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L’ultimo abbraccio di Francesco. Tra gli ultimi, come sempre

Migranti, poveri, esclusi: il Papa che ha camminato con loro sceglie di salutarli un’ultima volta. Roma si ferma per il Pontefice che ha cambiato per sempre il volto della Chiesa

Con mani tremanti e occhi lucidi hanno atteso a lungo, stringendo tra le dita petali bianchi di speranza, come a voler trattenere ancora un frammento di lui. Sul sagrato di Santa Maria Maggiore, l'ultimo saluto a Francesco si è consumato in un silenzio carico di amore e gratitudine. Tra loro, non c’erano le cravatte del potere, ma i volti segnati dalla vita: i poveri, i migranti, i senza tetto, i transessuali, gli esclusi, coloro per i quali Francesco ha vissuto ogni giorno del suo pontificato.

Il Papa venuto dalla “fine del mondo” ha scelto di compiere il suo ultimo gesto sulla terra tra le braccia di chi, troppo spesso, la terra stessa la calpesta da invisibile. Nessuna grande reggia, nessun altare dorato: solo il sagrato di una chiesa e il calore di chi gli è stato fratello e sorella nella sofferenza e nella speranza. "È sceso dal piedistallo per stare tra le persone", sussurra una fedele, stringendo forte la rosa bianca, mentre il feretro di Francesco varca le porte della basilica, sua nuova dimora.

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Tra chi ha potuto entrare nella basilica c’è Antonino, un tempo ombra tra i marciapiedi di Roma. Oggi, con la voce che trema, racconta: "Una volta mi accolse a Santa Marta. Mi disse: 'Antonino, non dire mai che sei stanco. Aiuta gli altri finché potrai stare in piedi'. Quella frase mi ha salvato."

Non tutti hanno potuto avvicinarsi. Alcuni hanno partecipato alla cerimonia nella vasta piazza San Pietro, altri hanno seguito il funerale da Palazzo Migliori, quel palazzo affacciato su via della Conciliazione che Francesco trasformò in un rifugio per i poveri, strappandolo alla polvere dell'abbandono e alla mondanità. In ogni storia, in ogni lacrima, una scintilla di lui: il Papa che non ha chiesto pedigree né perfezione, ma che ha visto in ogni volto l'impronta di Dio.

Tra le mani, cartelli scritti a mano, come quello di Regina, attivista Lgbt+, che ha voluto esserci con un messaggio chiaro: “Santo Subito”. "Trent’anni fa non avrei mai pensato di poter essere qui", racconta emozionata. "La santità di Francesco sta nella sua capacità di amare i poveri, di dire no alla guerra, di avvicinare chi era emarginato. Forse non ha 'fatto' tutto, ma ha avuto il coraggio di dire, di farsi vicino. Ed è questo che resta."

Anche tra i grandi del mondo, oggi, sedevano volti poco usuali: accanto a presidenti e ambasciatori c’erano i rappresentanti dell'Unhcr, i volontari di Mediterranea, le madri sopravvissute al Mediterraneo, gli operatori di frontiera che salvano vite invece di ergere muri. E lì, sulla loggia riservata al Maggiordomato, c’era Sergio Sánchez, il "cartonero" argentino che Francesco volle con sé fin dall'inizio del suo pontificato, perché voleva che il mondo sapesse da che parte stava.

Francesco se ne va come è vissuto: con i piedi scalzi sulla polvere della strada, senza scettro né trono. Ha lasciato dietro di sé una scia di gesti che hanno riscritto il linguaggio della Chiesa: l'abbraccio ai carcerati, il bacio ai piedi dei leader sudsudanesi in ginocchio, la carezza agli ammalati più gravi, i viaggi tra i migranti di Lampedusa, il pianto sulle tombe dei naufraghi.

Con "Fratelli tutti", la sua enciclica più rivoluzionaria, aveva chiesto al mondo di abbattere ogni barriera, di riconoscersi parte di un'unica, fragile, meravigliosa famiglia umana. E nella "Laudato Si'" aveva gridato l’urgenza di salvare la Casa Comune, la terra martoriata dall'avidità e dall'indifferenza.

Aveva voluto il Giubileo della Misericordia, spalancando le porte delle chiese di ogni diocesi perché tutti, proprio tutti, potessero sentirsi accolti. Aveva lottato contro ogni guerra, ogni esclusione, ogni forma di scarto umano. E ora, mentre il suo corteo attraversava Roma, era come se tutta la città, tutta l’umanità, si fosse fermata a piangere un padre.

I 250 mila fedeli che oggi hanno riempito piazza San Pietro e le strade attorno, non sono stati semplici spettatori. Ognuno portava nel cuore una storia, un incontro, un cambiamento. In ogni sguardo, in ogni lacrima, la certezza che Francesco non ha costruito solo una memoria, ma una rivoluzione dell’amore.

E mentre le porte di Santa Maria Maggiore si chiudevano dolcemente dietro di lui, un vento leggero ha scompigliato le rose bianche, come a voler dire che il suo messaggio è ancora vivo, che il suo spirito non si chiude in una tomba.

Francesco continuerà a camminare nei piedi nudi di chi cerca rifugio, nei sorrisi di chi non si arrende, nelle mani tese di chi ogni giorno sceglie di stare dalla parte degli ultimi.
Non abbiate paura di amare. Non abbiate paura di sporcarvi le mani. Non abbiate paura di camminare controcorrente. Così ci aveva insegnato. Così continueremo a ricordarlo.

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