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13 Settembre 2025 - 15:49
Ivrea, sabato 13 settembre 2025.
Il corteo è partito, e la città è attraversata da un’onda che non si ferma. Da piazza Ottinetti si allunga un fiume di corpi, voci e bandiere: centinaia di persone che marciano tra le vie di Ivrea, strette tra i muri delle case e i tamburi che scandiscono il passo. Ogni slogan è un pugno nell’aria: “Palestina libera”, “Stop alle armi”, “Con la Palestina fino alla liberazione”.
Davanti a tutti c’è Cosmo, Jacopo Bianchi, il cantante eporediese che ha scelto di metterci la faccia, camminando in prima fila dietro lo striscione principale. La sua presenza non passa inosservata: simbolo della città che si riconosce in questa battaglia, voce che si unisce al coro collettivo senza bisogno di palchi o riflettori.
I cartelli raccontano Gaza ridotta in polvere, la Cisgiordania sotto minaccia, i volti dei bambini strappati alla vita. Alcuni manifestanti hanno appeso foto alle magliette, altri brandiscono striscioni lunghi decine di metri. Sopra, parole nette: genocidio, colonialismo, complicità. Ivrea, oggi, diventa specchio del mondo.
Il corteo avanza lungo il percorso annunciato: da via Palestro a corso Garibaldi, dal Ponte Vecchio al Borghetto, passando per piazza Lamarmora e corso Nigra, fino ad arrivare allo ZAC! in via Dora Baltea 40b. Dalle finestre la gente guarda, qualcuno applaude, altri filmano col cellulare. La città diventa un palcoscenico, ma qui non c’è spettacolo: c’è rabbia, dolore e volontà di resistere.
Tra gli altri, a prendere la parola è stato anche Mustafà Fedda, del Centro islamico di Ivrea, guida spirituale della comunità musulmana eporediese. Le sue frasi hanno attraversato il silenzio creatosi tra un coro e l’altro: “Non è fantasia. È la realtà quotidiana di migliaia di persone nella Striscia di Gaza. Non è una guerra tra eserciti, ma un massacro di civili, di bambini, di giovani che vogliono vivere. Migliaia di vite spezzate. Ogni notte le madri stringono i propri figli”. Parole che hanno scosso la piazza, rendendo palpabile la distanza tra le immagini trasmesse dai media e il dolore vissuto ogni giorno.
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Gli organizzatori non hanno dubbi: “La Palestina è laboratorio del genocidio, e noi non vogliamo essere complici”. E la richiesta alla Regione Piemonte è scandita forte: bloccare ogni accordo con Israele, dall’export di armi alle intese accademiche, dagli scambi economici fino alle manifestazioni culturali e sportive. Per loro non si tratta di diplomazia: si tratta di scegliere da che parte stare.
Davanti al corteo c’è chi batte il ritmo con i tamburi, dietro si alzano le voci dei più giovani, studenti e studentesse che gridano senza fermarsi. Nel mezzo, cartelli improvvisati con pennarelli e cartone: “Non restiamo indifferenti”. Ivrea risponde, oggi, con la sua voce.
La marcia si concluderà allo ZAC!, ma già adesso è chiaro che non sarà un epilogo. Ci saranno petizioni, raccolte di firme, e alle 18:30 il dj set di Shera. La musica, promessa dagli organizzatori, sarà l’eco della resistenza: perché la protesta non è solo rabbia, ma anche incontro, non è solo grido, ma comunità.
In mezzo a tamburi e cori, resta scolpita una parola d’ordine che vibra tra le strade di Ivrea e che oggi nessuno può ignorare: con la Palestina fino alla liberazione.
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