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Dalla fabbrica Paramatti a piazza Campidoglio

Storia ed evoluzione di un’area urbana a Settimo Torinese. Testo di Vito A. Lupo e Marianna Sasanelli per la rivista Canavèis

IN FOTO Il fronte della fabbrica Paramatti su via Torino a Settimo negli anni Trenta del ‘900.

IN FOTO Il fronte della fabbrica Paramatti su via Torino a Settimo negli anni Trenta del ‘900.

Esattamente cento anni fa veniva trasferita a Settimo Torinese la fabbrica di vernici Ratti & Paramatti (poi Paramatti), affermatasi con forza nel panorama industriale nazionale già dal 1896 grazie al brevetto della vernice antisettica Psicroganoma. 

Cuore pulsante della fabbrica settimese era la centrale termica dello stabilimento, caratterizzata da parte di quelle caldaie Lancashire che oggi trovano spazio in un percorso espositivo di archeologia industriale nella Biblioteca Civica e Multimediale Archimede.

Proprio nella biblioteca realizzata in seguito allo smantellamento della fabbrica, recentemente è stata allestita una mostra permanente dedicata alla Paramatti che, oltre ai reperti recuperati dello stabilimento, vede esposti oggetti, barattoli, foto, pubblicità e cataloghi d’epoca che hanno segnato la storia di un marchio in produzione dal 1847 ad oggi.

La storia della fabbrica è stata così restituita alla collettività grazie ad un intenso lavoro di recupero della memoria del luogo e del lavoro che in esso si svolse (1). Altro segno importante di questo percorso di valorizzazione storica è l’opera Colonne di Fumo, realizzata nel 2009 dallo scultore tedesco Johannes Pfeiffer (lungo la facciata principale della biblioteca) con i mattoni della ciminiera di 34 metri che un tempo si innalzava in quella che oggi è piazza Campidoglio.

Proprio con la realizzazione della biblioteca, la piazza antistante ha assunto ufficialmente l’antico toponimo con cui, almeno sino alla metà del Novecento, i vecchi settimesi identificavano tradizionalmente il tratto iniziale di via Torino.

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Il nucleo originario dello stabilimento era difatti ubicato in borgata Campidoglio a Torino, presso la barriera daziaria del Martinetto e la borgata Valdocco, culle secolari della proto-industria torinese. 

Il toponimo Campidoglio ha dunque accompagnato il trasferimento della Paramatti da Torino a Settimo, in coerenza con il costante rapporto esistente nella nostra città tra lavoro e sapere. Caratteristica ricorrente nella nostra storia recente è infatti la forte continuità fisica e storico-urbanistica fra i luoghi di produzione di beni materiali ed i luoghi di produzioni di beni culturali, che lega indissolubilmente gli uni agli altri come identità stessa della comunità locale. 

Questa peculiarità ebbe inizio già a metà dell’Ottocento con la graduale trasformazione da impresa artigianale ad industriale del Mulino Nuovo, oggi convertito in centro ecomuseale e polivalente. Tale vocazione è peraltro riscontrabile anche nei processi insediativi delle biblioteche di cui, via via, si è dotata la città: la prima in un ex forno da pane nei pressi di vicolo Beccaria; la Biblioteca Gasti sul sedime dell’ex stabilimento tessile Gamna e l’attuale Biblioteca Archimede sull’area dismessa della Paramatti.

La società Paramatti nel contesto subalpino e nazionale fra Otto e Novecento.

Nel 1913 si installa in Settimo Torinese, per rimanervi un lungo sessantennio, la fabbrica di vernici, smalti, colori e pennelli Annibale Paramatti. Sin dalla sua entrata in produzione, avvenuta l’anno successivo, il rapporto fra lo stabilimento e la cittadina, allora in pieno sviluppo industriale, sarà profondo e complesso, caratterizzato da una marcata reciprocità.

La Paramatti formerà intere generazioni di tecnici e maestranze non solo locali e influenzerà (insieme ad un altro colosso chimico del tempo, lo stabilimento Schiapparelli, giunto a Settimo nel 1907) lo stesso sviluppo urbanistico della cittadina. In realtà, la storia della Paramatti investe un contesto sensibilmente più ampio del mero ambito settimese, poiché viene ad occupare un segmento importante della nascente industria chimica italiana a cavallo fra Otto e Novecento.

