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Cronaca
28 Novembre 2024 - 16:31
Quando i cittadini parlano di paura e disagio, si risponde che è solo percezione. Quando un consigliere comunale denuncia il degrado, si suggerisce di non esagerare. Quando un accoltellato denuncia l’accoltellamento, si consiglia di abbassare i toni. Quando sui social esplode la protesta, è colpa degli hater. Quando un giornale fa il titolone, è una fake news. E quando la Guardia di Finanza arresta cinque persone per spaccio dentro e fuori il Movicentro, che cosa gli diciamo?
Ne siamo più che certi: se Ivrea dovesse andare oggi al voto, il centrosinistra perderebbe le elezioni. Non perché i suoi rappresentanti abbiano combinato disastri irreparabili, ma per qualcosa di più grave: l’incapacità di ascoltare la città e affrontare la realtà. Il dito è puntato sulle cose che si dicono, e non su quelle che si fanno. L’accusa è chiara: aver fatto di tutto, in questi mesi, per nascondere i problemi sotto il tappeto della percezione, quella parolina magica che il sindaco Matteo Chiantore ha utilizzato ovunque, anche l’altra sera in consiglio comunale.
Luca Spitale e Matteo Chiantore
Che di percezione non si tratti, al consigliere comunale Massimiliano De Stefano era già chiaro qualche mese fa, quando denunciò pubblicamente il degrado in cui versavano le panchine di legno nel piazzale davanti al Movicentro, sostenendo che fossero utilizzate per nascondere la droga. Era tutto vero e oggi, con l’operazione della Guardia di Finanza conclusasi con l’arresto di cinque spacciatori, si apprende di una rete di microcriminalità ben radicata, attaccata non solo alle panchine, ma anche ai servizi igienici, usati come base operativa.
Il Movicentro, però, non è che la punta dell’iceberg. Negli ultimi mesi, Ivrea è stata teatro di episodi che disegnano un quadro desolante, con accoltellamenti, risse, furti e rapine sotto gli occhi di un’Amministrazione che sembra non aver compreso una verità elementare: non si governa una città ignorando i problemi di chi la vive.
Questo schema, ripetuto fino alla nausea, ha un unico effetto: aumentare la distanza tra chi governa e chi subisce le conseguenze delle politiche inesistenti.
Ivrea non ha bisogno di una politica che derubrica il degrado a sensazione, ma di amministratori che comprendano l’urgenza dei problemi e agiscano con responsabilità. Continuare a ignorare la realtà significa legittimare il disinteresse, rendere normale ciò che normale non è: vedere i giovani cadere nel vortice dello spaccio, subire l’insicurezza negli spazi pubblici, accettare come inevitabile che pezzi di città diventino terra di nessuno.
Ecco perché, se oggi si votasse, i cittadini potrebbero scegliere di voltare pagina. Non perché la destra abbia soluzioni migliori o perché l’opposizione brilli per iniziative, ma perché, a un certo punto, la pazienza finisce.
Ivrea non può permettersi di essere gestita come un esperimento sociologico, dove l’insicurezza è solo un tema comunicativo e i problemi si risolvono negandoli.
Il degrado non è una percezione. Lo spaccio non è una narrazione politica. La sicurezza non è una promessa da campagna elettorale. Se Ivrea vuole tornare a essere una città vivibile, il primo passo è un’ammissione di colpa da parte di chi (il sindaco) fino a oggi ha negato tutto.
Ed è proprio intorno a questa nuova verità che la richiesta di un presidio della Polfer in uno dei locali che si vogliono assegnare in comodato d’uso allo Zac! o a chi verrà al posto dello Zac! oggi diventa una necessità.
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