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Ivrea

Il venditore di rose è tornato. La forza dei sorrisi di una città che si vergognava un po'...

Era stato malmenato da tre ragazzini farabutti e mascalzoni tanto per giocare... Il consigliere comunale Massimiliano De Stefano: "Merita le scuse di tutta la città".

Il venditore di rose è tornato. La forza dei sorrisi di una città che si vergognava un po'

Sarà perchè è Natale. Sarà perchè la sua storia, aveva fatto il giro di tutt'Italia. Sarà per mille altri motivi che, vederlo lì, non in un posto qualsiasi ma proprio lì, in quello spazio teatro di una barbara mattanza, sta riempiendo di gioia il cuore di tanti cittadini.

Un volto noto. Un sorriso contagioso. Una mercanzia colorata.

Inutile chiedersi dove abbia trovato la forza di tornare a Ivrea, per continuare a vendere le sue rose.

Di sicuro un ritorno fatto di resilienza e determinazione o, se si preferisce, una storia di coraggio e di speranza difficile da catalogare.

Ma forse per lui, per Laskar Jamangir, 50 anni, originario del Pakistan, il ritorno alla normalità era l'unico obiettivo. 

A novembre era stato malmenato da tre ragazzini mascalzoni e farabutti che volevano divertirsi.

Preso a pugni e calci. A destra a sinistra, davanti e dietro, in faccia fin quasi a spaccargli la mandibola.  

Conosciuto da tutti e da tutti "amato" e apprezzato. Colpevole di essere nato in un posto (forse) sbagliato, di essere emigrato in Italia, di vivere di stenti, di arrabattarsi come può per sfamarsi, magari cercando pure di mandare qualche soldo alla famiglia. Colpevole di vivere.

Era successo a Ivrea, nella tranquilla Ivrea, nella pacifica Ivrea, nella solidale Ivrea.

In perfetto stile "bronx" nei pressi della Camera di Commercio,  intorno alle 14.

Volevano le sue rose ma lui non gliele aveva date. Di fronte al rifiuto avevan cominciato a pestarlo finanche utilizzando una bottiglia di vetro. Ricoverato al pronto soccorso dell'ospedale di Ivrea era stato dimesso con 30 giorni di prognosi e affidato all'Asl di Torino per competenza. 

Si dirà "baby gang", ma si potrebbe aggiungere molto ma molto di più, con un capitolo specifico sull'odio raziale.

La mattanza (perchè di questo si era trattato) altro non poteva che scatenare un'ondata di indignazione e solidarietà dei tanti che lo conoscono, quasi tutti con il dito puntato sui sistemi di sorveglianza che in questa zona della città, più volte finita agli onori della cronaca (ci troviamo nei pressi del Movicentro e della stazione), praticamente non esistono.

Tra chi lo aveva sottolineato peraltro inserendoci dentro anche tutto il Movicentro e il parcheggio sotteraneo condiviso con il Bennet, anche il consigliere comunale Massimiliano De Stefano.

"L’ho visto anche io e mi si è riempito il cuore - ci dice -  Una storia triste ma non ancora con il lieto fine che io vorrei. Sarebbe bello che in un modo o nell'altro i tre chiedessero scusa e che lo facesse l’intero consiglio comunale di Ivrea a nome di tutta la città. In modo chiaro e sincero…".

E potremmo concludere parlandovi dei tre ragazzini individuati e denunciati dai carabinieri, ma passeremo oltre perché non c'è enfasi - e noi non ne vogliamo aggiungere neanche un po' - nelle parole di chi ha visto Laskar tornare nel suo consueto posto di lavoro, di chi ha comprato una rosa, di chi lo ha salutato, di chi oggi non gli ha più detto "non ho soldi". Oggi è Natale è c'è altro. C'è il sorriso dei passanti, i gesti di affetto e solidarietà che diventano il linguaggio silenzioso di una comunità che abbraccia il valore dell'inclusione e della tolleranza e che nei giorni successivi alla notizia un po' s'è vergognata!

Laskar Jamangir, con la sua presenza, sembra voler mandare un messaggio: la risposta al male non è nell'odio o nella ritorsione, ma nella determinazione di riprendersi la propria vita, di lottare contro la violenza con la propria dignità.

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