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31 Ottobre 2025 - 17:29
Mercoledì mattina, in strada della Praia 8 a Ferriera di Buttigliera Alta, il gruppo di acquisto ResinGlass ha spalancato le porte della sua sede a un incontro che non era solo un momento di formazione, ma un esperimento di linguaggio tra mondi apparentemente distanti: quello dell’innovazione industriale e quello dell’artigianato del gusto.
Da una parte gli imprenditori del composito, specialisti della fibra, che costruiscono finestre in grado di sfidare il tempo e il rumore; dall’altra Alimentari Vicenzi, custodi di un sapere antico, di una manualità che trasforma la materia prima in memoria commestibile.
Non si sono solo scambiati biglietti da visita. Hanno condiviso una visione del futuro.
L’incontro — al termine di una mattinata di formazione intensa, come la resina che indurisce alla luce — è diventato il simbolo di un’Italia che, pur camminando su due binari diversi, continua a cercare un punto di contatto tra innovazione e tradizione, tra calcolo e sentimento, tra la finestra che guarda avanti e il cibo che guarda indietro.
Sul tavolo, tra slide e appunti, hanno fatto la loro comparsa i prodotti di Vicenzi: il pecorino Ma-trù di Amatrice, l’insalata russa, le salsicce e gli affettati e tutta quella grammatica del gusto che nasce dalla terra e non dalle macchine. Ogni sapore aveva una funzione, come un paragrafo in un discorso collettivo: raccontare cosa succede quando la sostanza si fa cultura.
Gli imprenditori di ResinGlass parlano di efficienza, di sistemi, di algoritmi del serramento, ma dietro i numeri si legge un’altra tensione: quella di dare forma a un prodotto che duri, non solo tecnicamente ma eticamente. Perché una finestra, se fatta bene, è anche una dichiarazione di responsabilità: trattiene il calore, difende dal rumore, ma soprattutto protegge la vita dentro. Ed è in questo senso che l’incontro con i formaggi e i salumi di Vicenzi non è stato un semplice catering, ma una metafora della materia che resiste.
Ogni prodotto alimentare, come ogni profilo in fibra di vetro, è il risultato di un equilibrio: temperatura, tempo, pressione, pazienza. Solo che nel caso del pecorino è la natura a dettare il ritmo, mentre nel caso di ResinGlass è la tecnologia. Ma il fine è lo stesso: domare la materia senza tradirla. Entrambi, in fondo, cercano un modo per conservare ciò che si corrompe: il legno che marcisce, il latte che invecchia.
 E allora il punto d’incontro sta proprio lì, nel gesto che trasforma senza negare l’origine.
Gli uomini e le donne di ResinGlass lo sanno bene. Li riconosci dallo sguardo di chi ha passato anni a misurare millimetri e tolleranze, ma che non ha perso il gusto del racconto. Li ascolti parlare di “valori condivisi”, di “reti d’impresa”, e capisci che la loro idea di gruppo d’acquisto non è solo economica: è culturale. La forza del collettivo contro la solitudine del piccolo imprenditore. L’unione come forma di difesa, ma anche come laboratorio di senso.
E così, in quella mattina di Ferriera, mentre i telefoni restavano zitti, qualcuno ha versato un bicchiere di vino, ha tagliato un salame e il discorso si è fatto più umano. Il profumo del pecorino si è mescolato al suono della parola “innovazione”.
Ed è parso chiaro che non si trattava più di due mondi separati, ma di due forme dello stesso mestiere: creare valore attraverso la materia.
Vicenzi rappresenta la memoria lenta, ResinGlass la velocità controllata. Ma il senso dell’incontro era mostrare che la modernità non è un’abiura della tradizione: è la sua prosecuzione con altri mezzi.
In un’epoca in cui il mercato impone fretta, standard, sostituzioni continue, un gruppo di imprenditori che si ferma a parlare di “visione” e “valori” sta già facendo resistenza. E non è un caso che il loro lessico somigli a quello del cibo: qualità, autenticità, origine. Parole che, se svuotate, diventano marketing; ma che in quella sala, tra un affettato e un pezzo di pecorino, suonavano sincere.
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