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Global Sumud Flotilla, il Mediterraneo si muove per Gaza

Partita da Barcellona la più grande flottiglia di pace mai organizzata, con venti imbarcazioni e equipaggi da 44 paesi. Mentre da Ivrea alle piazze europee crescono i gesti di solidarietà, Israele minaccia di trattare i partecipanti come “terroristi”.

È salpata da Barcellona la più grande Global Sumud Flotilla mai organizzata. Una ventina di imbarcazioni, con equipaggi provenienti da 44 paesi, hanno lasciato le coste catalane il 31 agosto, dirette verso la Striscia di Gaza. Si tratta del più vasto convoglio civile mai partito con un obiettivo chiaro: rompere simbolicamente – e se possibile concretamente – il blocco navale imposto da Israele e consegnare aiuti umanitari a una popolazione allo stremo. L’arrivo è previsto tra il 14 e il 15 settembre, quando al gruppo principale si uniranno anche altre navi provenienti dalla Tunisia e dall’Italia.

A bordo non ci sono militari, né armamenti. Ci sono medici, volontari, artisti, sindacalisti, cittadini comuni. Insieme formano un mosaico di voci e di esperienze unite dalla stessa parola: sumud, termine arabo che significa resilienza, resistenza pacifica, perseveranza. Tra le organizzazioni coinvolte spicca anche Emergency, con la sua nave Life Support, pronta a garantire assistenza sanitaria durante la traversata e a ribadire il valore del diritto alla vita. Il convoglio porta con sé cibo, medicine, acqua, ma soprattutto un messaggio: Gaza non può essere lasciata sola. Per la popolazione della Striscia, intrappolata da quasi vent’anni in un assedio che limita ogni spostamento via terra e via mare, l’arrivo di una flottiglia simile è più di un aiuto. È un segnale che il mondo civile non ha dimenticato la tragedia quotidiana di oltre due milioni di persone.

Come in passato, anche questa nuova flottiglia non ha mancato di sollevare polemiche e tensioni diplomatiche. Da Gerusalemme, il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha già annunciato che i partecipanti saranno considerati “terroristi” e, se fermati, verranno incarcerati in condizioni severe. Parole che hanno acceso la preoccupazione delle famiglie degli attivisti e spinto diversi governi, tra cui quello italiano, a chiedere chiarimenti e garanzie per i propri cittadini.

Sul fronte opposto, invece, crescono i gesti di solidarietà. I portuali di Genova hanno minacciato di bloccare tutte le spedizioni dirette a Israele se la flottiglia dovesse essere fermata. Si tratta di un segnale forte, che potrebbe avere ricadute economiche significative: ogni anno tra i 13 e i 14 mila container partono dal porto ligure verso Israele. Uno stop sarebbe un messaggio chiaro non solo politico ma anche commerciale.

Alla partenza di Barcellona, l’eco della Flotilla ha trovato spazio anche nel mondo della cultura. Il cantautore britannico Billy Bragg ha pubblicato il brano Hundred Year Hunger, un inno alla resistenza palestinese e al valore della solidarietà internazionale. La canzone, uscita proprio nei giorni in cui le navi hanno lasciato il porto catalano, verrà presentata in un concerto-benefit a Londra il prossimo 20 settembre, ulteriore tappa di una mobilitazione che unisce le piazze, i porti e persino le note musicali.

flotilla

Il vento della Flotilla è arrivato fino a Ivrea. Martedì 2 settembre, allo Zac!, decine di persone hanno partecipato a un flash mob tanto semplice quanto suggestivo. Grandi e bambini hanno piegato fogli di carta trasformandoli in piccole barchette, fragili e leggere. Poi, in corteo, hanno attraversato la città fino a raggiungere la fontana di Camillo Olivetti. Qui le barchette sono state adagiate una accanto all’altra, formando una flotta simbolica. Un gesto che ha unito festa e impegno, leggerezza e serietà. Ogni barchetta era un pensiero, una preghiera laica, un messaggio di vicinanza a chi, in mare, sta tentando un viaggio molto più pericoloso. “Buon vento, Flotilla di Pace!” hanno gridato i partecipanti. Non un semplice saluto, ma un impegno morale: quello di non restare indifferenti.

Quella che oggi solca il Mediterraneo è una sfida tanto simbolica quanto concreta. Da un lato ci sono le navi della Global Sumud Flotilla, cariche di viveri e di ideali, dall’altro le minacce di Israele, che vede in queste imbarcazioni una violazione della propria sicurezza. Nel mezzo, milioni di persone che guardano a Gaza e si chiedono se il diritto internazionale e i principi umanitari abbiano ancora voce. La Global Sumud Flotilla non è soltanto un viaggio. È un atto di disobbedienza civile, una forma di diplomazia dal basso che mette insieme portuali, cantanti, attivisti e comunità locali come quella di Ivrea.

Piccole barchette di carta e grandi navi umanitarie: due estremi dello stesso filo che unisce piazze e mari, città e porti, nel nome di una speranza ostinata. L’arrivo a Gaza resta un’incognita. Ma, in un tempo in cui il Mediterraneo è spesso descritto solo come confine invalicabile o cimitero di migranti, la Global Sumud Flotilla prova a restituirgli un altro senso: quello di un mare che unisce, non che divide. E anche se le onde sono alte, la rotta è segnata da una bussola semplice e universale: la pace.

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