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Strade a pezzi in Piemonte: sindaci in rivolta contro i tagli del Governo (VIDEO)

Manifestazione organizzata dal Partito Democratico sulla SP 590 a Lauriano, uno dei collegamenti pesantemente danneggiati dall'alluvione del 16 e 17 aprile scorsi

Lauriano, venerdì 23 maggio. La scena è chiara: sindaci (tutti del Partito Democratico o "simpatizzanti", ndr) con le braccia incrociate. È il ritratto fedele di uno spaccato del Piemonte che si sgretola sotto le ruote delle auto, mentre da Roma si tagliano i fondi con la precisione di un bisturi.

A Lauriano, piccolo comune del torinese, è andata in scena la manifestazione promossa dal Partito Democratico per denunciare quello che – numeri alla mano – è un autentico massacro alla sicurezza delle nostre strade provinciali. Una protesta che è prima di tutto politica, ma non solo. Perché qui, la sicurezza viaggia davvero su asfalto dissestato.

Il Governo, attraverso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha deciso di decurtare del 70% i fondi destinati alla manutenzione delle strade provinciali. Sì, proprio così: si passa da 45 milioni a 13 per tutto il Piemonte. In soldoni, significa lasciare pericolosamente sguarniti centinaia di chilometri di viabilità in una Regione che vive – letteralmente – sulla rete stradale. Da Alessandria a Vercelli, passando per Cuneo, Biella, Asti, Torino e il Verbano. Non si salva nessuno.

La frana in località Delfino tra Lauriano e San Sebastiano da Po, nel Chivassese

A gridare allo scandalo sono stati i consiglieri regionali del Partito Democratico: Gianna Pentenero, Nadia Conticelli, Monica Canalis e Alberto Avetta. Il loro è un urlo che rimbalza nei corridoi del consiglio regionale, ma trova eco nelle voci dei territori. «Cirio e Gabusi – attaccano – si dicono attenti alla sicurezza stradale, ma accettano in silenzio il taglio dei fondi. E intanto le Province devono cavarsela da sole». Già, perché mentre il Piemonte subisce l’ennesima ondata di piogge e frane, e la Città Metropolitana di Torino stanzia 5 milioni di fondi propri per gli interventi di somma urgenza, da Roma non arriva nemmeno un euro. E, tanto per aggiungere beffa al danno, nemmeno lo stato di calamità è stato ancora riconosciuto per l’alluvione di aprile.

Al presidio di Lauriano erano presenti il vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo, il sindaco di Cavagnolo Andrea Gavazza, quello di Chivasso Claudio Castello, il vicesindaco di Lauriano Renato Corio, la sindaca di Monteu da Po Elisa Ghion, il sindaco di Casalborgone Francesco Cavallero e il vicesindaco di San Raffaele Vincenzo Demasi, insieme alla consigliera Carla Tarasco. Tutti uniti, bipartisan nella frustrazione, perché quando si parla di dissesti e strade interrotte, non esistono casacche. Esistono cittadini da tutelare.

E allora ecco l’elenco lunghissimo degli interventi “in somma urgenza” su strade franate, scarpate da consolidare, ponti da monitorare, barriere da installare, guadi da ripristinare, asfaltature saltate da rifare. Interventi che vanno dalla Val Cerrina al Canavese, passando per Castagneto Po, Cavagnolo, Monteu da Po, San Raffaele Cimena, Moriondo, Casalborgone, fino ai paesi della montagna torinese e del Gran Paradiso. Interventi di cui si fanno carico direttamente i Comuni, spesso raschiando il fondo dei bilanci o spostando fondi da altre voci urgenti. Perché qui non si tratta di sistemare le buche sotto casa. Qui si tratta di impedire che un tir finisca giù per una scarpata o che un’ambulanza impieghi mezz’ora in più per arrivare in una borgata isolata.

Il segretario metropolitano del PD Marcello Mazzù è stato netto: «Salvini ha tagliato i fondi da 15 milioni a 4,5. Chi vive e lavora su queste strade deve sapere che il Governo se ne frega del nostro territorio». E ancora: «La priorità dovrebbe essere la sicurezza delle infrastrutture e delle persone, non le grandi opere inutili. Queste scelte politiche distruggono interi territori».

Parole condivise dal vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo, che non ha nascosto la sua esasperazione: «Come possiamo continuare ad assumerci la responsabilità – anche penale – per la sicurezza di 2.900 km di strade se il Governo ci taglia i fondi? Il rischio è di dover interrompere cantieri e lasciare strade insicure». Eppure, la Città Metropolitana, pur tra mille difficoltà, non ha fermato i lavori. Al contrario, ha accelerato e ha fatto pressione, affinché da Roma si torni sui propri passi. Ma finora, silenzio assoluto.

Nel frattempo, i sindaci si arrangiano. A Castagneto Po si consolidano scarpate e si controllano ponti. A Casalborgone si lavora sulla SP 71. A San Sebastiano da Po si interviene sulla SP 458. E a Lauriano si monitora la SP 104. Tutti interventi che richiedono competenze tecniche, soldi, risorse umane. E soprattutto: tempo. Tempo che, con la stagione delle piogge alle porte, sta per scadere.

Nel comunicato diffuso, l’elenco delle emergenze si legge come un bollettino di guerra. Per ogni chilometro c’è una frana da rimuovere, una scarpata da risagomare, una rete paramassi da installare. In alcuni tratti – come a Pinerolo o a Castagneto – si parla di pavimentazioni letteralmente sbriciolate. A Villa Castelnuovo e Balangero si lavora con gabbionate e canali di scolo per evitare nuovi smottamenti. A Borgaro, Rocca e Vistrorio si corre contro il tempo per evitare nuovi cedimenti.

E intanto? Intanto lo Stato guarda altrove. E mentre si finanziano ponti immaginari e infrastrutture per futuri fantomatici, le strade reali – quelle che portano a scuola i bambini e al lavoro gli operai – vengono abbandonate.

La manifestazione di Lauriano è stato un grido d’allarme rivolto al Ministro della Lega Matteo Salvini: «Qui c’è in gioco la sicurezza delle persone. E se qualcuno pensa di salvarsi dietro una conferenza stampa a Roma, si sbaglia di grosso».

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