure «vescovi» e «vescovesse». Perché San Paolo era un reazionario e poi, perché love is love.
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