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Lettere al direttore

Israeliani e palestinesi, scontro di due “ragioni” nell’assenza di dialogo

Ci scrive Don Antonello Solla sul conflitto in Medio Oriente

Israeliani e palestinesi, scontro di due “ragioni”

Foto di repertorio

Sabato 7 ottobre ci siamo svegliati scoprendo dai notiziari di un attacco da parte di Hamas a Israele. Di ora in ora la vicenda è diventata sempre più brutale e violenta. Un’azione terroristica per lo più contro civili inermi. Si parla di mille morti circa. Quasi tutta la comunità internazionale condanna l’atto criminale, come è giusto che sia. Nemmeno la risposta dell’esercito israeliano si è fatta attendere: durissimi bombardamenti su Gaza (dove si nasconde parte delle milizie terroristiche di Hamas), che hanno causato anche dalla parte palestinese migliaia di morti e feriti. La striscia di Gaza è sotto assedio: tagliate acqua, luce, e cibo, e questo è condannato dall’ONU. Assistiamo a dibattiti in tv, fiaccolate, esposizioni di bandiere per solidarizzare ora per l’una ora per l’altra parte, quasi stessimo assistendo a una partita di calcio.

E’ raccapricciante considerare alcuni morti più importanti di altri. Anche i mass media contribuiscono a creare un’attenzione mediatica su alcune tragedie a singhiozzo.

Dai telegiornali è infatti quasi scomparsa la guerra di aggressione russa all’Ucraina, così come sono spariti i terremoti in Marocco e Afghanistan, e l’alluvione in Libia.

In questo tragico panorama la cosiddetta “Unione Europea” balbetta, incapace di avere un ruolo credibile e decisivo per dirimere le ostilità e i conflitti con diplomazia e attenzione nei confronti delle ragioni di tutti, e ormai cronicamente agli ordini dello “Zio Sam”.

L’Italia, con una Costituzione che ripudia la guerra non sa dire altro che «è necessario inviare armi, perché solo con la vittoria militare si giunge alla pace».

Stiamo perdendo occasioni per costruire la pace non con le bombe, ma con il dialogo, l’ascolto, la paziente arte dell’artigiano di pace con coraggio, audacia e certamente un pizzico di incoscienza. In fondo, il termine “intercessione” ha un significato bellissimo e significativo: camminare in mezzo, stare fra due contendenti. Questo non significherebbe tenere il piede in due scarpe, ma ascoltare tutti. Significherebbe opporre il bene al male, la nonviolenza alla violenza.

Per chi si definisce cristiano, dovrebbe essere chiaro che Gesù ci offre questa via per interrompere la spirale dell’odio e delle aggressioni. «Rimetti la spada nel fodero», dice Gesù a Pietro, nel tentativo di opporsi al suo arresto. Persino Gandhi, che ha liberato l’India senza tirare un sasso, era allibito come i cristiani non praticassero la nonviolenza per risolvere conflitti e controversie, proclamandosi discepoli di colui che l’aveva inventata.

Il conflitto tra palestinesi e israeliani è esattamente lo scontro di “due ragioni”.

Israele ha diritto a esistere, e la Palestina ha diritto anch’essa a uno stato libero e indipendente. Israele ha diritto a difendersi da ignobili attacchi terroristici e i palestinesi hanno diritto a camminare liberi sulle proprie terre, e i palestinesi di Gaza hanno diritto a spazi più umani, che attualmente sono circa tre milioni in un’area di 365 chilometri quadrati. La situazione si aggrava di ora in ora a Gaza. Con seimila bombe in sei giorni, si tratta ancora di legittima difesa? Temo si tratti di qualcos’altro!

Concludo questi pensieri parafrasando parole di don Tonino Bello: «sentinella quanto manca all’aurora?». È pesante il tempo di un’attesa fatta spesso di ingiustizie, soprusi e morte, ma crediamo che il cuore dell’artigiano di pace intercedendo, camminando nel mezzo, possa cambiare il cuore del violento e immaginare di edificare il sogno di Dio e di ogni donna e di ogni uomo. Il sogno di un mondo dove tutti fanno festa, insieme, in pace, con le differenze ma in armonia e giustizia.

Don Antonello Solla

parroco di Fontanetto Po

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