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“Adesso basta”: il vescovo Derio Olivero dà voce alle campane per Gaza

Nel silenzio della sera, il vescovo di Pinerolo si rivolge alla sua Chiesa e all’Italia intera: “Facciamo rumore. Diciamo basta. Basta guerra a Gaza”. Decine di parrocchie hanno risposto all’appello di Pax Christi, facendo suonare i campanili per cinque minuti.

Un uomo, seduto davanti a un telefono, parla con calma. Nessuna scenografia, nessun effetto. Solo il silenzio della stanza, il timbro della voce, il peso delle parole. Pochi secondi. Quanto basta per dire ciò che molti non riescono più a dire. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, guarda nell’obiettivo e parla al cuore della sua diocesi. E a chiunque voglia ascoltare. Parla da vescovo, sì. Ma anche da uomo. Da credente. Da cittadino che ha scelto di non voltarsi dall’altra parte.

“Cari amici, care amiche, è giunto il tempo di dire: basta. Adesso basta.”

Non un’espressione rituale. Non una generica invocazione di pace. Ma un grido preciso, consapevole, radicale. Un grido che rompe la normalizzazione della guerra, che respinge l’assuefazione alla morte, che si oppone con tutte le forze a ciò che è diventato insopportabile: la strage quotidiana di civili nella Striscia di Gaza.

Per questo, domenica 27 luglio alle ore 22, come proposto da Pax Christi, in decine di parrocchie italiane le campane hanno suonato a lungo. Cinque minuti. Forti. Intensi. Gravi. A squarciare il silenzio non solo delle chiese, ma di un mondo occidentale che troppo spesso tace. E a questi rintocchi monsignor Olivero ha voluto dare voce, registrando un video che è molto più di un messaggio: è una dichiarazione di umanità.

“Per questo mi unisco – dice – e chiedo alla mia Chiesa di Pinerolo di rompere il silenzio. Di far suonare le campane, di fare rumore, e dire: adesso basta. Lo dobbiamo gridare. Lo dobbiamo dire con forza: adesso basta. Basta.”

Parole semplici, ma profondamente politiche. Con questo gesto, il vescovo traccia una linea netta tra chi sceglie di tacere e chi no. Non organizza un convegno, non pubblica un documento. Si siede, guarda in faccia il suo telefono, parla. E invita a far suonare le campane. Antico e nuovo insieme. Parola e gesto. Fede e denuncia.

“Certo – aggiunge – abbiamo negli occhi la ferita del 7 ottobre. Condanniamo il terrorismo. Ma oggi dobbiamo dire con fermezza: basta questa guerra a Gaza.”

Nessuna ambiguità. Nessuna retorica. La condanna del terrorismo non può essere un alibi per chiudere gli occhi di fronte all’orrore che si consuma sotto i bombardamenti. Non si può più tollerare. Non si può più relativizzare. È tempo di prendere posizione. E la sua è chiara, limpida, profetica.

“E non aggiungo altre parole.”

Quel silenzio finale è un atto di fede. Perché non c’è bisogno di aggiungere altro quando parlano le campane. Quando il suono scende dai campanili e attraversa le strade, i tetti, le case, le montagne. Quando quel suono, per cinque minuti, dice ciò che molti non vogliono sentire: che a Gaza si muore. Che a Gaza si uccidono bambini. Che a Gaza si sta superando ogni limite. E che la nostra coscienza, se non reagisce, muore con loro.

Il vescovo di Pinerolo ha anche rilanciato l’appello condiviso dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, e da Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica di Bologna. Un testo che unisce due fedi e un solo grido: fermi tutti. Non per diplomazia. Ma per giustizia. Per pietà. Per amore della vita.

Così, in una sera d’estate, in un’Italia che troppo spesso preferisce non vedere, quel video – silenzioso, immobile, sincero – è diventato uno degli atti più forti e autentici del nostro tempo.
Un vescovo. Un telefono. Una voce. E le campane che suonano.

TESTO INTEGRALE DELL’APPELLO ZUPPI–DE PAZ:

Noi, rappresentanti delle comunità cristiana ed ebraica a Bologna, figli dell’Unico Dio pacifico e misericordioso, riconoscendoci Fratelli tutti, uniamo la nostra voce consapevoli della gravità dell’ora presente e della responsabilità morale che ci unisce come credenti e come cittadini.

Di fronte alla devastazione della guerra nella Striscia di Gaza diciamo con una sola voce: fermi tutti. Tacciano le armi, le operazioni militari in Gaza e il lancio di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli affamati e siano garantite cure ai feriti. Si permettano corridoi umanitari. Si cessi l’occupazione di terre destinate ad altri. Si torni alla via del dialogo, unica alternativa alla distruzione. Si condanni la violenza.

Ci uniamo al grido dell’umanità ferita che non vuole e non può abituarsi all’orrore della violenza: basta guerra. È il grido dei palestinesi e degli israeliani e di quanti continuano a credere nella pace, coscienti che questa può arrivare solo nell’incontro e nella fiducia, che il diritto può garantire nonostante tutto. Come ricorda il Salmo: “Cercate la pace e perseguitela” (Sal 34,15). E come insegna la sapienza antica: “Chi salva una vita, salva il mondo intero”. Ma è tragicamente vero il contrario: chi uccide un uomo uccide il mondo intero.

Condanniamo ogni atto terroristico che colpisce civili inermi. Nessuna causa può giustificare il massacro di innocenti. Troppi bambini sono morti. Nessuna sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese, come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi.

Rigettiamo ogni forma di antisemitismo, islamofobia o cristianofobia che strumentalizza il dolore e semina solo ulteriore odio. Chiediamo alle istituzioni italiane e internazionali coraggio e lucidità perché aprano spazi di incontro e aiutino in tutti i modi vie coraggiose di pace. Il dolore unisca, non divida. Il dolore non provochi altro dolore. Dialogo non è debolezza, ma forza. La pace è sempre possibile. E comincia da qui, da noi. Fermi tutti!

+ Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna
Daniele De Paz, Presidente della Comunità Ebraica di Bologna

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