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Cronaca
19 Aprile 2023 - 12:20
La villa di via Alcide Bona 43
L'ultimo passaggio ci sarà nel Consiglio Comunale di Caselle di venerdì 21 aprile. Lì il parlamentino delibererà l'acquisizione della villa confiscata alla ndrangheta. Il bene entrerà tra le proprietà del Comune 10 anni dopo la confisca.
Nella prima cintura torinese sono circa 56 i beni confiscati alla criminalità organizzata. I dati sono tutti consultabili sul sito di Libera Piemonte.
In buona parte parliamo di immobili confiscati dal 2011 in poi, l’anno dell’inchiesta Minotauro. A farla da padrone c’è il Canavese dove gli immobili confiscati alla ’ndrangheta sono 26, a cui vanno aggiunte tre ditte: una ad Agliè, un bar a Volpiano e un’altra attività a Salassa.
Dei 56 iniziali solo 14 immobili sono stati effettivamente recuperati, circa il 25%. Poco, pochissimo. Il consigliere di minoranza casellese, Endrio Milano, aveva deciso, con una interrogazione ad hoc, qualche mese fa, di chiedere conto all’amministrazione dei beni che Libera, a Caselle, segnala come confiscati alla mafia. Tra questi c’era una mega villa in via Alcide Bona 43.
Il bene, infatti, non era ancora stato richiesto dal Comune. A fine 2022, però, con una delibera di giunta l'amministrazione aveva richiesto l'assegnazione della villa di via Alcide Bona 43.
Il Comune, si legge nel documento, ha deciso di: "Manifestare l’interesse di questa amministrazione, all'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata, il proprio interesse all'acquisizione ed utilizzo degli immobili siti nel Comune di Caselle Torinese, all'acquisizione al patrimonio comunale dei beni immobili sopra descritti, al fine di destinarli a scopi istituzionali e/o finalità sociali".
Il Sindaco di Caselle, Giuseppe Marsaglia
Una scelta motivata per sottolineare: "L’elevato valore simbolico - si legge in delibera - rappresentato dalla restituzione alla comunità di un bene confiscato alla criminalità organizzata".
L'amministrazione lavorerà per trasformare i beni "in risorse destinate al perseguimento dell’interesse pubblico con particolare attenzione alle politiche sociali, di sviluppo e di coesione territoriale e al contempo in strumenti per l'affermazione dei principi di legalità e democrazia nella comunità locale".
Il bene era intestato a D.A.F. D.A.F., classe 1960, aveva già precedenti per estorsione e ricettazione a partire dal 1995. Fu arrestato durante l’operazione Minotauro nel 2011 in quanto appartenente alla struttura della ‘ndrangheta di Torino nota come “crimine”, ovvero quel gruppo che all’interno dell’organizzazione si occupava delle estorsioni e delle azioni violente.
Dai procedimenti emerge l’“onnipresenza dell’imputato nelle vicende che hanno scandito la vita del “crimine” torinese”. Era figura di riferimento per gli appartenenti e si occupava inoltre della raccolta dei soldi per il mantenimento dei membri in carcere, tra cui C.A.
In sede di prevenzione, nel 2013 il Tribunale di Torino ha disposto la confisca definitiva delle tre unità immobiliari intestate alla moglie di D.A.F., in quanto fu rilevata una sproporzione tra reddito dichiarato e investimenti effettuati. Ciò portò a presupporne l’origine illecita.
D.A.F. viene condannato in via definitiva nel 2015 per partecipazione ad associazione criminale di stampo mafioso e per numerosi e continui episodi di estorsione. Avendo scelto l’imputato il rito abbreviato la pena è ridotta a 7 anni di reclusione.
La villa si compone di 7,5 vani oltre ad autorimessa di mq 22 e tettoia di mq 43. Il bene si trova nella zona residenziale a bassa densità abitativa a 300 metri dal centro storico di Caselle.
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