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21 Aprile 2020 - 15:45
CORONAVIRUS CIRIÈ - LANZO. Ci voleva il Tg2, con un servizio andato in onda sabato, all’ora di pranzo, per far aprire gli occhi di tutta Italia sulla disastrosa gestione dell’ospedale di Ciriè (dove sono ricoverati oltre un centinaio di positivi). È la cronaca di una morte annunciata, raccontata dalle testate giornalistiche locali e da sindacati che da mesi, anni, decenni si sbracciano - inascoltati - per le continue ed immutabili difficoltà di un nosocomio lasciato abbandonato a se stesso, governato dal caso. Oggi tiriamo solo le somme di un disinteresse che ha le radici nel passato, remoto e recente. Un disinteresse generalizzato, dalla direzione dell’AslTo4 fino alla Regione. Che cosa ci sbalordisce? Non tanto le polemiche sull’unico percorso di accesso alle sale del pronto soccorso, dove passano i pazienti malati di Coronavirus ma pure tutti gli altri. Ci sbalordiscono le innumerevoli segnalazioni di medici, infermieri e oss - del personale sanitario tutto - che ci telefonano, ci scrivono su Facebook, ci mandano un Whatsapp per raccontarci ognuno, l’uno dopo l’altro, un pezzo di qualcosa che non va. «Perché la gente deve sapere» dicono, con le mani tra i capelli. Non ne possono più. E c’è tanto, che non va. Tantissimo.
Partiamo dalle polemiche dei giorni scorsi, seguite al servizio del Tg2. Il segretario regionale del Nursing Up, Claudio Delli Carri, denuncia una «situazione potenzialmente esplosiva anche per il personale” e chiede l’apertura di un’inchiesta della Regione e dell’Unità di Crisi su quanto accade, con risultati rapidi e risolutivi: “Al Pronto Soccorso di Ciriè i malati Covid vengono visitati senza passare da percorsi separati».
«ll corridoio di accesso alle sale visita destinate ai malati Covid e l’accesso alle sale destinate alle persone non infette è lo stesso - ha puntato il dito -. È una situazione intollerabile a quasi un mese mezzo dall’inizio delle emergenze, le procedure base per la separazione dei casi infetti dovrebbero essere già state metabolizzate da tempo». Al sindacato si sono accodati l’Uncem del presidente Marco Bussone (di Vallo) e la deputata barbaniese del Partito Democratico Francesca Bonomo.
Bussone ha chiesto un chiarimento all’Asl To4 rispetto alle segnalazioni sulle “promiscuità all’interno del pronto soccorso”, dove non ci sono distinzioni tra covid e non covid. “Un fatto - dice Bussone - denunciato da sindacati di medici e infermieri, sul quale serve una commissione di verifica che deve essere avviata dall’Asl di riferimento”.
Stesse considerazioni dalla deputata piemontese.
«L’Asl To4 faccia al più presto chiarezza: quanto emerso non è accettabile - dichiara -. La tutela del personale sanitario e dei pazienti viene prima di tutto, ma continuiamo a ribadire l’importanza dei tamponi, che sono ancora troppo pochi. Capiamo la situazione di criticità in seguito alla presa in carico di numerosi pazienti arrivati nelle ultime ore dalle case di riposo del Ciriacese e delle Valli di Lanzo, ma non è accettabile che le ambulanze vengano utilizzate come sale di aspetto e che non ci siano percorsi differenziati per i pazienti negativi al Covid-19. In Piemonte, ma anche nel Canavese, il numero dei contagi fatica a scendere: paghiamo purtroppo una pessima gestione dell’emergenza Coronavirus da parte della Giunta regionale».
«L’organizzazione del Pronto Soccorso di Ciriè è stata riprogrammata per l’emergenza da Covid-19, garantendo la separazione degli utenti covid e non covid» replica il Direttore della Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza dell’ASL TO4, dottor Paolo Franzese. Una nota stampa che non avremmo neanche voluto pubblicare (ma dobbiamo, dovere di cronaca), visto che da quando è scoppiata l’emergenza l’AslTo4 ha deciso di non rispondere più alle domande dei giornalisti sul fronte Coronavirus, trincerandosi dietro all’Unità di Crisi che avrebbe centralizzato tutta la comunicazione relativa al Covid. L’azienda ci propina comunicati stampa quasi quotidiani ma non risponde ai giornali. Guardando la situazione, capiamo anche il perché. «Sono state previste aree di gestione dei pazienti intettivi e non infettivi separate, con operatori dedicati a ciascun settore - prosegue Franzese - La struttura del Pronto Soccorso di Ciriè è dotata di un unico corridoio centrale di rapido transito che unisce i diversi settori, pertanto esiste una porzione di percorso condiviso nel quale devono poter transitare sia pazienti infetti, o sospetti tali, sia pazienti non infetti. Laddove non sia possibile la modifica architettonica, come nel caso del Pronto Soccorso di Ciriè, è stato elaborato un progetto logistico che garantisce la percorrenza della breve porzione di percorso condiviso da una sola tipologia di paziente per volta. E’ stato analizzato questo aspetto con gli esperti in igiene e in malattie infettive: il semplice e rapido transito dei pazienti infetti, adeguatamente isolati con gli opportuni dispositivi di protezione individuali, di per sé già idonei a contenere la carica virale, a cui si aggiunge un’adeguata sequenza di trattamenti di sanificazione, non comporta un incremento del rischio di diffusione infettiva. Un comportamento differente non sarebbe ipotizzabile in alcuno dei Pronto Soccorso aziendali».
