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Foibe: una pagina della storia a lungo dimenticata. “Il nostro compito è ricordare” (VIDEO)

Celebrato il Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata

Una pagina buia della storia, per troppo tempo passata in secondo piano se non completamente dimenticata. Questo è stato il massacro delle foibe, subito dalla popolazione italiana in Istria e Venezia Giulia all’indomani dell’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio di Cassibile. I civili italiani, ma in alcuni casi anche i nostri partigiani la cui unica colpa era essere cittadini dello Stivale, furono uccisi a migliaia e gettati nelle “foibe”, i profondi pozzi naturali della zona carsica.

I civili sopravvissuti furono comunque costretti fino al 1947 – anno dei Trattati di Parigi che stabilirono il nuovo assetto internazionale – a lasciare i territori assegnati alla Jugoslavia e a trasferirsi in Italia, dando luogo all’esodo giuliano-dalmata.

La città di San Mauro Torinese ha celebrato domenica 9 febbraio – un giorno prima rispetto alla data ufficiale per favorire la partecipazione pubblica – il Giorno del Ricordo, una ricorrenza istituita nel 2004 con l’obiettivo di non dimenticare quanto avvenuto.

La celebrazione è stata aperta da Maria Vallino, presidente del Consiglio comunale: «Questo giorno è dedicato alla tragedia degli italiani, a tutte le vittime delle foibe, dall’esodo dalle loro terre, degli istriani, friulani e dalmati nel secondo dopoguerra. In quelle martoriate terre di confine, il secolo scorso ha riservato la tragica e peculiare sorte di vedere affiancati a pochi chilometri di distanza due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la foiba di Basovizza, uno dei luoghi in cui si verificò la ferocia titina».

L’intervento di Maria Vallino si è poi concentrato sulle influenze del passato sul presente, promuovendo il progetto europeo come antidoto ai nazionalismi e alle violenze: «Malgrado queste tragiche esperienze del passato, oggi però assistiamo con angoscia e non lontano da noi al risorgere di conflitti sanguinosi, in nome dell’odio, del nazionalismo esasperato e del razzismo – ha affermato a proposito della situazione in Ucraina e Medio Oriente –. L’Unione Europea può e deve essere la direzione di marcia per guardare al futuro con fiducia e speranza. La diversità dev’essere vista come una ricchezza che produce amicizia e progresso, e le giovani generazioni possono essere la speranza per un futuro migliore. Dobbiamo guardare all’Europa e al suo modello di democrazia e sviluppo avanzati. L’unità dei suoi popoli dev’essere la sua forza e la sua ricchezza».

È intervenuto poi Antonio Vatta, presidente della sezione torinese dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), che ha portato la sua testimonianza diretta, ricordando come in quei territori ci fossero insediamenti prima romani e poi italiani da secoli, ben prima del fascismo: «Anche a noi esuli è toccato lo spostamento da una parte all’altra, dalla terra dove siamo nati verso l’Italia. In quelle terre abbiamo sempre avuto una buona convivenza tra noi e gli slavi – ha specificato a proposito della situazione antecedente al massacro –. La maggior parte di noi ha in parte sangue slavo: tutti (noi della Venezia Giulia, ndr) abbiamo almeno un parente di origine slava. Questo odio non c’è mai stato. La crudeltà è quello che è venuto da lontano, non quello che è nato dentro i nostri confini».

Dopo il racconto di alcuni episodi personali su suo padre e sulla sua famiglia, Vatta ha lasciato la parola a Camilla Di Tanno, sindaco del CCR (Consiglio Comunale dei Ragazzi), che ha raccontato anche lei della sua storia familiare: «Questa giornata per me ha un significato particolare. La mia famiglia la vive intensamente, perché ancora oggi nei racconti di mio nonno sento il peso della sofferenza e della gravità che ha generato. Mio nonno, all’età di 3 anni, dovette segnalare dove fosse suo padre ai titini, prima di non vederlo mai più, come i suoi tre fratelli, e l’unico sopravvissuto poi si uccise per il trauma vissuto».

Dopo il suo ricordo, ha concluso la mattinata Giulia Guazzora, sindaca della città: «È stato un momento storico per tanti anni caduto nell’oblio e non ricordato nella maniera corretta. Presi dalle nostre vite, i tempi trascorrono; ma non sempre di quei momenti storici si riesce a portare la conoscenza alle generazioni successive. Questo è anche compito delle istituzioni. Il nostro augurio è di non dimenticare».

L'Associazione Nazionale Carabinieri, una delle delegazioni presenti

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