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Il nuovo centro per migranti del Canavese? "Non si farà, li mandano in Albania"

Sono le voci che circolano a Palazzo Lascaris, ma il territorio, nel dubbio, affila le armi

Uno dei migranti sbarcati a Bari lo scorso 19 ottobre

Uno dei migranti sbarcati a Bari lo scorso 19 ottobre

"Magari col nuovo accordo con l'Albania il nuovo CPR della Vauda non lo fanno nemmeno, li mandano lì". Se lo dicevano tra loro qualche giorno fa i consiglieri regionali della maggioranza di Alberto Cirio passeggiando per Palazzo Lascaris. L'indiscrezione arriva a La Voce in un momento in cui il territorio sta affilando le armi per contrastare l'arrivo del centro.

"I CPR? Sono dei lager"

"Nei fatti, i CPR sono dei lager". Giulio, dell'assemblea pubblica torinese contro i CPR, ci parla a margine dell'assemblea che il collettivo ciriacese Provincia.lotta ha organizzato due mercoledì fa proprio per capire quali iniziative mettere in atto per sensibilizzare le persone in merito al problema.

Provincia.lotta durante lo scorso 8 marzo in piazza a Torino

E vagli a dare torto. "Sono arrivata e c’era un ragazzo del Gambia, di 27 anni, che aveva appena ingoiato un pezzo di vetro, usciva sangue dalla bocca, era sdraiato per terra, faceva impressione. Era semi paralizzato, non riusciva a camminare, non doveva stare lì. Il suo ingresso è datato fine settembre, ma il medico che giudica le incompatibilità non lo aveva ancora visitato. Ora è ricoverato dopo aver ingerito la scheggia di vetro. Quel centro bisogna chiuderlo subito".

Lo raccontava Gabriella Stramaccioni, garante dei detenuti del Lazio, a Nello Trocchia di Domani, che sulla vicenda aveva scritto l'anno scorso. Le parole di Giulio sembrano farle eco: "I CPR fanno parte di un meccanismo che ingabbia le persone e le trattiene per un tempo indefinito: si tratta di persone perseguitate in base alla loro provenienza, perché spesso provengono da paesi con accordi sconvenienti con l'Italia".

"Vorremmo informare e organizzare dibattiti"

Nelle idee del collettivo ciriacese, che si è fatto notare organizzando ben due Pride a Cirié (nel 2022 e nel 2023), c'è l'organizzazione di una mostra in cui le immagini rendano plasticamente le condizioni di vita dentro al Centri. I quali, spiega Alessia, di Provincia.lotta, "sono dei luoghi di tortura, costruiti per scoraggiare nuovi arrivi in Italia".

Sulla realizzazione o meno del centro continuano a non esserci certezze, ma poco importa. Se anche saltasse quello della Vauda, per il collettivo ciriacese resterebbe sbagliato il modello CPR in sé. Pure se fosse in corso Brunelleschi. "L'incognita sul nuovo CPR della Vauda è stata il pretesto per noi per fare luce sul tema, anche perché fino ad oggi nel nostro collettivo non ne abbiamo parlato".

L'approccio è quello cosiddetto intersezionale: coniato dalla giurista Kimberlé Crenshaw, sta a indicare la capacità di individuare i molteplici livelli di oppressione ai danni delle classi subalterne. In sintesi: una persona può essere donna, razzializzata e anche povera, come spesso sono le donne migranti che approdano sulle nostre coste. 

Nel loro caso, l'oppressione che vivono è triplice: razziale, economica, di genere. Di fronte a questa situazione, anche le associazioni della galassia della sinistra radicale cercano di affrontare la questione con un approccio quanto più globale possibile. E quindi un collettivo come questo, nato organizzando un Pride, finisce per occuparsi anche di migrazioni e di antirazzismo.

"Il nostro obiettivo è informare - conclude Alessia -. Siamo ben consapevoli che non avremo le forze per contrapporci all'apertura del nuovo CPR, se questa dovesse avvenire. Forse non ce l'avranno neanche i Comuni. Quindi per ora ci piacerebbe sensibilizzare le persone e magari organizzare dibattiti con degli interventi informati sul tema".

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