Il Nursing up denuncia anche la carenza di personale in Pronto Soccorso, con una decina di operatori sanitari risultati positivi al Coronavirus e quindi posti in quarantena a casa, ovviamente senza che l’azienda li sostituisse.
«Il personale è allo stremo - rimarca Delli Carri -. Negli ultimi giorni c’è stato un massiccio afflusso di pazienti dalle case di riposo, casi positivi o sospetti di Coronavirus». A differenza di quanto avviene con i pazienti più giovani, gli anziani non possono essere rimandati a casa e necessitano di ricovero. Ma non ci sono solo i pazienti Covid, da gestire. Ci sono anche quelli “puliti”, come vengono definiti dagli operatori, ovvero non contagiati dal Coronavirus e giunti in Pronto Soccorso per altre malattie. Di conseguenza il Dea è intasato: a fine della scorsa settimana gli oltre quaranta posti a disposizione erano tutti occupati. Ad alcuni pazienti arrivati in ambulanza è toccato restare sul mezzo in attesa che si liberassero i posti, come fosse una sala d’aspetto. Mancano i posti e mancano gli operatori sanitari, checché ne dica l’azienda.
«Nel Pronto Soccorso il personale è stato ridotto di una decina di unità tra infermieri e Oss, a casa in quarantena, ed anche alcuni medici sono stati contagiati - prosegue Delli Carri -. La dirigenza è in difficoltà e gli operatori sono in completo affanno, fanno quel che possono. Speriamo che altri non risultino positivi o non sapremo più come fare, speriamo che la curva dei contagi si abbassi e i pazienti diminuiscano. Gli operatori stanno lavorando veramente in condizioni disumane. Se i numeri saranno ancora questi non riusciremo a reggere l’urto. Ma la dirigenza si ostina a non assumere».
In una nota stampa ha anche spiegato il perché. «Per quanto riguarda la quota di personale infetto, questa risulta nel Pronto Soccorso di Ciriè ancora compatibile con il mantenimento delle attività in regime di sicurezza, mediante l’intervento sostitutivo previsto dalla Direzione del Comparto, che prevede peraltro cicli di rinforzo dell’apprendimento delle procedure di sicurezza, gestite dal personale del Comitato aziendale delle Infezioni Ospedaliere e da parte dei Responsabili Infermieristici di Dipartimento. Rinforzo dell’apprendimento già attuato presso i Pronto Soccorso di Chivasso e di Ivrea e previsto a breve anche per la sede di Ciriè».
«Presso il Pronto Soccorso di Ciriè la copertura dei turni del personale del comparto è adeguata, anche in rapporto al numero di passaggi giornalieri - aggiunge la Dirigente delle Professioni Sanitarie, dottoressa Clara Occhiena -. A oggi i numeri di personale positivo per Covid-19, per il comparto, è di 4 infermieri e 5 OSS. Nelle 24 ore sono presenti in turno 21 infermieri (8 al mattino, 8 al pomeriggio, 5 di notte) e 10 OSS (4 al mattino, 4 al pomeriggio, 2 di notte). La sala gessi, ordinariamente gestita dal personale del Pronto Soccorso, è coperta da personale distaccato dall’area ambulatoriale. La media dei passaggi giornalieri, dal 1° al 15 aprile, è stata di 36 utenti». Conclude il dottor Franzese: «In particolare, nella fascia diurna della giornata di venerdì 17 aprile si è registrato l’accesso di 46 pazienti, prevalentemente anziani e pluripatologici, con l’impegno complessivo degli spazi del Pronto Soccorso».
