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Voci dal carcere
28 Novembre 2023 - 10:17
Da qualche giorno davanti all’ingresso del carcere di Ivrea due panchine si pavoneggiaranno davanti a chi passerà sulla statale.
Una è viola simbolo della gentilezza dipinta, con altre due, dai detenuti e offerta ai comuni di Ivrea e Burolo in occasione della giornata della gentilezza della settimana scorsa; l’altra è Rossa, gigante con scarpe rosse accanto e ha una sorella gemella che stazione all’interno del carcere da qualche mese. Questa è stata voluta dai detenuti che lavorano alle manutenzioni interne come segno di ricordo per tutte le donne vittime delle violenze dei loro uomini e più in generale dell’ancora perdurante differenze di genere.
La seconda panchina rossa è stata donata sabato alla città e presto verrà posta in un luogo idoneo. Sabato 25, in concomitanza con tutte le iniziative della giornata contro la violenza, la panchina è stata donata alla città. C’erano un po’ tutte le persone che si occupano del carcere. Il nuovo direttore, la dottoressa Alessia Aguglia e quello uscente, la dottoressa Giordano, l’Assessora Gabriella Colosso, alcuni ispettori, I volontari dell’AVP, gli insegnanti della scuola, i volontari e i detenuti che hanno realizzato le panchine.
Una occasione per ritrovarsi e riflettere sulla comune necessità di confronto con gli altri i questi tempi particolari.
E' stata una occasione per riflettere anche sulle panchine. certamente su queste colorate, simboli di gentilezza e di lotta contro la violenza, ma anche sull’oggetto in se.
Quelle giganti stanno popolando i nostri panorami, stanno riempiendo i sogni degli amministratori che li vedono come luoghi di sosta impropria e le rendono scomode oppure ostili. Ma la panchina resta una simbolo ambiguo: a volte ospita calciatori non pronti per la gara, o esclusi per i troppi falli.
Ma la panchina è il luogo degli innamorati o degli anziani che cercano sole, tranquillità o magari compagnia. Anche il carcere a volte sembra una panchina: un luogo in cui si è relegati. Costretti a fermarsi, a non fare nulla, ad aspettare il tempo che passa. Il carcere raccoglie questa maledizione: quella del tempo non usato, inutile, fermo, immobile.
A Ivrea il carcere nonostante tutto si muove: è davvero strapieno e le nuove leggi non sembrano destinate a svuotarlo, Anzi. Raccoglie molti problemi di convivenza e nonostante la professionalità e l’impegno del personale nascono conflitti e emergono i problemi legati alle provenienze multietnica, alla carenza di proposte rieducative, alla lontanaza della magistratura di sorveglianza e di tante altre situazioni problematiche.
In carcere però si sono fatte molte cose. Sta nascendo un gruppo che propone teatro, anzi il 30 eil 2 pv sarà presentata una rilettura di un libro particolare in cui è riportata la corrispondenza durata 20 fra un giudice e un condannato. Il libro si intitola “Fine pena ora” di Elvio Fassone e lo spettacolo ”della mia anima ne farò un isola” per la regia di Simonetta Valenti.
Oltre al primo consiglio comunale in carcere, sono previsti dei concerti per Natale e altre iniziative per far superare il muro che divide la città da questo suo quartiere, produttore di panchine.
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