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Ivrea
22 Novembre 2023 - 23:34
Cos'hanno pensato quei tre ragazzi, sabato scorso, in pieno giorno, quando nei pressi della stazione ferroviaria, davanti alla ex Camera di Commercio, hanno picchiato il "venditore di rose" pakistano.
Oggi, in molti si sono chiesti chi è Laskar Jamangir. Se ha dei figli. Quand'è arrivato in Italia. Se le rose sono sufficienti per vivere o sopravvivere. Non in ultima cosa sta pensando oggi dell'Italia e degli italiani.
Ha 50 anni. Vive a Torino ed ha due figli uno di 18 e l'altro di 24 anni. Tutti i giorni, fino a sabato scorso, fa la spola Torino-Ivrea per procacciarsi qualche soldo.
"Oltre alla mandibola gli hanno rotto una mano... - ci ha raccontato Hanif, il figlio minore, con un groppo in gola e forse anche le lacrime agli occhi - E' stato subito ricoverato in ospedale a Ivrea. Adesso è qui con me! Ringraziamo tutti. I carabinieri e il personale sanitario".
Fine della telefonata, non ancora il finale di questa brutta, bruttissima storia di "razzismo".
Di quella che deve essere considerata a tutti gli effetti una vera e propria caccia all'extracomunitario se ne dovrà occupare giocoforza anche l'assessora alle problematiche sociali Patrizia Dal Santo.
"Stiamo assistendo - ci dice - Ad un aumento dei casi di violenza contro cose e persone. Siamo preoccupati perchè ci troviamo di fronte ad un malessere profondo che non riguarda solo le persone che eravamo abituati a vedere in difficoltà per motivi soprattutto economici e di disoccupazione. Il clima oggi è diverso. Basta accendere la televisione... Quanti sono i conflitti a livello internazionale e locale risolti con la violenza? Proprio per questo si richiede un ragionamento profondo, una grande alleanza educativa tra operatori che non sempre sono stati abituati a collaborare insieme, tra educatori, scuole, servizi sanitari, forze dell’ordine. Tutti seduti intorno allo stesso tavolo. L’approccio solo educativo, o solo repressivo o solo sanitario non basta più. Occorre un contributo di tutti di comprensione e di intervento. Qualcosa lo si sta già facendo. Intorno al Movicentro si è formato e sta lavorando un gruppo che comprende forze dell’ordine, polizia, servizi sociali, enti del terzo settore. Si discute su come intervenire, con educatori, con l’educazione. Stiamo anche approfondendo le differenze culturali per capire come ci si parla tra gruppi culturali diversi. Fra culture diverse spesso non ci si capisce e a volte ci si odia....".
Ma forse in questa zona della città che non è periferica ma lo è diventata, basterebbe qualche telecamera in più. Le chiede da anni il consigliere comunale Massimiliano De Stefano. Solo la scorsa settimana ci ha accompagnato nei garage sotterranei ricavati sotto il Movicentro a fotografare scene di degrado e ne abbiamo trovate ad ogni angolo.
"La videosorveglianza - ci dice - è da ripristinare. E' da potenziare. Poi dobbiamo ripartire dalle scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari fino alle superiori. Organizzare momenti di incontro con i ragazzi sul senso civico. Insegnare loro il rispetto degli altri. Io non credo che Ivrea sia una città insicura. Sarebbe una bugia! Piuttosto mi concentrerei a rendere più sicure alcune strade e piazze. Una presenza costante delle forze dell'ordine cancellerebbe micro criminalità e lospaccio. Ivrea è una città più che sicura ma non dobbiamo trascurarla... ".
De Stefano propone di mettere a disposizione di vigili, carabinieri e polizia un locale all'interno del Movicentro, da utilizzare durante il giorno anche in avvicendamento.
"In tutte le stazioni esiste una polfer perchè qui no?...Sarebbe, non c'è dubbio, un bel segnale." passa e chiude!
A condannare l'accaduto è anche l'assessora con delega all'integrazione Gabriella Colosso.
"Non possiamo, anzi non dobbiamo - sottolinea - rimanere indifferenti di fronte a odiose, e mai giustificate, espressioni di razzismo che sempre più spesso, purtroppo, entrano a far parte della nostra quotidianità. Credo che la Comunità eporediese saprà dire No ad atti di questa natura, certamente come Amministrazione faremo la nostra parte per combattere ogni forma di razzismo e xenofobia. Ma se non leggiamo questo atto in un quadro più generale di quanto sta succedendo nel Paese partiamo, io credo, con il piede sbagliato. Un filo sottile lega le violenze che si leggono in questi giorni. Come ha detto il cardinale Matteo Zuppi, nella parte finale della sua introduzione al Consiglio permanente dei vescovi italiani, assistiamo ad una “Società italiana non in pace”. Ecco che diventa importante identificare, capire il disagio e trovare delle soluzioni per prevenire la tanta violenza che leggiamo. Abbiamo il compito di rieducare ai valori democratici di solidarietà, tolleranza, conoscenza reciproca e rispetto per la diversità: valori primari di una società. Abbiamo il compito di ri-attivare una cittadinanza attiva, e un impegno democratico e per la diversità dovranno essere incoraggiati. A questo scopo, il Comune, già impegnato nella Consulta Stranieri, nel Tavolo permanente sulle Pari Opportunità, nell’attivazione dei Centri Giovanili, (insieme alle reti della società civile, associazioni, organizzazioni, forze dell’ordine e individui attivi) continuerà a lavorare per lo sviluppo e l’implementazione di strategie capaci di affrontare questi malesseri, questi gesti."
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