L’obiettivo era uccidere carabinieri e poliziotti. Ma se moriva anche un passante, un vigile del fuoco o un soccorritore del 118, pazienza: erano semplici vittime collaterali della guerra “contro lo Stato e il capitale”. Ragionavano così, secondo gli inquirenti, gli anarchici della ‘Fai’ quando seminavano le bombe facendo in modo che esplodessero a pochi minuti l’una dall’altra: il primo scoppio serviva ad attirare le forze dell’ordine, il secondo a spargere terrore e sangue. Furono due gli attentati costruiti in questo modo: nel 2006 vicino alla Scuola Allievi Carabinieri a Fossano (Cuneo), nel 2007 in un’isola pedonale nel più elegante quartiere di Torino, la Crocetta. La scorsa settimana, dopo quasi quindici anni di attività, i gruppuscoli della Fai-Federazione anarchica informale sono stati smantellati dalla Digos di Torino: sette arresti, otto indagati a piede libero e trenta perquisizioni in tutta Italia sono il bilancio dell’operazione ‘Scripta Manent’, che chiude un’inchiesta coordinata dal pm Roberto Sparagna. A partire dal 2003 la ‘Fai’ ha rivendicato una cinquantina di azioni. Ci sono stati i pacchi-bomba ai politici (Romano Prodi, Sergio Chiamparino, Sergio Cofferati), alle forze dell’ordine (la questura di Lecce, la sede dei carabinieri del Ris a Parma, la polizia municipale a Torino), ai giornalisti, a Equitalia, ad alcune aziende private. E c’è stato l’attentato a Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo, ferito a Genova nel 2012. Campagne contro “le strutture del potere”, i Cie, le nuove tecnologie, la ricerca sul nucleare. Rivendicate talvolta da sigle irriverenti: Comitato Pirotecnico, Rivolta anonima e tremenda, Cooperativa artigiana fuoco e affini. In due erano già caduti nella rete degli inquirenti: i torinesi Nicola Gai, 39 anni, e Alfredo Cospito, 49 anni, arrestati (e condannati) per il caso Adinolfi e raggiunti in carcere dalla nuova misura cautelare. La scorsa settimana è toccato ad Anna Beniamino, 46 anni, di Torino, dove ha un negozio di tatuaggi; Marco Bisesti e Alessandro Mercogliano, 33 e 43 anni, arrestati a Roma; Danilo Emiliano Cremonese e Valentina Speziale, 40 e 39 anni, presi a Pescara. Per ultimo, Daniele Cortelli di Roma. Raccogliere elementi per inchiodarli è stato laborioso. “Questi erano più prudenti degli ‘ndranghetisti”, si sfoga un investigatore. Non parlavano al telefono, non si scambiavano email, lasciavano il cellulare a casa, si incontravano solo in spazi aperti e talvolta uno di loro, durante le conversazioni, si metteva a camminare all’indietro per sorprendere eventuali pedinatori. Gai, Cospito e Beniamino sarebbero i promotori del progetto ‘Fai’, ricalcato sulle idee di famosi ideologi dell’anarcoinsurrezionalismo: piccoli gruppi informali che alternavano iniziative eclatanti a lunghi periodi di silenzio. Il resto della variegata galassia anarchica aveva preso le distanze. Le ‘Fai’ rispondevano con documenti polemici: “Non dite che siamo pochi”. Nel 2011 è arrivata la svolta cosmopolita: le ‘Fai’, insieme ai greci della ‘Cospirazione cellule di fuoco’, hanno dato vita al Fai/Fronte rivoluzionario internazionale, che ha propaggini in Russia, Messico, Indonesia. Il 30 agosto, Cospito ha vandalizzato la sala colloqui del carcere di Ferrara, dove è rinchiuso: in un messaggio sul web ha detto che è stato un gesto di solidarietà verso i compagni greci condannati.
Terrorisimo o lotta armata? Che cosa è la Fai?
Per gli esperti dell’antiterrorismo è la frangia della galassia anarchica che ha scelto la lotta armata. Un gruppo piccolo, incapace di legare con il resto del movimento ma capace di rendersi drammaticamente pericoloso. La storia della Fai-Federazione anarchica informale è un rosario di bombe e di sangue. Una cinquantina di azioni in tutta Italia. Una scia che parte nel 2003, con il pacco bomba recapitato nella casa di Romano Prodi a Bologna, e che termina nel gennaio 2016 con l’attentato al tribunale di Civitavecchia. Il sangue è quello di Roberto Adinolfi, l’amministratore delegato di Ansaldo ferito a Genova nel 2012. La “Federazione” nasce a Torino (e non è un caso, visto che la città piemontese è la capitale dell’anarchismo italiano) dopo una lunga gestazione teorica iniziata negli anni Novanta. Ad ispirarla sono gli scritti degli ideologi Alfredo Maria Bonanno (che oggi è un signore di 79 anni accasato nel Nord-est) e Wolfi Landstreicher, americano, estranei all’indagine che oggi ha portato a sette arresti. E’ composta da quelli che in gergo si chiamano “gruppi di affinità”, con l’organizzazione ridotta al minimo indispensabile. Non appena si presentano al mondo la Federazione anarchica italiana prende le distanze con un comunicato. Divisioni e contrasti sono continui. Ma nonostante questo gli “Informali”, ormai indipendenti, riescono a creare, nel 2011, un network del terrore: il Fai/Fri (Fronte rivoluzionario internazionale), una rete di cellule attive in ogni parte del globo, dalla Grecia al Messico e persino in Indonesia.
