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"Questi politici sono concentrati solo sull'IO-qui-ora"

L'ex parlamentare Renato Cambursano commenta il risultato delle elezioni in Lombardia e Lazio

Enrico Letta

Enrico Letta

Renato Cambursano, ci puoi lasciare un commento sulle elezioni nelle due regioni più importanti d’Italia?

Volentieri e parto con il citare la dichiarazione di Goffredo Bettini, uomo forte all’interno del Partito Democratico: “L’esito delle elezioni regionali per il PD è negativo in modo schiacciante”.” e ancora: "L’astensionismo ha raggiunto un livello di guardia per la tenuta democratica”

In queste regioni si è ripetuto esattamente ciò che era capitato a Chivasso nell’estate scorsa, quando già allora andarono a votare il 40 per cento degli aventi diritto al voto, ma gli pseudo leaders torinesi, il così detto GAP, di riferimento locale, erano felicissimi del risultato. Ora la “G” non c’è già più e il prossimo anno toccherà alla “A”, mentre sopravviverà a sè stessa solo la “P”, come sempre.

Renato Cambursano ex sindaco di Chivasso

Al tavolo dei poteri sociali la forza che siede in nome di una legittimazione democratica va indebolendosi sempre di più.

Sapere che in un qualsiasi bar su dieci avventori quelli che sostengono il governo (nazionale e locale chivassese, anche se di area politica avversa), sono al massimo due, non è senza peso. Questo 40% lo si è raggiunto solo grazie al voto di preferenze.

Quando non ci sono in gioco scelte vitali gli elettori si muovono perché vengono mobilitati. Spesso personalmente e sappiamo anche come e da chi! Immaginate invece se ci fossero state elezioni politiche dove i parlamentari vengo decisi prima delle elezioni dai capibastone …!

Dove sbaglia la politica?

Diciamo, meglio, i politici. L’errore più grave è il disinteresse.

Concentrati sull’IO-qui-ora per quelli in prima linea l’attenzione è tutta al risultato personale (comprese certe telefonate, vero Castello?), e per i dirigenti nazionali più al risultato del concorrente vicino che al proprio. Comprensibile.

Non altrettanto che da principale si sia trasformata in preoccupazione esclusiva. Già dopo il primo exit poll il tema della partecipazione era uscito dalla visuale. Esattamente come era capitato alle elezioni politiche in occasione dell’ultimo crollo.

Prima della disaffezione degli elettori alla politica bisogna interrogarsi sulla disaffezione dei politici verso gli elettori. E’ così che il corpo della rappresentanza si va progressivamente dissanguando.

Quale schieramento è stato più penalizzato dall’astensionismo?

Diciamo che le perdite sono direttamente alla novità del soggetto politico in campo. Lo abbiamo sperimentato noi a Chivasso con la candidatura di Claudia Buo sostenuta da due liste, una delle quali nata 3 giorni prima.

Più un partito affonda le radici nel passato e più invece può far conto sull’abitudine. Non dico più sull’appartenenza o sulla passione.

Ancora di più degli elettori i partiti vincenti sono quelli che attraggono i candidati vincenti e combattivi. Solo gli illusi spenderebbero risorse ed energie per conquistare posizioni irraggiungibili. A meno che…

…a meno che?

A meno che quel soggetto ‘nuovo’ abbia un progetto di medio-lungo periodo: lo spazio di ‘conquista’ è enorme.

Con una partecipazione del 40% anche un trionfo con il 30% dei voti validi equivale ad un seguito reale del 12% e una tenuta del 20% (PD) ad un seguito dell’8%. Figuriamoci con il 5%...!

La verità è che il bacino crescente di astensionisti è in grande parte all’origine di queste montagne russe che oramai da tempo vedono anche partiti piccoli raggiungere improvvisamente misure un tempo inimmaginabili per poi perdere i nuovi consensi più o meno con la stessa velocità con la quale erano stati acquisiti.

Se stabile, l’astensionismo è causa di debolezza della democrazia. Se instabile, della sua rischiosità. Un “grillo’ di turno può sempre saltar fuori…

Quali sono i rischi?

Basterebbe ripassare la meccanica che ha portato la Brexit alla vittoria, con tutte le conseguenze che sono sotto i nostri occhi, o Hitler al potere per capire tutti i rischi presenti nel fluttuare della partecipazione.

A sinistra cos’è successo?

Quella che si è persa per strada è la meta. L’idea che il partito non è fine a sé stesso, ma niente altro che un mezzo, al servizio di un’idea dell’Italia. Quell’ “Italia che vogliamo” in nome della quale iniziò l’impresa che fu chiamato “ULIVO”!

Tu vedi possibile un ritorno al dialogo tra le tre forze del centro-sinistra?

A livello nazionale, più che possibile lo sento necessario, per la democrazia in questo nostro Paese. Ma purtroppo, a causa della natura della competizione introdotta dalle leggi elettorali ultime (Porcellum e Rosatellum) i partiti sono spinti a dividersi per conquistare il primato all’interno delle alleanze elettorali che dovrebbero unirli.

A livello locale, con l’arroccamento a sinistra, non vedo alcuna apertura…

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