Industria che fonda le sue radici in gran parte nella Torino cavouriana degli Albani, degli Sclopis, dei Sobrero e degli Schiapparelli, quello della chimica sarà uno dei comparti-guida che influiranno sia sullo sviluppo produttivo della Torino post-unitaria, sia sulla sua cultura tecnico-scientifica che, da qui, sarà modello per il resto del territorio nazionale appena formato.

La società, rifondata nel 1906 dopo la morte del socio Ernesto Ratti, raccoglie un’eredità tecnologica e commerciale risalente al 1847, allorquando il padre di quest’ultimo, Giovanni, apre un laboratorio a Torino in via San Francesco d’Assisi per la produzione di materiale colorante. È una delle prime attività di questo tipo ad impiantarsi in Italia, dal momento che società prestigiose come Max Meyer (Milano, 1895), Duco (Milano, 1928), ACNA (Milano, 1929) non datano che a periodi notevolmente più tardi.

Nel decennio 1870 entra nella società l’industriale Annibale Paramatti, originario di Alessandria, cui fa seguito la costruzione di un moderno «stabilimento a vapore» immediatamente al di fuori della cinta daziaria della città, nel borgo Campidoglio allora in via di formazione. È utile rimarcare che questa fu la prima delle numerose borgate sorte in prossimità delle barriere daziarie torinesi sin da quel fatidico 1864, anno in cui, col venir meno del ruolo di capitale, Torino si troverà a operare una complessa e sofferta metamorfosi strutturale che la porterà, nel volgere di un ventennio, ad essere uno dei poli trainanti dell’industria nazionale.

IN FOTO Una veduta aerea dello stabilimento

IN FOTO Una veduta aerea dello stabilimento

Viene fondata e si sviluppa per iniziativa privata dei soci Momigliano e Segre, i cui contatti ricorrenti con il territorio Settimese (nel quale esercitavano una fornace insieme all’industriale Muggia, fra le prime a sistema Hoffmann del Torinese, allora la più innovativa tecnologia di cottura dei laterizi), unitamente al supporto ad essi fornito dall’ing. Enrico Bonelli, esponente minore dell’Art Nouveau subalpina, saranno in seguito determinanti per la rilocalizzazione dello stabilimento.

Storia di primati, quella che lega la Ratti & Paramatti alla sua Torino: anche questa rilocalizzazione, infatti, viene posta in essere dal primo in assoluto dei piani regolatori in senso moderno di cui, sin dall’ultimo decennio dell’Ottocento, la città saprà dotarsi.

Realizzato solo a partire dal 1919, l’attuazione di questo strumento urbanistico comporterà il prolungamento della via Cibrario sul sedime dell’ex stabilimento del Campidoglio.

Le produzioni.

È del 1896 il brevetto della vernice antisettica Psicroganoma, con cui la società si afferma con forza nel panorama industriale non solo nazionale. Riconosciuta e premiata in innumerevoli esposizioni industriali ai quattro angoli del pianeta, la Psicroganoma è la sintesi emblematica dell’articolato rapporto che lega la società alla sua città d’origine.

La sua invenzione è coeva alla comparsa della figura dell’ingegnere igienista, che qui ebbe i natali; alla fondazione dell’omonima testata e della consimile «Ingegneria Sanitaria», anch’esse torinesi.

Il suo successo commerciale, oltreché alla validità della formula, affonda dunque le sue radici nella società borghese dell’epoca: un ambiente già chiaramente europeo, intriso di positivismo scientifico, dove da anni venivano crescendo le attenzioni mediche, sanitarie e di decoro urbano nella progettazione di edifici e nell’amministrazione della città.

Una sensibilità che si deve in massima parte alla figura di Luigi Pagliani: medico, allievo del fisiologo olandese Jacob Moleschott e professore della prima Cattedra di Igiene del regno dal 1877 al 1924 istituita presso il Politecnico di Torino, dal 1887 collaboratore del governo Crispi in materia sanitaria.

Questa nuova sensibilità giungeva in Torino sulla scorta delle esperienze maturate sin dalla metà dell’Ottocento nelle grandi città centro-europee (Londra, Parigi e Vienna per prime) pressate dall’enorme aumento demografico seguito allo sviluppo industriale. Nel nostro territorio nazionale troveranno concreta applicazione in seguito alla cosiddetta «Legge per il risanamento della Città di Napoli» del 1885.

Un decennio più tardi, in virtù di questa stessa legge, l’Amministrazione torinese realizzerà i grandi tagli delle vie Pietro Micca e Quattro Marzo, con cui la città si affaccerà sul cosiddetto «secolo breve».

