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Telecomunicazioni
11 Dicembre 2023 - 22:31
Protesta Telecomunicazioni, davanti al grattacielo della Regione Piemonte
Sale la protesta dei sindacati del mondo delle telecomunicazioni. Oggi davanti al grattacielo della Regione Piemonte, presidio Cgil-Cisl-Uil contro la "mancanza di risposte" da parte dell'istituzioni al "declino del settore".
"Sono ormai anni che come Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil denunciamo il lento declino delle telecomunicazioni e dell'insediamento Rai in Piemonte senza vedere, ad oggi, alcuna significativa inversione di tendenza", dicono i rappresentanti di oltre 8mila addetti presenti in tutto il Piemonte. Tra le situazioni per i sindacati a rischio c'è "lo scorporo della Rete in Windtre, la profonda ristrutturazione di Vodafone, la fine prospettata di Tim con lo scorporo della Rete di accesso e la creazione di due o forse tre nuove aziende, la vendita di un pezzo di Olivetti, la palese difficoltà di British Telecom - spiegano i sindacati - Un quadro desolante rispetto al quale crediamo vi sia la necessità che le Istituzioni nazionali, regionali e territoriali si espongano".
Inoltre i sindacati denunciano "lo strisciante disimpegno dal nostro territorio di un'altra azienda nata a Torino, la Rai - sottolineano - Non ci sono produzioni durature, non vi sono investimenti tecnologici, non vi sono assunzioni che segnino, in maniera netta, l'intenzione di rilanciare Torino quale Centro di Produzione e di eccellenza della più grande azienda culturale del Paese".
"Chiediamo alla Regione Piemonte di attivarsi presso le Direzioni competenti e il Governo affinché il patrimonio di cultura e professionalità delle Telecomunicazioni e di Rai non vengano disperse e distrutte", concludono i sindacati.
La verità sulle telecomunicazioni? C'è che le aziende stanno affrontando una crisi profonda, devastate dall'avidità, dal dumping, dagli "spezzatini" e dall'outsourcing. Le infrastrutture e la tecnologia sono in rovina, i salari vengono abbattuti e si registrano perdite incredibili, nonostante gli investimenti enormi.
Difficoltà di carattere nazionale che preoccupano - non poco - Torino e la sua provincia, soprattutto per quanto riguarda il Canavese e Ivrea erede di una storia come quella di Olivetti.
Su Torino gravita il futuro della Telecom ex monopolista, da anni in riorganizzazione, passata da 120.000 dipendenti a livello nazionale, all’epoca della privatizzazione, a meno di 40.000 attuali. La società porta con sé un debito molto gravoso di 23 miliardi di euro. Il futuro di Tim dipenderà molto dal futuro della rete.
E non basta ancora..
British Telecom Italia ha annunciato a livello Nazionale 128 esuberi su 484 dipendenti e a Torino l’impatto di questa operazione arà di 18 lavoratori su 48. Sempre a Torino, trovano sede due grosse aziende di call center Comdata, con circa 500 dipendenti, e Covisian con circa 1400 dipendenti.
Su Ivrea la situazione è ancora più particolare: le Telecomunicazioni erano la speranza che potenzialmente doveva colmare il vuoto lasciato dall’Olivetti a "Palazzo Uffici" ed è qui che occupa dei locali Vodafone, l'azienda che a settimane e mesi alterni, dichiara un migliaio di esuberi a livello nazionale su 5411 dipendenti. A Ivrea ne impiega 474.
E poi c'è Wind, oggi proiettata nel mercato dell'energia elettrica e del gas. Ha messo in pista la cessione della rete (ramo d'azienda), un'operazione che che coinvolgerà 2000 dei circa 6000 lavoratori a livello nazionale, i restanti 4000 dipendenti rimarranno in una azienda puramente commerciale che, privata del settore infrastrutturale tecnologico di rete, potrebbe trovarsi in grandi difficoltà. Su Ivrea dei quasi 500 dipendenti si ipotizza che tra i 100 e i 150 potrebbero essere coinvolti nella cessione.
A Palazzo Uffici (Ivrea), trova spazio anche Comdata con 1000 dipendenti che vanno avanti a suon di ammortizzatori sociali e si ritrovano in balia di una serie di "cessioni" verso altre aziende senza l'utilizzo della causola sociale.
Insomma, mentre negli ultimi 20 anni, in tutti i paesi tecnologicamente avanzati si continuava a creare occupazione di qualità nonostante le difficoltà economiche generali, in Italia si assisteva a una erosione dei ricavi e a una drastica riduzione dei posti di lavoro. Si sono aggiunti gli ammortizzatori sociali, gli esodi incentivati, i tagli nella contrattazione aziendale e la perdita di competenze professionali importanti.
Il rischio reale è di una perdita di circa 20.000 posti di lavoro solo nelle compagnie telefoniche, a cui si aggiunge l’indotto d’impiantistica e installazione delle reti e dell’assistenza clienti.
Ora la situazione è ancora più critica, poiché le principali aziende TLC stanno adottando una nuova strategia che rischia di trasformarsi in una bomba sociale. L'idea di separare l'industria delle infrastrutture dai servizi, un approccio miope e dannoso secondo i sindacati, porterà ulteriori impoverimenti, trasformando le aziende leader in semplici rivenditori di servizi, guidati da azionisti stranieri.
Questa prospettiva è estremamente preoccupante, soprattutto per le aziende che rimarranno senza infrastrutture di proprietà. In un mercato ipercompetitivo, le aziende saranno costrette a ridurre i costi del lavoro, riducendo così ulteriormente l'occupazione.
Anche i call center in outsourcing, già in difficoltà da tempo, si trovano in una situazione critica. Qui la competizione si concentra solo sul ribasso dei costi: vincerà chi offre un contratto con compensi ancora più bassi o, peggio ancora, chi opta per l'offshoring.
Nel frattempo, la classe politica sembra ignorare completamente la situazione. Da mesi, si tengono incontri presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ma mancano proprio i rappresentanti dei lavoratori, e non si riesce nemmeno a capire di cosa si stia discutendo. I sindacati chiedono al governo Meloni, già sotto accusa per il decreto Lavoro, di ascoltarli.
Per quel che se ne sa, all'orizzonte ci sarebbe un possibile decreto che prevede aiuti alle aziende energetiche e una riduzione dei livelli di esposizione all'elettromagnetismo per favorire l'installazione del 5G, oltre ad agevolazioni per i prepensionamenti.
Tutte misure che, secondo i sindacati, non affrontano i problemi strutturali del settore e sembrano pensate solo per dare un po' di ossigeno. Non resta che sperare in qualche miracolo...
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