Dalla morte di Sole e Baleno alla nascita del Fai
Ha radici lontane nel tempo ed è legata anche al suicidio di Maria Soledad Rosas (“Sole”) e di Edoardo Massari (“Baleno”) nel 1998 la “rabbia” che, all’interno del movimento anarchico, sarebbe poi sfociata nella formazione della ‘Fai’, l’organizzazione informale smantellata la scorsa settimana con otto arresti dalla polizia a Torino. E’ quanto si ricava dalla lettura dell’ordinanza del gip Anna Ricci. Il giudice osserva che la morte di ‘Sole’ e ‘Baleno’, che erano stati arrestati in un’inchiesta su misteriosi attentati contro il progetto del Tav in Valle di Susa, “destò enorme impressione nell’intero movimento”. La rivista di area ‘Pagine in Rivolta’, ora chiusa, scrisse che “solamente l’azione diretta avrebbe potuto parlare”. Nei mesi successivi vennero recapitati pacchi bomba a magistrati e giornalisti. Nell’ordinanza si citano articoli firmati da due degli arrestati, Alfredo Cospito e Nicola Gai (con gli pseudonimi ‘Nick e Bart’) in cui “si esaltava l’impiego della forza a fini rivoluzionari”, e altri scritti, a volte anonimi, da cui sembra trasparire “il progressivo sbilanciamento dell’ambiente redazionale verso posizioni di tipo lottarmatista”.
Edoardo Massari
Edoardo Massari (detto Baleno) nasce il 4 aprile 1963 in una famiglia operaia originaria di Brosso (Valchiusella), sin da adolescente frequenta i centri sociali anarchici, cominciando con El Paso, dove sarà coniato il suo soprannome: Baleno. Particolarmente attivo, partecipa a diverse iniziative degli squatters, anche fuori Piemonte: ad Aosta con il collettivo Piloto Io, a Roma con gli occupanti in Piazza dei Siculi, ad Alessandria al Forte Guercio, a Cuneo al Kerosene Occupato e alla Scintilla di Modena.
Nel 1991 l’occupazione della piscina di Arè
E’ l’inverno del 1991. Edoardo è lì tra gli occupanti della piscina di Arè di Caluso. La gente li descrive come drogati rumorosi e i giornali si schierano contro. Nel gennaio del 1992 i carabinieri procedono con forza allo sgombro e qualche giorno dopo, in segno di protesta, Baleno si incatenerà nella piazza centrale di Caluso e defecherà pubblicamente sulla bandiera italiana. Il processo per Baleno si concluderà con una condanna a 7 mesi e 15 giorni per «interruzione di pubblico servizio e oltraggio a pubblico ufficiale». Torna protagonista delle cronache nel giugno del 1993. Si reca in ospedale per farsi medicare una lieve ferita. Dice ai medici che gli è esplosa in mano una bomboletta di gas che gli serviva per gonfiare le ruote delle biciclette. I Carabinieri non gli credono e mentre lui è ancora in ospedale, si recano nella sua officina e trovano 40 grammi di polvere da sparo. Baleno viene arrestato. Per i giornali è un pericoloso "terrorista", che non lavora, che non si sa bene che cosa faccia e che stava per compiere degli attentati. Dopo 6 mesi di detenzione preventiva, scioperi della fame e manifestazioni varie, Edoardo Massari viene condannato a 2 anni e 8 mesi, a cui si aggiungeranno altri 4 mesi per oltraggio nei confronti di una guardia carceraria durante la detenzione preventiva.

Nel dicembre 1993 si tiene una manifestazione in sua solidarietà a Ivrea. Il corteo parte senza incidenti, ma a metà percorso il questore intima ai manifestanti di posare le bandiere e di non lanciare più petardi. I manifestanti lo irridono e non obbediscono, parte la carica e per una volta sono le forze dell’ordine ad avere la peggio. Il corteo terminerà senza altri incidenti ma il processo per questi scontri si concluderà il 21 aprile 1998, con la condanna di tutti gli imputati. Uscito dal carcere nel dicembre 1996, Baleno va ad abitare all'Asilo Occupato di via Alessandria, a Torino. Ai primi di settembre del 1997, insieme, tra gli altri, ai compagni ed amici Silvano Pelissero e l’argentina Maria Soledad Rosas (Sole), si trasferisce alla Casa di Collegno, che si trova all'interno del parco del manicomio di Collegno (occupato dal 1996). Ma è durante una vacanza alle Isole Canarie, che tra Sole e Baleno nasce l’amore. La felicità dura poco: il 5 marzo del 1998 Silvano Pelissero, Edoardo Massari e Maria Soledad Rosas, vengono arrestati. L'accusa è di appartenere all’organizzazione eco-terrorista, i "Lupi Grigi", responsabile di una serie di attentati in Val Susa contro la linea ad alta velocità Torino-Lione. All'alba di sabato 28 marzo, secondo la versione ufficiale, Edoardo Massari viene trovato agonizzante, impiccato con le lenzuola alla sua branda del carcere delle Vallette. L’11 luglio si suiciderà anche la sua amata Maria Soledad Rosas. Nel 2002 la Corte di Cassazione di Roma, in seguito al ricorso presentato da Silvano Pellissero smonterà le tesi dei pm torinesi Maurizio Laudi e Marcello Tatangelo. Non si trattava di un’associazione terroristica, ma di tre persone che al massimo si erano macchiate di reati comuni. Venendo a cadere l’accusa più grave (le finalità eversive e terroristiche dei reati contestati) la Corte d’Appello di Torino ridurrà la pena per Silvano a 3 anni e 10 mesi. 1963 nasce a Brosso 1991 occupa la piscina di Arè 1993 scontri a Ivrea