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Strage di Brandizzo: l'ex caposcorta Antonio Massa rompe il silenzio: "Rfi mi ha dimenticato e tradito"

Accusato di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario, ha rinunciato al ricorso contro il licenziamento

Antonio Massa, ex dipendente RFI

Antonio Massa, ex dipendente RFI

Era una notte tranquilla quella tra il 30 e il 31 agosto, una notte di lavoro come tante altre fino a quando un treno vuoto, diretto a Torino, lanciato in piena corsa, travolse cinque operai della Sigifer sui binari di Brandizzo, spezzando vite e lasciando una scia di dolore e domande senza risposta. Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà stavano lavorando sui binari senza che fosse stata autorizzata l’interruzione della circolazione ferroviaria.

Oggi, Antonio Massa, l'ex caposcorta di Rfi indagato per la morte degli operai, rompe il silenzio.

"Ormai tanti ex colleghi si sono dimenticati di me" inizia così la lettera inviata da Massa, accusato di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario. In essa, ricostruisce il suo stato d’animo, i rapporti con la società per cui lavorava e la sua rinuncia a impugnare il licenziamento. Massa, considerato il principale indagato della strage, era stato allontanato da Rfi poco dopo la tragedia. Inizialmente aveva deciso di presentare ricorso, ma ieri ha cambiato idea, evidenziando come i rapporti con Rfi siano ormai irrimediabilmente compromessi.

"Pur continuando a sostenere di aver operato sempre correttamente nell'interesse dell'azienda, ho deciso di rinunciare all'impugnazione" scrive alla Filt Cgil, che gli aveva offerto supporto legale.

Massa ricorda con orgoglio il suo percorso: "Ho lavorato orgogliosamente e con passione per Rfi per ben 17 anni. Posso dire di essere cresciuto all'interno dell'azienda per la quale ho prestato servizio a partire dal 2006. Ho sempre operato con la massima professionalità e diligenza". Tuttavia, si sente tradito dall’azienda: "Rfi ha deciso, prima ancora che il procedimento penale arrivi a giudizio, di interrompere un rapporto lavorativo così profondamente radicato. Questo aspetto è per me profondamente doloroso".

Le sue parole trasudano il dolore di chi si sente trattato come un capro espiatorio: "L'azienda ha usato due pesi e due misure" commenta Giuseppe Santomauro della Filt Cgil Piemonte. Da circa un mese, Massa ha iniziato a lavorare come fattorino per una piccola cooperativa di Leinì, collaborando con la Fercam. "Non riesco a superare il dramma di quella maledetta notte. Non c'è giorno della mia vita in cui non pensi a quei ragazzi e alle loro famiglie e so che sarà così per sempre. Sto cercando di fare percorsi psicologici, mi aggrappo a quello che posso, alla buona coscienza e alla fede. Sono credente e so che loro dall'alto sanno come sono andate le cose, e sanno che mi sono comportato con prudenza e diligenza".

I cinque operai morti quella tragica notte

Il suo avvocato, Antonio Maria Borello, sottolinea che Massa ha deciso di chiudere un capitolo doloroso della sua vita. Tuttavia, per la procura, lui resta il principale indagato, in quanto aveva il compito di verificare l’interruzione della circolazione ferroviaria.

Un video mostra Massa che, prima del passaggio del treno per Milano, avrebbe fatto allontanare gli operai dai binari. Poi, mentre era al telefono con la capostazione di Chivasso, che aveva negato per tre volte la sospensione della circolazione, gli operai sarebbero tornati sui binari. Questo, secondo molte testimonianze, era una prassi diffusa: lavorare anche senza il via libera formale.

Il dramma di Brandizzo continua a risuonare con forza nella vita di Antonio Massa, un uomo che si sente tradito e dimenticato, ma che continua a lottare per trovare un senso in un evento che ha segnato per sempre la sua esistenza. La sua storia è un monito sulle responsabilità e le conseguenze di una tragedia che ha cambiato per sempre molte vite.

Antonio Massa con l'avvocato Antonio Maria Borello

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