Cerca

Ivrea

Una giornata dedicata a Willy

Ricordare Willy Jervis significa ricordare i valori per cui ha combattuto: libertà, democrazia, giustizia e solidarietà.

"Non piangetemi, non chiamatemi povero": le ultime parole di Willy Jervis, fucilato dai nazisti a 43 anni.

Willy Jervis e Adriano Olivetti

Dettagli evento

La città di Ivrea si prepara a rendere omaggio a una figura emblematica della propria storia, Guglielmo Jervis, noto affettuosamente come "Willy", con una giornata che ne celebrerà la vita, le passioni e l'eroismo dell'uomo, dell'alpinista e del partigiano.

Il teatro Giacosa di Ivrea aprirà le sue porte il 23 aprile 2024 per ospitare l'evento intitolato "Omaggio a Willy Jervis - L'uomo, l'alpinista, il partigiano", organizzato dal CAI Sezione di Ivrea, con il patrocinio della Città Metropolitana di Torino e della Città di Ivrea, in collaborazione con La Bottega del Botta.

Nato a Napoli il 31 dicembre 1901, Guglielmo Jervis fu un uomo dalle molteplici sfaccettature. Ingegnere di formazione, laureatosi al Politecnico di Milano nel 1925, servì nell'esercito italiano e lavorò per importanti aziende come la Frigidaire e successivamente la Olivetti, dove si distinse come direttore della scuola per apprendisti meccanici. La sua passione per l'alpinismo lo vide membro del Club Alpino Accademico Italiano e protagonista di numerose ascensioni.

La sua vita prese una svolta drammatica con l'avvento del fascismo e la seconda guerra mondiale. Oppositore del regime, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, Jervis divenne uno dei primi organizzatori della resistenza armata nell'area di Ivrea, utilizzando le sue competenze linguistiche e la conoscenza del territorio alpino per aiutare rifugiati ebrei e disertori a raggiungere la Svizzera. Catturato dai nazifascisti, non tradì i suoi compagni nonostante le torture subite e fu fucilato il 5 agosto 1944 a Villar Pellice, dove il suo corpo fu esposto impiccato come monito.

L'evento narrerà la sua storia attraverso foto d'archivio, documenti e testimonianze, mirando a ispirare soprattutto le giovani generazioni sull'importanza dei valori di libertà e giustizia che Jervis incarnava.

La sua figura è stata talmente significativa per la comunità che la medaglia d'oro al valor militare gli è stata conferita postuma nel 1950, Adriano Olivetti si offrì di sostentare la sua famiglia e Ivrea gli ha dedicato una via che si affaccia sul nucleo centrale degli stabilimenti Olivetti, simbolo del legame indissolubile tra Jervis, la resistenza e il tessuto industriale e culturale della città.

L'ingresso alla cerimonia sarà gratuito, con una sessione mattutina riservata alle scuole per educare i giovani sull'importanza del sacrificio e dell'impegno civile, e una serata aperta a tutti i cittadini che vogliono rendere omaggio a un eroe locale. La storia di Willy Jervis rimane un faro di coraggio e umanità, la cui eco continua a risuonare nelle valli e nelle montagne che egli tanto amava.

LA SUA STORIA

Ottant'anni fa, il 5 agosto 1944, Guglielmo "Willy" Jervis veniva trucidato dai nazisti a Villar Pellice, in Val Pellice.

Ingegnere, alpinista, antifascista e federalista europeo, Jervis è stato una figura chiave nella Resistenza italiana e nella costruzione dell'Europa unita.

A Ivrea, dove Jervis lavorava come ingegnere alla Olivetti e dove ha vissuto per gran parte della sua vita, gli hanno intitolato una strada, la più bella del mondo (secondo Le Corbusier), quella del patrimonio Unesco e di tutti gli edifici Olivettiani che vanno dalla fabbrica di mattoni rossi a Palazzo Uffici.

Ma chi era davvero Willy Jervis? E perché la sua memoria è ancora così importante?

Via Jervis, Ivrea

Un ingegnere con la passione per la montagna e la libertà

Guglielmo Jervis nacque a Napoli il 31 dicembre 1901, primo figlio di Bianca Quattrini e Tomaso Jervis. La madre apparteneva a una famiglia valdese di origini elbane. Il padre, di professione ingegnere e anch'egli valdese, aveva origini britanniche; la sua famiglia si era trasferita in Italia nel 1860.

Jervis studiò a Torino, a Firenze e al Politecnico di Milano, dove si laureò in ingegneria nel 1925. Tra il 1925 e il settembre 1926 prestò servizio nell'esercito, da cui si congedò con il grado di sottotenente. Richiamato per il servizio militare nel 1930, fu promosso tenente. Fu dunque assunto dalla ditta milanese Frigidaire, attiva nella produzione di frigoriferi, presso la quale lavorò per sei anni. Nel 1934 passò alla Olivetti, con mansioni di ingegnere e impiegato tecnico. 

Dopo un breve incarico come direttore della filiale di Bologna, Adriano Olivetti lo chiamò nella sede di Ivrea, affidandogli il compito di pianificare e coordinare la formazione professionale degli operai meccanici della prestigiosa fabbrica di macchine per scrivere. Intelligente, schivo, riservato e, al tempo stesso, estremamente concreto e dinamico, l’ingegner Jervis nutriva una grande passione per l’alpinismo.

