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Le carceri italiane hanno fallito: ecco il motivo

Ne ha parlato il Garante dei detenuti piemontese Bruno Mellano coi ragazzi del Fermi Galilei di Cirié

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Due ore per capire come funzionano le carceri italiane. Quali sono i loro limiti, come vivono i detenuti una volta usciti, qual è il tasso di recidiva, cosa si può fare per migliorare la situazione.

I ragazzi dell’Istituto Fermi-Galilei hanno trovato risposte a queste e altre domande lo scorso 29 novembre quando, a Cirié, hanno avuto occasione di incontrare il garante dei detenuti del Piemonte Bruno Mellano. Attenzione, però: Mellano non lavora solo con la popolazione carceraria.

Il nome completo della sua carica, infatti, è “Garante delle persone private della libertà personale”. E quindi pure gli anziani dentro le Rsa o i migranti dentro i Cpr. Con gli anziani, ad esempio, il lavoro del garante si è fatto sempre più importante durante il covid, quando i residenti nelle case di riposo non hanno più potuto vedere i propri familiari. 

Il garante dei detenuti del Piemonte Bruno Mellano durante l'incontro con i ragazzi del Fermi Galilei

Ma è sul carcere che gli alunni hanno riflettuto maggiornamente: Mellano ha infatti provveduto a dipingere una panoramica sulla condizione della popolazione carceraria, parlando di sovraffollamento degli ambienti carcerari e dell’altissimo tasso di recidiva (oltre il 70%) che riguarda gli ex detenuti.

Insomma, le carceri italiane costano tanto e non funzionano. “Le carceri italiane - ha detto Mellano - sono le più costose e le meno efficienti in Europa”. Una situazione disperata su cui provano a mettere una pezza tanti enti, compreso il Ministero dell’Istruzione.

In carcere i detenuti studiano e migliorano le proprie competenze, sperando che un giorno possano essere spendibili sul mondo del lavoro. Alcuni di loro partono da una situazione educativa quasi tragica: in mille su 60mila, questo il dato fornito da Mellano, sono spesso analfabeti.

Il carcere di Ivrea

E poi c’è tutto l’aspetto sanitario, di cui si occupa l’Asl To4: la salute del detenuto in carcere, infatti, è spesso compromessa e il detenuto fatica ad accedere alle cure di base. A Ivrea, ad esempio, mancava un dentista che si prendesse cura dei detenuti. E infatti loro hanno protestato, chiedendo i diritti che gli erano stati negati.

I ragazzi dell’Istituto ciriacese si sono dimostrati incuriositi dall’incontro. Anche quando si è trattato di toccare temi delicatissimi, come quello dei suicidi. Sia in carcere che fuori. Sia dei detenuti ma pure del personale della polizia penitenziaria. Già, perché il carcere non è un ambiente semplice per nessuno, e non è neanche semplice ripartire da capo una volta usciti dopo cinque, sei, dieci anni. 

“Ma come si supera questo fallimento del modello carcerario in Italia?” ha chiesto la giovanissima audience. Creando ponti con l’esterno, ha risposto Mellano, e creando lavoro come forma di dignità personale. Sia per mantenere sé stessi sia per mantenere le famiglie dei detenuti.

I soldi, peraltro, servono anche per vivere dentro le stesse mura carcerarie, magari per poter pagare un pasto leggermente migliore di quello fornito d’ufficio dal carcere. Qualcuno, dal pubblico, ha anche chiesto incuriosito come si diventi Garante: un buon segno, chissà che qualcuno tra i ragazzi che hanno partecipato alla conferenza non decida di intraprendere questa strada.

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