Dichiarazioni inaccettabili per il Nursing Up. «La dirigenza asserisce che gli accessi sono diminuiti e se manca personale è comunque proporzionato a quanto ne serve - sottolinea Delli Carri -. In una situazione normale possiamo anche capirlo, in una situazione di emergenza invece è una presa in giro. La gestione dei pazienti Covid è totalmente diversa da quella dei pazienti non Covid. Ci prendono in giro perché non sanno da che parte girarsi, non sanno gestire la situazione. La direzione generale ha esaurito la graduatoria che aveva in piedi per l’assunzione di infermieri, ma ha distribuito praticamente tutto il personale a Chivasso mentre a Ciriè sono rimaste le briciole. Ma se l’ospedale è ridotto così, l’unità di crisi dell’AslTo4 allora a cosa serve? Ci serve più personale per poter respirare un po’».
La situazione non è tanto migliore in alcuni reparti, almeno quelli dove sono più numerosi i pazienti Covid, ad esempio Medicina, Chirurgia, Otorino-Oculistica, Neurologia.
«Si continua a non avere tutti i dispositivi di protezione - aggiunge Delli Carri -. Alcuni hanno dovuto tenere le mascherine chirurgiche monouso per tre giorni. Le Ffp2 e le Ffp3 scarseggiano». Ci sono medici finiti a casa in quarantena perché hanno manifestato i sintomi del Covid a cui il tampone è stato fatto due o tre settimane dopo. Potevano essersi negativizzati prima, potevano tornare a lavorare prima, ma non hanno potuto. E ce ne sono altri, di racconti. Uno sui tamponi fatti al personale sanitario in ospedale: tutti convocati alla stessa ora, una quarantina di dipendenti ammassati in attesa del test. Alla faccia del distanziamento.
Non c’è solo Ciriè. Come se non bastasse, anche l’ospedale di Lanzo è messo male. Mezzo reparto di Medicina - 25 posti su 50 - è stato chiuso perché anche qui una decina di operatori sanitari è risultata positiva al Coronavirus. L’altra metà è occupata da pazienti Covid.
Ed emerge - sempre dai racconti di chi lavora nella sanità ciriacese e valligiana - un altro retroscena. L’ospedale di Lanzo sarebbe dovuto rimanere un ospedale “Covid free”, avrebbe sostanzialmente dovuto prendere in cura i pazienti non contagiati in arrivo da Ciriè, lì dove ci si sarebbe concentrati sui casi Covid. Il problema è che a Lanzo sarebbero arrivati pazienti da Ciriè che al primo tampone erano risultati negativi. Ma tutti negativi, in realtà, non lo erano: perché una volta giunti a Lanzo, alcuni si erano poi rivelati positivi. Così è partito il contagio, a causa dei falsi negativi al tampone. I casi sono pian piano aumentati e ci sono stati i primi casi di Covid anche tra il personale. Così è stata suddivisa la Medicina, con una parte Covid free ed un’altra destinata ai pazienti positivi. Ma poi sono rimasti contagiati anche gli operatori che avrebbero dovuto occuparsi della parte non Covid. Che è quindi stata chiusa.
Tutto qui? Figuriamoci. L’Uncem ha sollevato anche il caso di una persona morta nelle scorse ore all’ospedale di Ciriè, per patologie diverse da covid, che in fase di ‘gestione’ in obitorio è stata trattata proprio come un covid. «Una persona a me vicina, con una famiglia che non ha certo voglia al momento di aprire polemiche - commenta Bussone -. Una situazione da chiarire, mi chiedo se per probabile autotutela del personale anche i non-covid vengano assimilati a persone morte per coronavirus». Questo comporterebbe «per il defunto un trattamento particolare a scapito in particolare dei famigliari che non possono più vedere il loro caro».
Sarebbe proprio così, fa sapere l’AslTo4. «In relazione al caso segnalato si informa che l’ASL TO4 applica quanto contenuto nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 73832 dell’8 aprile 2020 -. dichiara il Direttore della Medicina Legale dell’ASL TO4, dottor Giovanni Presta -. Tale Circolare, alla lettera A punto 4, così dispone: «...Nei casi di morte nei quali non si possa escludere con certezza che la persona fosse affetta da Covid-19, per il principio di precauzione si adottano le stesse cautele previste in presenza di sospetta o accertata patologia da microrganismi di gruppo 3 o prioni...» (fra cui il Covid-19). Pertanto, non avendo, nel caso specifico, elementi certi di esclusione di infezione Covid-19, pur confermando quanto trascritto in scheda ISTAT relativamente alle cause di morte, con conseguente non inserimento del defunto tra i casi attribuibili a decesso da Covid-19, si è proceduto correttamente secondo il principio di precauzione, come disposto dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri citata in premessa».
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