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Ivrea

Il rugby si unisce alla battaglia delle donne iraniane nei giorni del Nobel a Narges Mohammadi

A marzo il consiglio comunale aveva conferito la cittadinanza a Elahe Mohammadi

Mahsa Amini

Mahsa Amini

Era da tempo che si chiedevano che cosa potessero fare loro dell'Associazione Ivrea Rugby. Fin da quel lontano ottobre del 2021 quando a Bollengo, con la partita Juventus Women19 e Indipendiente,  organizzata da Casa delle Donne, Lucy, Soroptomist, Inn Wheel e “Violetta la forza delle donne” con la collaborazione della Consulta degli stranieri presieduta da Gabriella Colosso, si raccolsero soldi per Pangea un’associazione che opera a kabul fin dal 2003, l’unica in quella città a dare “rifugio” a donne e bambini. 

Morale?

Franco Rosso

"Abbiamo aderito con entusiasmo - ci spiega il presidente Franco Rosso - alla proposta di un’iniziativa a sostegno delle Associazioni che operano in aiuto delle donne Iraniane, oggetto di gravi atti di discriminazione e persecuzione...".

L’iniziativa si è concretizzata il 29 aprile con una partita evento di Rugby femminile di serie A, presso l’impianto sportivo del Quartiere San Giovanni, durante la quale sono state proposte anche alcune significative testimonianze, sulla persecuzione femminile in atto in Iran.

Oggi si è arrivati al dunque e sabato 7 ottobre alle 12.30 presso la Sala Dorata del Comune, si terrà una breve cerimonia di consegna, all’Associazione “JINA” - MEDICI PERSONALE SANITARIO E VOLONTARI IRANIANI E NON - del ricavato dell’evento (circa 800 euro).

Per l’Amministrazione del Comune di Ivrea sarà un momento in cui ricordare la giornalista ELAHE MOHAMMADI a cui il 20 marzo del 2023 il consiglio comunale ha conferito la cittadinanza onoraria e che ancora oggi è in carcere a Evin.

L’ordine del giorno, approvato all’unanimità, portava la firma di Gabriella Colosso del Pd e Anna Bono della Lega, unite insieme nella lotta contro le prevaricazioni. 

Presente in sala, contento ed emozionato, il Presidente dell’associazione Culturale Italia – Iran di Torino Semir Samgarsh.

Il presidente della comunità iraniana a Torino Semir Samgarsh durante la riunione di consiglio comunale del marzo del 2023

Numerosi sono i comuni italiani che, in questi mesi, hanno presentato ordini del giorno o mozioni per denunciare le drammatiche condizioni della popolazione iraniana, in particolare delle donne, e esprimere una ferma condanna alle repressioni; a sostegno del rispetto dei diritti umani a partire dall’uguaglianza tra uomini e donne; per la libertà di espressione e di riunione pacifica.

Ivrea su questo c’è sempre stata basti ricordare le cittadinanze onorarie conferite negli anni: nel 1989  a Nelson Mandela, nel 2001 a Rigoberta Menchù (pacifista guatemalteca e Nobel per la pace nel 1992), nel 2011 a Min Ko Naing (leader pacifista studentesco incarcerato in Birmania) e nel 2004 a Shirin Ebadi, (avvocata e pacifista iraniana, Nobel per la pace 2003).

L’Iran a Torino

La presenza della comunità iraniana in Italia risale a circa un secolo fa, inizialmente dovuta a scambi economici e culturali, dalla seconda metà del secolo scorso, il numero di cittadini e cittadine iraniani in Italia è aumentato, principalmente per motivi di studio. Una grossa immigrazione si è avuta dall’indomani della Rivoluzione Islamica del 1979, quando il sogno di un mondo diverso si infranse con l’arrivo al potere del clero sciita e la promulgazione di leggi e regole.

A giustificare la supremazia della “religione di Stato” seguì la guerra tra Iran e Iraq, iniziata nel 1980 e durata otto anni, con più di un milione di morti e danni alle infrastrutture e all’economia.

Da allora in avanti  le numerose proteste  di piazza sono sempre state soffocate nel sangue. Tra queste l’esecuzione sommaria, nell’estate del 1988, di migliaia di prigionieri politici; gli arresti e le uccisioni durante le manifestazioni del 2009 con l’uccisione di Neda Agha Soltani e  il massacro di 1.500 persone scese in strada contro il carovita nel 2019.

Il 16 settembre del 2022 la ventiduenne iraniana di etnia curda Mahsa Amini, viene  arrestata a Teheran per non aver indossato correttamente il velo, muore in seguito delle percosse subite  in un centro di polizia morale in cui era stata rinchiusa.

Le manifestazioni in seguito alla morte di Mahsa Amini si sono diffuse rapidamente in tutto il Paese. Inizialmente si chiedeva la punizione degli assassini, poi il dissenso si è rivolto contro l’obbligo del velo, l’oppressione delle libertà personali e dei diritti civili, la corruzione e il nepotismo della Repubblica Islamica. 

Come atto di protesta molte donne in Iran si sono provocatoriamente tolte l'hijab o si sono tagliate pubblicamente i capelli. Iran Human Rights ha riferito che nel2022 almeno 476 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza che attaccavano i manifestanti in tutto il paese.  

Il nobel per la pace

Capita tutto questo a Ivrea proprio mentre l'Accademia di Svezia dà notizia di aver assegnato il "Nobel per la pace" all'attivista iraniana per i diritti delle donne Narges Mohammadi.

Vice presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016, Mohammadi è rinchiusa nella stessa prigione in cui si trova Elahe Mohammadi. Il comitato afferma che ha ricevuto il premio per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e per i suoi sforzi nella promozione dei diritti umani e della libertà per tutti.

Il comitato per il Nobel ha affermato che "la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l'ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate"

I premi Nobel per la Pace di quest'anno e degli ultimi anni dimostrano che "la democrazia è in declino - ha spiegato la presidente del comitato Nobel Berit Reiss-Andersen - nominare Mohammadi come vincitrice di quest'anno è "prima di tutto un riconoscimento ad un intero movimento in Iran con la sua leader indiscussa Narges Mohammadi. Speriamo che sia un incoraggiamento a continuare il lavoro in qualunque forma questo movimento ritenga opportuno".

Alla domanda su come verrà consegnato fisicamente il premio a dicembre, la presidente del comitato norvegese ha detto che spera che il governo iraniano prenda "la decisione giusta", autorizzandola a ricevere il Nobel. 

Mohammadi,  nel 2009 vinse il premio Alexander Langer. Fu premiata - si leggeva nelle motivazioni - per il proprio impegno per un ''altro'' Iran. L'attivista non partecipò alla cerimonia perché, all'epoca, privata del passaporto e fu rappresentata a Città di Castello da Nargess Tavassolian, figlia della Ebadi.

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