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13 Settembre 2025 - 15:49
E poi succede. Succede che a Ivrea centinaia di persone, tante famiglie e tanti bambini, scendano in piazza per tornare a parlare di pace e libertà. Succede che dalle tre del pomeriggio di un sabato di settembre un corteo prenda forma in piazza Ottinetti per poi allungarsi tre le vie principali della città, in via Palestro, corso Garibaldi, sul Ponte Vecchio, al Borghetto, in piazza Lamarmora e corso Nigra – fino allo ZAC! in via Dora Baltea 40b.
Un corteo che non è solo testimonianza, ma un atto politico, una tappa fondamentale sulla strada che porterà alla grande manifestazione regionale del 20 settembre a Torino. Lo hanno spiegato bene gli organizzatori: “La Palestina è oggi il laboratorio globale del genocidio, della distruzione sistematica e della cancellazione di un popolo”. Gaza ridotta in macerie e la Cisgiordania minacciata dall’ennesima annessione non sono, per loro, questioni lontane: sono la prova “provata” di un progetto colonialista e suprematista che riguarda anche noi, direttamente, nelle dinamiche di sfruttamento e repressione che scandiscono la vita quotidiana in Italia e in Europa.
A dare forza a queste parole tanti cartelli e striscioni, tante domande, nessuna provocazione.
“Gaza is the new Auschwitz”, “Non siamo complici del genocidio”, “Il riarmo è sfruttamento, boicottiamo il loro intento”, “Noi siamo l’equipaggio di terra”, “Difendi le barche della Sumud Flotilla”, fino alla frase scritta a lettere rosse e nere: “Qual è la differenza tra un ebreo morto nei forni e un palestinese morto a Gaza? Nessuna! Sono stati uccisi entrambi dalle follie di potere, da banali interessi economici, dalla paura verso i potenti, dall’egoismo”.
In prima fila, su un automezzo che diffondeva musica – tra cui Casa mia di Ghali – anche Jacopo Bianchi, in arte Cosmo, il cantante eporediese che da mesi sui suoi profili social parla dei mali del mondo, partecipando attivamente a diffondere una cultura di pace. Non da artista sul palco, ma come parte del corteo, voce tra le voci. Una presenza simbolica, un segnale di appartenenza e di sostegno.
In sottofondo, ma neppure poi tanto, la denuncia del “Comitato Ivrea per la Palestina” sulla complicità delle istituzioni italiane, sul ruolo dell’industria bellica, sui governi e sulle aziende che alimentano la guerra.
“Non possiamo permettere che la narrazione mediatica nasconda la verità del genocidio e della pulizia etnica in corso”, dicono, rifiutando l’idea di un conflitto “lontano”. La Palestina come specchio di un passato coloniale e dell’imperialismo occidentale.
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Non solo denuncia, anche resistenza e appoggio alla resistenza. Quella della “Global Sumud Flotilla”, dei medici, dei portuali e degli attivisti in tutto il mondo. Dimostrano che ribellarsi è possibile, che l’autodeterminazione dei popoli non è solo uno slogan, ma una strada reale per costruire un futuro diverso.
Al microfono, tra gli altri, anche Mustafà Fedda, guida spirituale della comunità musulmana eporediese.
“Non è fantasia - ha detto con un groppo in gola - È la realtà quotidiana di migliaia di persone nella Striscia di Gaza. Non è una guerra tra eserciti, ma un massacro di civili, di bambini, di giovani che vogliono vivere. Migliaia di vite spezzate. Ogni notte le madri stringono i propri figli”.
Allo ZAC!, la manifestazione ha trovato il suo sbocco naturale con una raccolta firme da inviare in Regione per chiedere il blocco dell’export e dell’import di armi, l’interruzione di ogni rapporto politico e istituzionale con Israele, la cancellazione di accordi economici, commerciali, accademici e finanziari, finanche l’esclusione da tutte le iniziative culturali e sportive.
Alle 18:30, il dj set di Shera, che ha trasformato l’energia del corteo in musica e socialità. Un modo per dire che la protesta non è solo rabbia, ma anche costruzione di comunità.
Ora che la piazza si è svuotata e gli striscioni sono stati ripiegati, resta il segno di una giornata forte, che ha visto Ivrea non come città di provincia, ma come parte di una mobilitazione globale. Una tappa di avvicinamento alla grande manifestazione regionale del 20 settembre a Torino, che segnerà un altro passaggio di questa mobilitazione.
Restano i volti dei bambini che hanno sfilato con bandiere più grandi di loro, le famiglie che hanno camminato insieme, le parole di Cosmo dall’automezzo e la voce ferma di Mustafà Fedda. Resta soprattutto un messaggio che gli organizzatori hanno scolpito come parola d’ordine e che la piazza ha fatto suo: “La lotta della Palestina è anche la nostra lotta quotidiana contro l’economia di guerra e lo sfruttamento sociale. Vogliamo libertà, in Palestina come ovunque”.






































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