La neo-costituita società adotterà nei primi tempi l’acronimo FNAP (Fabbrica Nazionale Annibale Paramatti), a rimarcare gli stretti rapporti che la legavano alla già potente FIAT, alla quale forniva i composti nitrosintetici per la verniciatura delle carrozzerie.

IN FOTO  Oggetti prodotti dalla Paramatti esposti nell’allestimento in biblioteca (foto V. A. Lupo, 2013).

IN FOTO  Oggetti prodotti dalla Paramatti esposti nell’allestimento in biblioteca (foto V. A. Lupo, 2013).

L’entrata in produzione delle vernici nitroderivate è anch’essa emblematica per delineare i legami fra la Paramatti, Torino e la cintura metropolitana in via di formazione in quegli stessi anni. La produzione in massa dei primi veicoli su gomma, e l’enorme surplus di nitroglicerina e nitrocellulosa successivamente dovute alla cessata produzione bellica, modificarono notevolmente i diagrammi di produzione dell’industria delle vernici che, in questo scorcio di secolo, inizierà a sostituire parte dei composti organici con altri a base inorganica. 

Ormai inserita in una prospettiva se non ancora globale già tuttavia internazionale, la società Paramatti (cui, nel 1908, verrà a mancare il fondatore) adeguerà la produzione ai nuovi mercati. Sotto la guida dell’ing. Tullio Miglietti, professionista riconosciuto in ambito internazionale, lo stabilimento di Settimo produrrà prevalentemente sia per il settore automobilistico/navale/cantieristico, sia per quello edile. Sino ai mutati assetti commerciali seguiti all’ultimo conflitto mondiale, la fornitura di nitrocellulosa verrà assicurata dagli stabilimenti Nobel di Avigliana.

In questi stabilimenti, sin dal 1925 passati alla società Montecatini, lavorò come tecnico presso il settore vernici Duco lo scrittore Primo Levi; successivamente trovò impiego nello stabilimento SIVA, altra industria per la produzione di vernici che, dall’immediato dopoguerra, trovò anch’essa sede in Settimo Torinese.

La scomparsa della Paramatti da Settimo.

A partire dal 1969 si avviano i lavori di costruzione del nuovo stabilimento di Greggio, nel Vercellese, dove verrà gradualmente trasferita l’intera produzione, determinando il conseguente declino della sede di Settimo. Dopo le lunghe traversie societarie che si sono succedute a partire dal 1974, nel 1998 il marchio Paramatti è stato acquisito dalla Junghanns Vernici Spa di Lainate (Milano).

Il vecchio stabilimento di Settimo, previa un’articolata opera di schedatura e rilievo, viene demolito nel 2005. Per iniziativa pubblico/privata, nell’area viene realizzata la grande biblioteca intitolata ad Archimede ed un vasto intervento residenziale articolato attorno alla nuova piazza Campidoglio. 

Bibliografia

Vito A. Lupo, La fabbrica dei colori. La Paramatti e l’industria settimese ai tempi delle ciminiere, Città di Settimo Torinese, 2005.

Per gli interessati, il volume è disponibile presso la Biblioteca Civica e Multimediale Archimede, piazza Campidoglio, 50 – Settimo Torinese (chiedere degli autori del presente articolo).

Note

1. A partire dal 2005, sull’esperienza Paramatti si è confrontata l’intera città di Settimo. Vi hanno operato e si sono confrontati gli ex lavoratori, le scuole, operatori culturali di diverse formazioni, artisti e l’ente pubblico. Da questa esperienza sono nati i seguenti lavori:

– il documentario di Mario Piavoli Paramatti, la Casa di tutti… i Colori (2005);

– la pubblicazione del libro di Vito A. Lupo La fabbrica dei colori. La Paramatti e l’industria settimese ai tempi delle ciminiere (2005);

– l’intervento scultoreo Colonne di fumo di Johannes Pfeiffer (2009);

– l’allestimento Archimatti & Paramede. La biblioteca dopo la fabbrica presso la Biblioteca Archimede (2013);

– il cortometraggio La nascita di una piazza realizzato da MAO Film e promosso dall’Associazione culturale E. Filippone e dalla Fondazione ECM di Settimo T.se (2013).

Testo tratto dalla rivista Canavèis gentilmente concessoci dall’Editore Baima e  Ronchetti

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