Intelligente, schivo, riservato e, al tempo stesso, estremamente concreto e dinamico, l’ingegner Jervis nutriva una grande passione per l’alpinismo. Amava le montagne, le ascensioni in roccia e fece parte del Club Alpino Accademico Italiano, la sezione d’eccellenza del sodalizio, il fiore all’occhiello del CAI, formato da alpinisti che si erano distinti per le loro imprese sportive.

Nel frattempo, Jervis fu attivo nel movimento giovanile valdese, collaborando, a partire dal 1931, con il pastore Giovanni Miegge alla redazione della rivista Gioventù Valdese

Nel 1932 sposò Lucilla Rochat con la quale ebbe tre figli. Il primogenito Giovanni è stato un importante psichiatra, fra i promotori della legge Basaglia.

Deciso oppositore del fascismo dopo l’armistizio dell’ 8 settembre del 1943 fu tra i primi a organizzare la resistenza armata nella zona di Ivrea. Mettendo a frutto la sua abilità alpinistica e la conoscenza delle lingue, accompagnò più volte gruppi di profughi ebrei e di sbandati in Svizzera, dove entrò in contatto con esponenti dell’esercito e dei servizi segreti militari inglesi dell’OSS che gli affidarono importanti missioni di collegamento con i partigiani italiani.

Sempre nel 1943, insieme ad Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann,fondò il Movimento Federalista Europeo, con l'obiettivo di costruire un'Europa unita e pacifica dopo la guerra.

Ricercato da fascisti e nazisti, Jervis raggiunse Torre Pellice e le valli valdesi dove proseguì l’attività partigiana assumendo il nome di battaglia di “Willy”.

Commissario politico delle formazioni piemontesi di Giustizia e Libertà, l’ingegnere olivettiano si distinse per coraggio e altruismo, organizzando anche il primo lancio di armi ai partigiani nel gennaio del ’44, un episodio importante che Giorgio Agosti ricordò così: “In quell’alta Val d’Angrogna che aveva visto accendersi i fuochi dei valdesi che difendevano la loro libertà contro le truppe francesi e piemontesi, Jervis ebbe la gioia di accendere i fuochi che accolsero il primo lancio di armi effettuato dagli alleati nelle alpi occidentali”.

Organizzò il primo lancio di armi per la resistenza sulle Alpi Occidentali. L'8 marzo 1944 partì da Torre Pellice alla volta di Torino, in possesso di una piccola quantità di esplosivo e di alcune relazioni di sabotaggio dei GAP.  

La mattina dell’11 marzo, Jervis fu fermato da una pattuglia delle SS sul ponte di Bibiana perché sprovvisto dei documenti di circolazione della sua motocicletta. Portato in caserma, prima di essere interrogato, tentò inutilmente di disfarsi del materiale compromettente e venne trasferito e rinchiuso per cinque mesi nelle Carceri Nuove di Torino in attesa della condanna a morte.

Torturato a lungo, non rivelò alcuna informazione che potesse nuocere al movimento partigiano. Nonostante le dure restrizioni della vita carceraria riuscì clandestinamente a scrivere delle lettere alla moglie.

Nella notte tra i 4 e il 5 agosto 1944, insieme ad altri quattro compagni, venne portato a Villar Pellice e fucilato sulla piazza del paese che oggi, in memoria del suo sacrificio, ne porta il nome.

Il corpo di Willy Jervis, a spregio e monito, fu poi impiccato a un albero. Il giorno dopo, sul luogo dell’esecuzione, fu ritrovata la Bibbia tascabile che portava sempre con sé sulla quale aveva inciso con uno spillo l’ultimo suo pensiero: “Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea”.

Un'eredità viva

Dopo la sua morte, considerando il suo ingegnere un “caduto sul lavoro”, Adriano Olivetti si offrì di mantenere la famiglia di Jervis, chiedendo alla vedova Lucilla Rochat “l’onore di provvedere” a lei e ai figli. Nel 1950 Jervis venne decorato alla memoria con la medaglia d’oro al valor militare. A lui sono dedicati  due rifugi alpini (uno a Ceresole Reale, in Valle Orco sulle Alpi Graie; l’altro a Bobbio Pellice, in val Pellice nelle Alpi Cozie).

Willy Jervis è stato un eroe silenzioso, un uomo che ha dedicato la sua vita alla lotta per la libertà e la giustizia. Il suo esempio di coraggio e di impegno civile continua ad ispirare le nuove generazioni.

A Ivrea, la strada intitolata a Willy Jervis è un simbolo della sua memoria e del suo sacrificio. Ma la sua eredità va ben oltre la città che lo ha adottato. Il suo impegno per la costruzione di un'Europa unita e pacifica è più attuale che mai, in un momento in cui il nostro continente è nuovamente minacciato da divisioni e nazionalismi.

Ricordare Willy Jervis significa ricordare i valori per cui ha combattuto: libertà, democrazia, giustizia e solidarietà. Valori che sono il fondamento della nostra Europa e che dobbiamo continuare a difendere con tenacia e coraggio.

Un testo fondamentale per approfondire la sua storia è “Un filo tenace. Lettere e memorie 1944–1969”, che raccoglie la corrispondenza con la moglie Lucilla e Giorgio Agosti, pubblicata da Bollati Boringhieri a cura di Luciano Boccalatte, con l’introduzione di Giovanni De Luna e la postfazione del figlio di  Jervis, Giovanni, importante psichiatra e collaboratore di Franco Basaglia, scomparso nel 2009. Un altro libro importante è “Willy Jervis. Una vita per la libertà”, scritto da Lorenzo Tibaldo per i tipi della Claudiana.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori